Islamico paga 70mila euro per portare in Italia mogli e 11 figli: manteniamo poligami

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In Italia non ci sono soldi per una manovra taglia bollette perché in questi anni abbiamo speso i quasi cinquanta miliardi che servirebbero per mantenere gli scrocconi arrivati coi barconi.

Da un calcolo approssimativo – e sicuramente sottostimato – abbiamo speso, ogni anno, per questa famiglia poligamica irachena di ‘profughi’, oltre 175mila euro. Hanno investito bene i loro 72mila dollari, meno di 70mila euro.

Una famiglia poligamica di 14 iracheni, tra cui dieci minorenni (dai pochi mesi ai 17 anni), ormai tre anni fa ha scelto l’Italia, e Udine in particolare, per farsi mantenere. Lasciando la Svizzera.

Ricordiamo che tutto l’Iraq è in pace da anni e ricco di risorse petrolifere. E poi, loro erano “in fuga dalla Svizzera”.

Il capofamiglia, Dler Qadr, 43 anni, militare dell’esercito iracheno, ha portato con sè le due mogli, Shren Esmael, 35 anni, e Luma Xalil, 34, e i loro dieci figli. I più piccoli hanno 9 e 11 mesi, i più grandicelli hanno 3, 5, 9, 10, 12, 15 e 16. La figlia maggiore, 17enne, è arrivata con il compagno che a maggio compirà 21 anni. Il loro viaggio di colonizzazione è iniziato nel dicembre 2016 ed è costato qualcosa come 72 mila dollari. Un investimento, ora li dobbiamo mantenere tutti noi.

Scriveva il giornale locale:

Accompagnati dal direttore della Cri, Fabio Di Lenardo, siamo andati a trovarli nell’ex caserma Friuli, dove la Croce rossa non fa mancare loro nulla (tanto paghiamo noi, Ndr) e ci siamo fatti raccontare la loro storia.

«In Iraq abbiamo venduto la casa – spiega Qadr, il quale parla curdo e ci viene tradotto da Javid Sadat, mediatore culturale della Cri – e abbiamo comprato i biglietti aerei per la Turchia. Siamo partiti il 2 dicembre da Bagdad e abbiamo raggiunto Istanbul».  In Turchia sono entrati in contatto con un curdo, conosciuto a un mercato, con il quale hanno avviato una trattativa affinchè organizzasse il viaggio per tutti in Italia.

«Siamo rimasti a casa di questa persona per un mese e una ventina di giorni – prosegue il capofamiglia –, poi è stato possibile organizzare la traversata. Per il viaggio abbiamo pagato per i quattro bambini più piccoli 3 mila dollari ciascuno e 6 mila dollari a persona per tutti gli altri dieci componenti della famiglia». Quindi, a conti fatti, l’organizzatore si è intascato 72 mila dollari.

Nel porto di Crotone sono arrivati il 28 gennaio 2017. In Calabria sono rimasti alcuni giorni in un centro di identificazione e, quindi, in un campo profughi «dal quale siamo scappati – spiega Qadr – per raggiungere la Svizzera in treno». Hanno raggiunto il centro di registrazione e procedura di Chiasso e quindi il centro richiedenti asilo di Losone, comune del Canton Ticino, dove sono rimasti dall’8 febbraio al 13 aprile.

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«Qui ci siamo trovati malissimo – sottolinea il militare iracheno, siamo stati trattati senza alcun rispetto». All’interno del campo profughi la figlia più grande, incinta, si è sentita male e con il giovane marito ha chiesto di poter essere visitata. «Ma i responsabili hanno preso tempo – spiega la ragazza –, dicendo di aspettare il giorno successivo e quindi non mi hanno portato in ospedale subito».

A causa delle complicazioni, la giovane ha poi perso il bambino che portava in grembo. «Ci hanno sequestrato pure sette telefonini senza più restituirceli – argomenta ancora il capofamiglia – e per un mese gli adulti della famiglia hanno lavorato alle dipendenze dell’amministrazione comunale senza però ricevere la paga pattuita prima».

Da quel posto la famiglia voleva assolutamente scappare. «I bambini – prosegue nel suo racconto il 43enne iracheno – litigavano in continuazione e dicevano che volevano andarsene. Stavano male. Parlando con altri profughi provenienti da Siria, Afghanistan e Pakistan siamo venuti a sapere che a Udine i richiedenti asilo vengono invece trattati con rispetto». Così, senza pensarci due volte, hanno preso i biglietti del treno e venerdì scorso sono arrivati – passando prima per Milano – in città.

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«Siamo stati accolti benissimo – conclude Dler Qadr –, siamo molto contenti. I bambini dicono di sentirsi finalmente a casa, come fossero in Iraq». 

Inoltre, la numerosa famiglia ha formalizzato in Questura la richiesta di asilo. I poliziotti hanno offerto caramelle ai più piccoli e hanno regalato loro alcuni cappellini.

Ora la Cri è in contatto con l’amministrazione comunale e la Prefettura per poter trasferire, appena si presenta l’occasione, la famiglia irachena in un appartamento più consono alle esigenze di un gruppo così numeroso.

Non sappiamo come sia andata a finire, e se abbiano ottenuto una casa popolare più grande. Quello che sappiamo è che se non vi incazzate leggendo queste notizie, e il modo vergognoso con il quale i giornali le espongono, non siete uomini. Siete fan di Speranza.

Questi sono anni hanno vissuto e vivranno in Italia a spese degli italiani. Prima come profughi, poi in qualche casa popolare. Con sussidi per i figli. Ed entrambe le mogli!

Ed è solo uno dei tanti casi:

Famiglia di profughi dà lezioni di poligamia a scuola




3 pensieri su “Islamico paga 70mila euro per portare in Italia mogli e 11 figli: manteniamo poligami”

      1. Certamente la nostra bandiera dev’essere cambiata.
        Ne serve una purpurea con una bella aquila dorata al centro.

I commenti sono chiusi.