Un altro italiano ammazzato dal branco: morto dopo 90 giorni d’agonia

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Ci sono tre indagati in procura a Torino per il caso di Pasquale di Francesco, il tassista aggredito lo scorso giugno in Piazza Bengasi, alla periferia del capoluogo piemontese, e deceduto nei giorni scorsi dopo un lungo periodo in coma. Sono una ragazza di 26 anni e due uomini di 28 anni, entrambi già arrestati e detenuti in carcere e ai domiciliari per altri reati. La vittima avrebbe litigato con la donna, che conosceva in quanto cliente abituale, a giugno, il giorno prima di essere picchiato. Il procedimento per ora è aperto per rapina e ‘morte in conseguenza di altro reato’. Domani verrà ordinata l’autopsia.

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Per settimane non si è indagato su quel pestaggio. In ogni caso, anche se lo si è fatto, non si è approdato a nulla, fino a oggi.

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Pasquale Di Francesco, detto Lino, tassista di 63 anni residente a Moncalieri, è deceduto dopo tre mesi di agonia. Novanta giorni trascorsi in un mondo parallelo, senza coscienza della realtà, senza la possibilità di muoversi e comunicare. Dopo le botte, era stato preso a calci e pugni, Lino è finito in una sorta di limbo dal quale non è più uscito, nonostante le cure somministrate in una clinica specializzata di Santena. I funerali del conducente di taxi si sarebbero dovuti celebrare oggi nella chiesa di Sant’Antonio Abate in piazza Stampalia (dove vive il figlio della vittima), ma la procura ha bloccato le esequie e disposto l’autopsia, ipotizzando l’omicidio come «conseguenza di altro reato». Gli esami autoptici saranno eseguiti tra oggi e domani dal medico legale Roberto Testi. «Siamo stati noi a chiedere un approfondimento – ha spiegato l’avvocato Davide Neboli, legale dei familiari della vittima -. Fino all’autopsia, tuttavia, è impossibile dimostrare il nesso tra i fatti accaduti a giugno e il decesso». Fatti sui quali la procura ancora non ha deciso chi dovrà svolgere le indagini, mentre per le lesioni riportate nel mese di giugno, se ne era occupata la polizia. La vicenda, ricostruita dai colleghi di Pasquale Di Francesco e confermati dai primi accertamenti degli investigatori, riferiscono di un pestaggio avvenuto al termine del turno di notte nei pressi del parcheggio dei taxi in piazza Bengasi. Poco prima Lino aveva accompagnato una ragazza che poi non lo aveva pagato. Via radio aveva riferito che benché il suo turno stesse per finire, sarebbe tornato al parcheggio per prendere un’altra corsa e rifarsi del mancato guadagno. C’è anche, però, chi riferisce che la ragazza avrebbe detto al conducente di tornare in piazza Bengasi, perché un suo amico gli avrebbe pagato la corsa. Fin qui le testimonianze. Poi più nulla, se non il ritrovamento del corpo dell’uomo, incosciente, accanto al suo taxi in piazza Bengasi (verosimilmente pestato da due persone). L’allarme era scattato rapidamente. L’ambulanza e la polizia erano stati chiamati sia da un collega della vittima, sia da alcuni netturbini. L’uomo era stato ricoverato i gravissime condizioni. I video registrati dalle telecamere di sorveglianza della zona, sembra non abbiano fornito alcuna indicazione utile alle indagini. «Certo che lo conoscevo – spiega Osvaldo -, lui faceva il turno di notte dove si rischia sempre molto di più. Poi piazza Bengasi, da quando c’è la metropolitana, è diventata un luogo davvero difficile. Di notte qui è pieno di spacciatori e lavorare diventa sempre più complicato». Anche Antonio, un altro tassista, condivide i timore del collega: «Il nostro è diventato un lavoro molto rischioso, ne è la prova la fine che ha fatto il povero Lino. Tante volte rinunciamo a farci pagare per evitare guai peggiori, non siamo assolutamente tutelati». Giovanni che è titolare da anni della licenza di taxi, aggiunge: «Ciascuno di noi tiene famiglia e cerchiamo di sbarcare il lunario facendo gli slalom non tra il traffico, ma tra i pericoli che incontriamo durante il nostro servizio: non solo mancati pagamenti, ma anche minacce, rapine e aggressioni». Un mese prima del pestaggio di Pasquale Di Francesco, in via Verolengo un altro suo collega era stato aggredito e ferito con un coccio di bottiglia. «Purtroppo riscontro una crescita di fatti di questo genere – ammette Alberto Aimone Cat, presidente della cooperativa “Taxi Torino” -. Specie nell’ultimo periodo: è peggiorato il tessuto sociale e anche noi ne paghiamo le conseguenze. Succede sempre più spesso che clienti se ne vadano senza pagare il conto e questo non è giusto. Ma ancor di più, è preoccupante il fatto che alcuni colleghi possano rischiare la loro incolumità, non solo di fronte a chi non vuole pagare la corsa, ma anche, da parte di chi ci vuole rapinare».