Migranti regolari mantenuti da italiani, vivono di sussidi: Meloni ne fa entrare altri centomila

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Ancora numeri che smentiscono la propaganda. Nonostante a noi raccontino che “ne abbiamo bisogno”:

Meloni firma decreto per ingresso altri centomila immigrati

I lavoratori stranieri in Italia producono una ricchezza dal valore di 139 miliardi di euro, cioè il 9% del pil. Il problema è che dichiarano al fisco un quinto del fatturato prodotto, 27,4 miliardi, e portano in dote appena 3,5 miliardi di gettito Irpef, considerando che quest’ultimo valore ammonta per il nostro Paese a 187 miliardi. Calcolatrice alla mano, gli stranieri garantiscono l’1,87% delle entrate a fronte di una spesa pubblica del 3%.

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È poi interessante fare un giro sul sito del ministero dell’Economia e dare uno sguardo al rapporto “Stranieri nel mercato del lavoro”. Si legge che nel 2018 la popolazione straniera in età da lavoro (15-64 anni) era pari a più di 3,95 milioni di individui: 2,4 milioni “occupati”, 399 mila “in cerca di lavoro” e 1,13 milioni “inattivi”. Questi sono dati generali, perché ogni comunità fa storia a sé: ad esempio, gli elevati tassi di occupazione di filippini e cinesi – rispettivamente l’82,2% e il 72,4i% – si scontrano con i molti disoccupati marocchini (22,3%) e tunisini (19,9%).

Altri dati: gli immigrati presenti in Italia hanno mediamente un basso livello di istruzione, visto che il 49,4% di loro non ha finito la scuola secondaria inferiore. Oltre alla qualità del lavoro che gli stranieri possono offrire, c’è poi da considerare che appena l’8,1% di loro ha un contratto a tempo indeterminato.

Anche quando lavorano, la loro produzione di ricchezza è inferiore al costo che hanno per la società. In parole semplici: ci impoveriscono! Quindi importarne altri per ‘lavoro’ non fa che impoverire l’Italia ma, ovviamente, arricchire quelli che li assumono e che, altrimenti, dovrebbero pagare di più gli italiani disoccupati. Questo farebbe crescere la classe media e farebbe uscire molti italiani dalla povertà.

Possiamo sintetizzare: la metà degli immigrati in Italia non lavora, e uno su quattro viene mantenuto con sussidi pubblici. Parliamo di quasi 1,5 milioni di individui. Sono risorse? Per la Caritas.

I cittadini stranieri sono più esposti alla povertà. Se negli anni pre-pandemia la povertà assoluta nelle famiglie di soli stranieri si attestava al 24,4% (quasi un nucleo su quattro, secondo i parametri Istat, non arrivava a un livello di vita dignitoso), con il Covid-19 la situazione è peggiorata: oggi risulta povera in termini assoluti più di una famiglia su quattro (il 26,7%), a fronte di un’incidenza del 6% registrata tra le famiglie di italiani.

In un anno, l’incidenza è salita del +2,3%, portando il numero di famiglie straniere povere a 568mila. E’ quanto emerge dal Rapporto Immigrazione 2021 di Caritas e Migrantes.

Il Covid ha causato anche la perdita di molti posti di lavoro per la popolazione straniera.

“Gli extracomunitari contribuiscono per 10,8 miliardi di contributi su un monte complessivo di 160 miliardi. A fronte di ciò, gli extracomunitari fruiscono di prestazioni pensionistiche per appena 1,2 miliardi su circa 100 miliardi erogati dall’Istituto”. Diceva Pasquale Tridico, presidente grillino Inps, intervenendo al convegno ‘Italia, pensioni e mobilità: storie di partenze e di ritorni’.

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Peccato che le pensioni siano solo una parte della spesa. E se questi versano 10 miliardi in contributi pensionistici e poi prendono 12 miliardi in sussidi, anche un grillino può fare il conto e capire che sono un costo. Un drammatico costo.

Di più: lo saranno anche per le pensioni, perché un giorno le riscuoteranno, e visti i bassi contributi a pagarle sarete voi. O penserete che chi raccatta pomodori paghi i contributi sufficienti a pagarsi una pensione futura?

Il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, attingendo a dati Istat e del Ministero dell’Interno, ha analizzato i costi e benefici della presenza della popolazione straniera in Italia. E ha scoperto che i costi superano i benefici. E che i figli degli immigrati, oltre ad essere un enorme costo sociale, sono anche un grosso peso economico per un Paese già in difficoltà.

Secondo i dati Istat, gli stranieri residenti in Italia dal 2011 sono aumentati di circa 2,2 milioni di persone, tra nuovi ingressi e persone che hanno ottenuto la cittadinanza italiana. Un’invasione, a dimostrazione che sono i famigerati ricongiungimenti a devastare la nostra società, non i barconi. A questo vanno aggiunti i matrimoni e le nascite, che dal 2011 al 2016 hanno incrementato del 40% i rapporti di lavoro con gli immigrati.

