IL giornale controverso Repubblica definisce i libri del nuovo ministro dell’Istruzione Valditara ‘controversi’.🤡
Un volume distribuito nel 2016 per la collana “Fuori dal coro” dal titolo: “L’impero romano distrutto dagli immigrati” (sottotitolo “Così i flussi migratori hanno fatto collassare lo stato più imponente dell’antichità”).
Questo è lo scritto forse più significativo di Giuseppe Valditara, neoministro all’Istruzione e, per aggiunta del governo Meloni, al Merito.
La nomina scatena chi era abituato a dettare legge nel mondo della sottocultura, come il presunto scrittore Christian Raimo, che già il giorno della nomina ha scritto: “Ministro dell’istruzione e del merito, da ora in poi sappi che io a scuola insegno solo storia militare per formare le truppe scelte che domani vi verranno a assediare”. Ti accorgerai di non avere truppe.
Altro libro di Valditara: “Sovranismo: una speranza per la democrazia”-
Valditara, docente di diritto romano che già ad aprile 2015 aveva dato alle stampe per Rubettino editore: L’immigrazione nell’antica Roma: una questione attuale”. La tesi sul ruolo delle invasioni barbariche è nota ed era accettata globalmente fino all’emersione di una storiografia ideologica e priva di basi che parla di “barbari integrati”: questo dovrebbe farci capire cosa vedono loro come ‘integrazione’.
Tal Mila Spicola protesta: “Siamo tutti scatenati perché già conosciamo il neoministro. Valditara significa un tipo di impostazione più gentiliana se parliamo di didattica, in politica significa esponente sovranista, reazionario dichiarato. Persona colta, certo, ma quel titolo sulla caduta dell’impero romano che parla di immigrati fa un certo effetto soprattutto riferito a un ministro all’istruzione in un contesto scolastico che negli anni è diventato modello di inclusione. Come docente della scuola democratica dico che stona”.
Vai ad insegnare nelle scuole francesi, poi parlaci di ‘inclusione’. Questi sono gli stessi che volevano includere i barbari prima che l’Impero cadesse. Non permettiamo a queste teste vuote di farlo ancora.
Ottimo libro
grazie Vox
🖤🇮🇹🤚
In realtà, Valditara non ha ribadito altro che la normale storiografia almeno dal ‘600, ma io oserei dire dal Petrarca, sebbene ancora non vi fosse una storiografia compiuta, soprattutto sull’Antichità.
E’ soltanto negli ultimi decenni che ha messo radici una malapianta ideologica nella storiografia, che vede per forza il basso impero come qualcosa di ‘positivo’ e così le invasioni barbariche, derubricate non solo a ‘migrazioni’ (versione di parte della storiografia austrotedesca di quegli eventi), ma addirittura ad ‘arricchimento’.
Purtroppo la triste storia cui hanno ridotto Roma, ma anche altre civiltà, dimostra come possano, con la massima disinvoltura, negare apertamenti fatti ed eventi che contraddicano la loro narrativa. Della storia in questo caso, ma, in effetti, del mondo e dell’umanità stessa. Lo vediamo tutti i giorni, quelli che parlano di barbari migranti ‘integrati’, sono gli stessi che non vogliono accettare che se in Francia, ormai, la metà dei nuovi nati è di colore, significa che il futuro francese è nero. E quei pochi che ormai, vista l’evidenza non più negabile, ormai lo ammettono, dicono che ‘tanto’ non cambierà nulla, a parte che i francesi, e tutti gli europei, diverranno un po’ marroncini.
Come si fa a non capire che se devasti un popolo, quello che resterà dopo non potrà essere la stessa civiltà che quel popolo ha prodotto?
Sono disponibile a discutere che una civiltà segue all’altra e che il cambiamento possa essere peggiore o migliore. Ma se è migliore, devono spiegare perché una civiltà nera, o mulatta, dovrebbe essere migliore. Devono spiegare cosa, storicamente, intellettualmente, hanno prodotto i neri, e cosa si aspetta possano produrre una volta che i discendenti mulatti domineranno le nostre terre.
Per come la vedo io, anche costoro hanno ben più di una punta di razzismo, e il loro intendo non è, genericamente “migliorare la specie umana” e tutta la nostra civiltà. Ma, poiché nel profondo, sanno che alcune razze non hanno mai combinato niente di buono, e i poveri derelitti che hanno vissuto nelle civiltà prodotte da quelle razze hanno vissuto malissimo, salvo pochi privilegiati, e comunque in un contesto di instabilità e di arretratezza, essi puntano a distruggere i loro connazionali, i bianchi, che odiano.
E’ questo che desiderano. Non migliorare, sebbene in maniera perversa e pervertita, il loro intento è distruggere, autoannullarsi.
