Piantedosi getta la maschera: “Italia non ferma le ONG”

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Piantedosi è complice delle ong. Oltre che dal suo demenziale decreto, lo si evince chiaramente dalla risposta del Viminale al famigerato Consiglio d’Europa, che è una istituzione criminale, sovranazionale, che nulla ha a che vedere con la Ue, e che sovrintende il famigerato tribunale sovranazionale CEDU.

Questa entità, puramente volontaria, da cui l’Italia dovrebbe uscire come ha fatto la Russia, ha accusato l’Italia per l’approvazione del decreto. La risposta del Viminale è vergognosa, demenziale e dimostra che questo governo di scellerati ha alcuna intenzione di cacciare le ong dal Mare Nostrum.

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Il decreto legge 1/2023 sui salvataggi in mare ha l’obiettivo di “prevenire possibili abusi della normativa di settore, riferita a salvataggi operati occasionalmente e non, invece, ad attività di intercetto e recupero sistematico e non occasionale di migranti in partenza dalle coste africane”. Lo scrive il ministero dell’Interno, in una lettera di risposta al commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa che ha invitato il governo a prendere in considerazione il ritiro o la revisione del decreto legge 1/2023.

Per il Viminale, “le nuove disposizioni non impediscono alle Ong di effettuare interventi multipli in mare, né, meno che mai, le obbligano a ignorare eventuali ulteriori richieste di soccorso nell’area, qualora già abbiano preso a bordo delle persone. Tali interventi sono, infatti, legittimi se effettuati in conformità alle regole di condotta enucleate dal legislatore e alle indicazioni del competente centro di coordinamento del soccorso marittimo. Ciò che la nuova norma intende evitare è, piuttosto, la sistematica attività di recupero dei migranti nelle acque antistanti le coste libiche o tunisine, al fine di condurli esclusivamente in Italia, senza alcuna forma di coordinamento”.

“Tale modus operandi, diffuso tra le Ong – continua il ministero – si pone al di fuori delle fattispecie previste dalle Convenzioni internazionali in materia di soccorso in mare; inoltre, ingenerando nei trafficanti di esseri umani l’aspettativa di un sicuro e immediato intervento appena al largo delle aree di partenza, ha finito con il determinare, a prescindere dalle intenzioni delle Ong, una modulazione del modello criminale che precede l’impiego di imbarcazioni inadeguate alla navigazione in alto mare che, se per un verso garantiscono maggiori guadagni alle organizzazioni criminali, per altro verso, innalzano sensibilmente l’esposizione a rischio dei migranti”.

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“La tutela della vita e della dignità umana e la salvaguardia dei diritti fondamentali dei rifugiati e dei richiedenti la protezione internazionale sono per il nostro Paese una priorità assoluta” è scritto nella lettera inviata dal rappresentante permanente d’Italia presso il Consiglio d’Europa, Michele Giacomelli, a nome del Viminale.

“Tuttavia, non può essere elusa la potestà delle autorità governative competenti in materia di ricerca e soccorso in mare, né possono eludersi le norme in tema di controllo delle frontiere e di immigrazione – prosegue il Viminale nella missiva inviata ieri – Al contemperamento di tali esigenze risponde il decreto legge 1/2023, in corso di conversione in questi giorni”.

L’assegnazione alle navi delle ong di porti sicuri di sbarco nell’Italia centrale e settentrionale trova “fondamento nell’imprescindibile necessità di operare una più equa redistribuzione tra le regioni, non tanto dei migranti, abitualmente trasferiti presso strutture di accoglienza dislocate sull’intero territorio nazionale, quanto degli oneri organizzativi e logistici correlati alla gestione degli sbarchi” precisa il Viminale.

“L’obiettivo perseguito – prosegue la lettera – è, in altri termini, quello di alleggerire le strutture di primissima accoglienza, prima tra tutte l’hotspot di Lampedusa, e gli incombenti che gravano sugli organismi e corpi preposti alla gestione degli arrivi di migranti nelle regioni del sud Italia e, in particolare, in Sicilia e Calabria, sottoposte da mesi alla crescente pressione dei cosiddetti ‘sbarchi autonomi'”. Giacomelli sottolinea poi come “le navi cui è stato assegnato un Pos in località più lontane sono assetti di grandi dimensioni, come tali idonei ad affrontare in sicurezza lunghe traversate, e che l’assegnazione del Pos presuppone sempre un preliminare confronto con organi tecnici al fine di verificare l’assenza di possibili situazioni di rischio per l’incolumità delle persone a bordo”.

E “privo di fondamento” è “il timore che il richiamo contenuto nella nuova norma alla necessità che le navi private che effettuano attività di recupero di persone in mare siano ‘in possesso dei requisiti di idoneità tecnico-nautica’, possa determinare, per la sua genericità, la sottoposizione delle stesse navi a lunghi e ripetuti controlli, tali da allontanarle per significativi periodi dall’attività di ricerca e soccorso” si legge in un passaggio della lettera.

A testimonianza dell’infondatezza delle preoccupazioni c’è il fatto che “i recenti controlli svolti dalle competenti autorità, in conformità alle nuove disposizioni – spiega Giacomelli – non hanno comportato alcuna lungaggine o ritardo, consentendo ai natanti la pronta ripresa della navigazione”.




4 pensieri su “Piantedosi getta la maschera: “Italia non ferma le ONG””

  1. Redazione, dovreste scrivere chiaro e tondo che noi Italiani dobbiamo recuperare la capacità di autogovernarci e di autodifenderci.
    Alla demenziale accusa secondo cui il blocco navale sarebbe un atto di guerra, Giorgia Meloni dovrebbe rispondere
    che il blocco navale è la sacrosanta autodifesa della Madrepatria
    – che chi dà interpretazioni violente alla sacrosanta autodifesa della Madrepatria è un soggetto d’indole violenta

    – che chi dà interpretazioni violente alla sacrosanta difesa della Madrepatria vuole sfogare gl’impulsi omicidi, gl’istinti brutali uccidendo l’Italia, è un italicida
    – che l’Italia deve agire unilateralmente per recuperare la capacità di autodifendersi
    – che se l’Italia non si autodifenderà, verrà annientata dalla demografia afroasiatica
    – che non difendersi autonomamente equivale a putrefarsi in un’atrocissima infantilità
    – che ciò che resta della frammentatissima Libia non ha forze armate
    – che non le interessa neanche minimamente quello che pensano i magrebini
    – che la nostra Marina Militare ha i mezzi per difendere la Nazione
    – che è infantile e demenziale aspettare che i nostri terrificanti problemi siano risolti dagli stranieri
    – che nel 1997 il governo Prodi lo ha fatto nel canale d’Otranto

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