La popolazione straniera è cresciuta in maniera sproporzionata rispetto alla richiesta di lavoro, pertanto nel corso degli anni il tasso di disoccupazione di migranti residenti è arrivato al 25% circa attuale. Proprio a causa dei ricongiungimenti familiari che non legano l’ingresso degli immigrati ad un reale bisogno di manodopera: in pratica il 25% dei migranti in Italia non solo, non lavora, quindi è inutile, ma parassita anche lo stato sociale.

Altrettanto interessanti i dati riguardanti l’andamento della disoccupazione: tra il 2010 e il 2016, a fronte di un crollo del tasso di occupazione degli immigrati dal 67% al 58% (56% per i soli extracomunitari), in relazione a una crescita della popolazione in età di lavoro superiore a quella dell’occupazione, il tasso di disoccupazione specifico è salito fino al 17,9% nel 2013, per attestarsi oggi intorno al 15%, pari a circa 420mila persone in cerca di lavoro. Al 2017, gli immigrati rappresentano nel Centro-Nord, che pur è l’area del Paese che più li vede partecipi al mercato del lavoro italiano, il 25% del totale delle persone in cerca di impiego. Come ben sottolinea l’approfondimento, gli immigrati hanno certamente rivelato una maggiore reattività agli effetti della crisi, ma ciò è spesso avvenuto al prezzo di una penalizzazione dei salari lordi con un incremento del differenziale dal 30% al 40% rispetto a quelli percepiti degli italiani. E uno dei risultati è che la povertà assoluta e relativa di questi nuclei familiari è aumentata con un’incidenza fino a 8 volte superiore a quella delle famiglie italiane della stessa zona.

Non solo, lo studio evidenzia inoltre come l’uscita dalla crisi abbia cambiato volto al mercato del lavoro italiano delineando un quadro, all’interno del quale, riaprire le quote di ingresso per motivi di lavoro produrrebbe effetti drammatici sia per i lavoratori immigrati già presenti sul territorio sia, in generale, per i lavoratori scarsamente qualificati. Sul “banco degli imputati”, anche l’incapacità italiana di investire sulle competenze acquisite nei Paesi d’origine: se è vero che gli immigrati che vengono in Italia sono in gran parte di bassa istruzione e bassa qualificazione professionale, lo è altrettanto che sono comunque spesso occupati come manovalanza a basso prezzo, quando non addirittura in nero, con l’effetto ancor più negativo di abbassare gli standard retributivi e lavorativi per tutti i lavoratori.

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UN ESERCITO DI POVERI CHE VIVE SULLE SPALLE DEGLI ITALIANI
– La povertà delle famiglie di immigrati nella zona del centro nord Italia è cresciuta di otto volte rispetto a quella delle famiglie italiane e, a questo proposito.

È stato calcolato che la sola spesa sanitaria per ogni immigrato nel 2016 è stata di 1.870 euro e dunque, per i circa 6 milioni di presenze (clandestini compresi), il totale è stimato in circa 11 miliardi di euro. A questo vanno aggiunti altri 7.400 euro pro capite per le spese scolastiche che, sommati a quelle di accoglienza, fanno raggiungere la ragguardevole somma di 23 miliardi di euro.

La cifra non tiene in considerazione eventuali spese a carico dello Stato, come l’assistenza sociale e gli sconti per strutture e mezzi pubblici dovuti ai poveri.

Secondo lo studio, nei primi 15 anni le spese supereranno sempre le entrate. Poi ‘diventeranno italiani’, e allora le spese saranno per ‘italiani’.

Bisognerebbe calibrare gli ingressi in considerazione delle reali esigenze dell’Italia. Abrogare i ricongiungimenti familiari: i loro figli ci costano miliardi di euro. Che ce ne facciamo? A cosa ci servono? Urge un’immigrazione di ‘guest worker’, non di ripopolamento: la prima è una risorsa, se limitata a poche migliaia di individui, la seconda un costo.

Serve un blocco dell’immigrazione regolare ed è fondamentale legare l’ingresso e la presenza degli immigrati al lavoro. Ma solo quando non esisteranno più disoccupati italiani e immigrati col reddito di cittadinanza. Solo allora. Non certo nel 2023.




Un pensiero su “Migranti regolari mantenuti da italiani, vivono di sussidi: Meloni ne fa entrare altri centomila”

  1. Vox, scusate se anche qui parlo d’altro ma e’ venuto a mancare Sua Santita’ Benedetto XVI, nostro Papa.La Chiesa ha perso la sua guida, tutti noi siamo in lutto!Dio voglia arrivi un suo degno successore che scacci il male dal Vaticano.
    Preghiamo tutti x l’anima del nostro amato Papa, piangiamo la scomparsa del nostro Pastore.
    Quest’anno funesto si porta via anche lui, Sommo Pontefice esiliato da satana ma sempre saldo alla guida dei nostri cuori.
    E’ un giorno tristissimo x tutti noi ma non dimentichiamo i Suoi insegnamenti.
    W il Papa.

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