Vanno fermati.
«Nel momento in cui una comunità non sa più ragionare con il senso della storia, non sarà la storia a sparire, ma quella comunità.»
Romano Ferrari Zumbini, Il grande giudice. Il Tempo e il destino dell’Occidente, Roma, 2019, Luiss University Press, p. 319.
Lascio parlare le fonti:
”Il popolino, senz’arte né parte, passa la notte nelle bettole oppure dorme sotto quei tendoni che ricoprono gli anfiteatri, che Càtulo per primo, imitando la mollezza dei Campani, fece stendere durante la sua edilità. Oppure con accanimento giocano a dadi e provocano turpi rumori ritirando l’aria nelle strepitanti narici. Infine, e questa è l’attività prediletta, si vede questa gentaglia dalla mattina alla sera, che piova o faccia sole, estenuarsi in dibattiti sui meriti e i demeriti del tale cavallo e del talaltro cocchiere. Ed è incredibile vedere così tanti plebei, invasi da una passione divorante, aspettare solo una corsa di carri. Queste ed altre stupidaggini si fanno a Roma, e nient’altro degno di nota.”
Ammiano Marcellino, Storie, libro XIV, capitolo 6, paragrafi 25 e 26.
Assomigliamo loro molto. Ecco in quale abisso la hynris e l’ignavia li fecero precipitare:
Con queste parole, nel 396, Gerolamo si rivolgeva ad Eliodoro vescovo di Altino:
”Da vent’anni e più, tra Costantinopoli e le Alpi Giulie, ogni giorno si sparge sangue romano. […] I Goti, i Sarmati, i Quadi, gli Alani, gli Unni, i Vandali, i Marcomanni mettono a ferr’e fuoco il nostro impero. Quante matrone, quante vergini votate a Dio, quanti uomini liberi e nobili sono diventati ludibrio di queste belve! Sono stati catturati vescovi e preti e ministri d’ogni culto; sono state distrutte chiese, gli altari di Cristo sono trasformati in greppie per i cavalli. ”Ovunque è lutto, ovunque gemito, ovunque un’immagine multiforme della morte” [Vergilio, Eneide, II, 368-9].”
Epistole, 60, 16.
In un poemetto, contemporaneo agli eventi, il vescovo
Orienzio descrive l’invasione della Gallia degli anni 407-9:
”Alcuni giacquero in pasto ai cani; a molti la casa in fiamme tolse la vita e fornì il rogo.
In tutti i villaggi e le ville, in campagna e al mercato,
in tutte le regioni e le strade, nei luoghi più diversi,
c’erano Morte, Dolore, Distruzione, Fiamme e Lutti.
La Gallia intera giaceva su un unico rogo fumante.”
Commonitorium, versi 179-84 (”uno fumavit Gallia tota rogo”).
Gli storici del futuro scriveranno ”Uno fumavit Europa tota rogo”?
Gerolamo, in un’epistola scritta nel 409, racconta:
”Nazioni innumerevoli e ferocissime hanno occupato tutte le Gallie. Tutto il territorio che sta tra le Alpi e i Pirenei, che è racchiuso tra l’Oceano e il Reno, il Quado, il Vandalo, il Sarmata, gli Alani, i Gepidi, gli Eruli, i Sassoni, i Burgundi, gli Alamanni e -oh, impero su cui non resta che piangere! – i nemici pannonici lo hanno devastato. Assur è venuto con loro. Magonza, città un tempo nobile, fu presa e distrutta e nella chiesa furono trucidate molte migliaia di uomini. I Vangioni furono sterminati dopo un lungo assedio, la potente città dei Remi, gli abitanti di Ambiano, e quelli di Atrebato e i più lontani Morini, gli abitanti di Turnaco, Nemeto e Argentorato furono tradotti in Germania; le province di Aquitania e Novempopulana, la Lugdunense e la Narbonense salvo poche città, tutto fu saccheggiato.
Da fuori devasta la spada, da dentro la fame. Non posso menzionare astenendomi dalle lacrime Tolosa, quella città che finora non è crollata grazie all’opera del santo vescovo Esuperio.”
Epistola 123, 16.
Celeberrima la lettera sulla distruzione di Roma, saccheggiata dai Goti di Alarico dal 24 al 27 agosto 410:
”Dall’Occidente ci giunge la terribile notizia che Roma viene assediata, che si compra a peso d’oro l’incolumità dei cittadini, ma che dopo queste estorsioni riprende l’assedio: a quelli che sono già stati privati dei beni si vuol togliere anche la vita. Mi viene a mancare la voce, il pianto m’impedisce di dettare. La città conquistatrice del mondo è conquistata: anzi, cade per fame, prim’ancora che per l’impeto delle armi, tanto che a stento vi si trova qualcuno da prendere prigioniero. La disperata bramosia fa sì che ci si getti su cibi nefandi: gli affamati si sbranano l’uno coll’altro, perfino la madre non risparmia il figlio lattante e inghiotte nel suo ventre ciò che ha appena partorito.”
