Il migrante sieropositivo che ha infettato 300 attiviste antirazziste: “Le mie cavie bianche”

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A proposito di integrazione. Vi raccontiamo la storia di un richiedente asilo che si divertiva ad infettare le sue “cavie bianche”.

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Simon Moleke Njie, detto Mol, nacque a Buéa, in Camerun, nel 1973. Nel 1999, affermando di essere vittima di persecuzioni per la sua militanza politica e l’attivismo giornalistico a sostegno dei diritti umani, chiese asilo politico alla Polonia, che glielo concesse l’anno successivo. Mol si trasferì dunque a Varsavia, dove da subito divenne un astro nascente, riconosciuto e benvoluto, nei circoli della sinistra polacca. Assunto come giornalista per il periodico anglofono The Warsaw Voice, Mol si dedicò con particolare passione allo scottante tema del razzismo, nel suo nuovo Paese, guadagnandosi la stima di Amnesty International e venendo perfino insignito, nel 2003, del prestigioso premio come “anti-fascista dell’anno”. Nel 2005 organizzò una conferenza di protesta contro un articolo apparso in un giornale polacco che attribuiva una parziale responsabilità nel diffondersi dell’Aids in Africa al mancato utilizzo del preservativo da parte degli uomini africani, che in questa maniera contagiavano anche le proprie mogli: Adam Lesvczynski, autore del pezzo sotto accusa, venne criticato da Mol, che lo definì razzista e discriminatore.

Solo un anno dopo, nel 2006, cominciarono i pettegolezzi, e infine le conferme certe, di donne più o meno conosciute sulla scena progressista polacca che sostenevano di aver contratto il virus dell’Hiv dopo aver fatto sesso non protetto proprio con Simon Mol. Il giornalista rispose denunciando una macchinazione contro di lui, intrisa di pregiudizio nei confronti dei neri: “Tacciarti di essere sieropositivo è l’ultima arma che il tuo nemico può usare contro di te, se sei africano”. La polizia polacca rifiutò a lungo di indagare in merito, per timore delle ripercussioni dovute alle connessioni politiche di Mol, ma il numero delle denunce contro il giornalista camerunense continuò ad aumentare, e le testimonianze si fecero più scabrose: a una ragazza che gli aveva chiesto di indossare il profilattico prima di un rapporto sessuale aveva risposto che si trattava di una richiesta razzista, che implicava che tutti i neri fossero automaticamente portatori di Hiv. Ad altre aveva raccontato che il suo sperma aveva poteri magici e non poteva essere sprecato.

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Nel 2007 venne finalmente arrestato con l’accusa di aver deliberatamente infettato con l’Hiv, che gli era stato diagnosticato ben otto anni prima, le proprie partner sessuali. A conti fatti, Simon Mol fece sesso non protetto con oltre 300 polacche, infettandone più di 40 con la sindrome dell’immunodeficienza acquisita. Molte tra queste erano attiviste antifasciste e antirazziste, alcune contrassero il virus da Simon durante la sua visita a Gdansk nel 2006, dove organizzava il festival antirazzista “Musica contro l’intolleranza e la violenza”. Parecchie vittime di Mol erano assidue frequentatrici del “Salone di Varsavia”, un circolo artistico e liberale molto conosciuto. Nei suoi scritti, per i quali venne anche premiato, Mol descrisse queste donne come “topi bianchi”, come cavie: “Donne sensibili e adoranti che credevano di fare il proprio giusto dovere attraverso il politicamente corretto e cioè soprattutto aiutando i poveri rifugiati”. Simon Mol morì in conseguenza della malattia, il 10 ottobre 2008.

Il migrante è, per una minoranza fanatica, il nuovo idolo da adorare e, al tempo stesso, l’altare su cui espiare le proprie colpe offrendosi in sacrificio. Per questo l’accoglienza è, prima di tutto, una patologia mentale.

Oggi le troverete a fare le volontarie sulle navi delle ong.




4 pensieri su “Il migrante sieropositivo che ha infettato 300 attiviste antirazziste: “Le mie cavie bianche””

  1. Sì storia nota, ma bene ripeterlo per i giovani. Tra l’altro, vorrei sottolineare, che poi gli sciagurati, maschi e femmine, che si accoppiano con questi soggetti, e rimangono malati, poi pretendono di essere curati a spese della collettività.
    Basti vedere il casino che hanno fatto per trovare una cura ad una malattia come l’hiv che certo non aveva le caratteristiche di una pandemia, colpendo poche persone, a parte qualche caso sfigato, che non volevano stare attenti nella ‘condivisione’ di fluidi organici. E dopo solo 3 decenni e centinaia di miliardi di dollari spesi, e sottratti alla ricerca per malattie più comuni e incurabili, ora stanno relativamente tranquilli, sebbene una cura definitiva non ci sia.
    Comunque:
    ://www.milanotoday.it/cronaca/incidente-stradale/scappano-tornano-picchiano.html

    Notizia singolare, un tunisino ed un marocchino tamponano e picchiano un egiziano, e poi un derubano un moldavo.
    Tutto questo a Milano. Sembra quasi una barzelletta.

  2. Meglio così.300 troie bianche che si accoppiano con un lurido negro.Speriamo siano morte tutte e che soprattutto non abbiano infettato nessun altro bravo ragazzo.Naturalmente bianco.

I commenti sono chiusi.