Epistole, 127, 12.
Il cronista Idazio descrive la spartizione dell’Iberia tra Vandali, Alani e Svevi, avvenuta nel 411, dopo due anni di feroce guerra:
”Dopo che le province della Spagna erano state devastate dai colpi che ho descritto, i barbari si decisero a far la pace, e divisero le province per spartirsele a sorte […] Quegl’Iberici […] sopravvissuti alle calamità si assoggettarono come schiavi ai barbari che dominavano le province.”
Cronaca, sezione 41 [49].
Intorno al 440, Salviano, un prete di Marsiglia, scrisse:
”Perché il Signore ha consentito che diventassimo la più debole e sventurata di tutte le tribù? Perché ha permesso che fossimo sconfitti dai barbari e soggiogati dai nostri nemici?”
Il governo di Dio, IV, 12, 54.
”Dov’è ora lo splendore, la dignità degli antichi Romani? Essi erano potentissimi, noi siamo senza forze. Erano temuti; ora siamo noi che temiamo. I barbari pagavano loro tributi; ora siamo noi i tributari dei barbari. I nostri nemici ci fanno pagare perfino la luce del giorno, e dobbiamo comprare il diritto alla vita. Oh, le nostre sofferenze! Come siamo caduti in basso! Dobbiamo addirittura ringraziare i barbari per il diritto di riscattarci! Cosa c’è di più miserevole e umiliante!?”
VI, 18, 98-9.
”In un tempo in cui lo Stato Romano o è morto o è ormai agli ultimi sussulti, e là dove sembra ancora in vita sta morendo strangolato dalle catene delle tasse come dalle mani di un bandito, in un periodo del genere esistono ancora tanti ricchi, le cui imposte devono essere pagate dai poveri, si trovano cioè tanti ricchi, le cui imposte uccidono i poveri.”
Il governo di Dio, IV, 30.
La prima idea che venne in mente agli abitanti di Treviri, all’indomani del saccheggio dei Franchi, fu la ripresa degli spettacoli:
”Tu, abitante di Treviri, chiedi dunque dei giochi pubblici? E dove li vuoi celebrare, di grazia? Sui roghi e sulle ceneri? Sulle ossa e sul sangue della popolazione massacrata?
[…]
Non vedi forse il sangue sparso, i corpi sul suolo, le membra strappate dei cadaveri fatti a pezzi?
Ovunque è lo spettacolo della città occupata dal nemico, ovunque l’orrore della prigionia, ovunque l’immagine della morte.
I miseri resti del popolo giacciono sulle tombe dei loro morti e tu chiedi i giochi!
La città è ancora nera d’incendio e tu pretendi di darle una parvenza di festa!”
VI, 69 e 89.
Il Cronista del 452, descriveva così la condizione della Gallia:
”Lo Stato Romano è stato ridotto in una condizione miserevole da questi disordini, giacché non c’è provincia in cui non si siano stanziati i barbari”.
Cronaca del 452, sezione 138, pagina 662.
Lo storico Gildas il Saggio racconta le stragi dei Sassoni, le calamità che nel VI secolo afflissero la Britannia:
”Tutte le principali città vennero abbattute dai ripetuti colpi degli arieti nemici; e abbattuti anche tutti gli abitanti: dignitarii della Chiesa, sacerdoti e gente del popolo senza distinzione, in messo al balenìo delle spade e al crepitare delle fiamme […] Non c’era sepoltura se non tra le rovine delle case o nel ventre delle fiere e degli uccelli.”
La rovina della Britannia, capitolo 24, paragrafi 3-4.
”un certo numero di sventurati sopravvissuti venne catturato sui monti e massacrato. Altri, estenuati dalla fame, si arresero al nemico; erano destinati alla schiavitù perpetua […] Altri fecero vela oltremare; sotto le vele rigonfie si lamentavano a gran voce, cantando un salmo […] : «Tu ci hai abbandonato come pecore al macello, e ci hai dispersi tra i pagani.»”
Capitolo 25, paragrafo1.
«Gli Unni si sono sollevati contro gli Alani, gli Alani contro i Goti, i Goti contro i Teffali e i Sarmati. Gli esiliati dei Goti hanno altresì bandito noi dal nostro paese, e cacciati nell’Illiria. E non è ancora finita.»
Ambrogio, Commento al Vangelo di Luca.
Conseguenze della hybris, lodata da Cicerone, Vergilio, Ovidio, Augusto, Claudio, Plinio il Vecchio, Orosio, Rutilio Namaziano.
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