Immigrati in Italia: le uscite superano le entrate, ci costano 12 miliardi di euro 💶

Vox
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Il giornale grillino del Reddito di Cittadinanza, il Fatto, scrive:

Immigrati in Italia, le entrate per lo Stato superano le uscite. E contro il calo degli italiani in età da lavoro servono più immigrati. 🤡

Ormai non nascondono neanche più il progetto di sostituzione etnica. Che è sbagliato, e lo spigheremo in fondo all’articolo.

Riguardo ‘le entrate che superano le uscite’, ovviamente è una bufala. La realtà, tenendo conto di tutto, è questa:

Immigrati ci costano 12 miliardi di euro e ne versano solo 10

“Gli extracomunitari contribuiscono per 10,8 miliardi di contributi su un monte complessivo di 160 miliardi. A fronte di ciò, gli extracomunitari fruiscono di prestazioni pensionistiche per appena 1,2 miliardi su circa 100 miliardi erogati dall’Istituto”. A dirlo Pasquale Tridico, presidente grillino Inps, intervenendo al convegno ‘Italia, pensioni e mobilità: storie di partenze e di ritorni’.

Peccato che le pensioni siano solo una parte della spesa. E se questi versano 10 miliardi in contributi pensionistici e poi prendono 12 miliardi in sussidi, anche un grillino può fare il conto e capire che sono un costo. Un drammatico costo.

Di più: lo saranno anche per le pensioni, perché un giorno le riscuoteranno, e visti i bassi contributi a pagarle sarete voi. O penserete che chi raccatta pomodori paghi i contributi sufficienti a pagarsi una pensione futura?

Il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, attingendo a dati Istat e del Ministero dell’Interno, ha analizzato i costi e benefici della presenza della popolazione straniera in Italia. E ha scoperto che i costi superano i benefici. E che i figli degli immigrati, oltre ad essere un enorme costo sociale, sono anche un grosso peso economico per un Paese già in difficoltà.

Secondo i dati Istat, gli stranieri residenti in Italia dal 2011 sono aumentati di circa 2,2 milioni di persone, tra nuovi ingressi e persone che hanno ottenuto la cittadinanza italiana. Un’invasione, a dimostrazione che sono i famigerati ricongiungimenti a devastare la nostra società, non i barconi. A questo vanno aggiunti i matrimoni e le nascite, che dal 2011 al 2016 hanno incrementato del 40% i rapporti di lavoro con gli immigrati.

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La popolazione straniera è cresciuta in maniera sproporzionata rispetto alla richiesta di lavoro, pertanto nel corso degli anni il tasso di disoccupazione di migranti residenti è arrivato al 25% circa attuale. Proprio a causa dei ricongiungimenti familiari che non legano l’ingresso degli immigrati ad un reale bisogno di manodopera: in pratica il 25% dei migranti in Italia non solo, non lavora, quindi è inutile, ma parassita anche lo stato sociale.

Altrettanto interessanti i dati riguardanti l’andamento della disoccupazione: tra il 2010 e il 2016, a fronte di un crollo del tasso di occupazione degli immigrati dal 67% al 58% (56% per i soli extracomunitari), in relazione a una crescita della popolazione in età di lavoro superiore a quella dell’occupazione, il tasso di disoccupazione specifico è salito fino al 17,9% nel 2013, per attestarsi oggi intorno al 15%, pari a circa 420mila persone in cerca di lavoro. Al 2017, gli immigrati rappresentano nel Centro-Nord, che pur è l’area del Paese che più li vede partecipi al mercato del lavoro italiano, il 25% del totale delle persone in cerca di impiego. Come ben sottolinea l’approfondimento, gli immigrati hanno certamente rivelato una maggiore reattività agli effetti della crisi, ma ciò è spesso avvenuto al prezzo di una penalizzazione dei salari lordi con un incremento del differenziale dal 30% al 40% rispetto a quelli percepiti degli italiani. E uno dei risultati è che la povertà assoluta e relativa di questi nuclei familiari è aumentata con un’incidenza fino a 8 volte superiore a quella delle famiglie italiane della stessa zona.

Non solo, lo studio evidenzia inoltre come l’uscita dalla crisi abbia cambiato volto al mercato del lavoro italiano delineando un quadro, all’interno del quale, riaprire le quote di ingresso per motivi di lavoro produrrebbe effetti drammatici sia per i lavoratori immigrati già presenti sul territorio sia, in generale, per i lavoratori scarsamente qualificati. Sul “banco degli imputati”, anche l’incapacità italiana di investire sulle competenze acquisite nei Paesi d’origine: se è vero che gli immigrati che vengono in Italia sono in gran parte di bassa istruzione e bassa qualificazione professionale, lo è altrettanto che sono comunque spesso occupati come manovalanza a basso prezzo, quando non addirittura in nero, con l’effetto ancor più negativo di abbassare gli standard retributivi e lavorativi per tutti i lavoratori.

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UN ESERCITO DI POVERI CHE VIVE SULLE SPALLE DEGLI ITALIANI
– La povertà delle famiglie di immigrati nella zona del centro nord Italia è cresciuta di otto volte rispetto a quella delle famiglie italiane e, a questo proposito.

È stato calcolato che la sola spesa sanitaria per ogni immigrato nel 2016 è stata di 1.870 euro e dunque, per i circa 6 milioni di presenze (clandestini compresi), il totale è stimato in circa 11 miliardi di euro. A questo vanno aggiunti altri 7.400 euro pro capite per le spese scolastiche che, sommati a quelle di accoglienza, fanno raggiungere la ragguardevole somma di 23 miliardi di euro.

La cifra non tiene in considerazione eventuali spese a carico dello Stato, come l’assistenza sociale e gli sconti per strutture e mezzi pubblici dovuti ai poveri.

Secondo lo studio, nei primi 15 anni le spese supereranno sempre le entrate. Poi ‘diventeranno italiani’, e allora le spese saranno per ‘italiani’.

Bisognerebbe calibrare gli ingressi in considerazione delle reali esigenze dell’Italia. Abrogare i ricongiungimenti familiari: i loro figli ci costano miliardi di euro. Che ce ne facciamo? A cosa ci servono? Urge un’immigrazione di ‘guest worker’, non di ripopolamento: la prima è una risorsa, la seconda un costo.

Serve un blocco dell’immigrazione regolare ed è fondamentale legare l’ingresso e la presenza degli immigrati al lavoro.

Tornando invece a “contro il calo degli italiani in età da lavoro servono più immigrati“, anche questa è una idiozia.

Non solo perché è criminale, anche perché non ha basi razionali. Intanto perché in Italia la disoccupazione giovanile è oggi del 50 per cento in molte regioni e del 35 per cento in generale, quindi se diminuiscono i giovani, ‘male che vada’ avremo disoccupazione zero tra una trentina d’anni, e poi già oggi più della metà degli immigrati regolari in Italia non lavora e scrocca sussidi. Quindi è totalmente privo di senso come ragionamento.

Dulcis in fundo: davvero pensate sia una buona idea sostituire qualche milione di individui con qi medio di 105 con lo stesso numero di individui con qui medio di 65? E’ vero che sarebbero ottimi giornalisti e ottimi parlamentari grillini e del Pd, ma sarebbero inutili per tutto il resto.




Un pensiero su “Immigrati in Italia: le uscite superano le entrate, ci costano 12 miliardi di euro 💶”

  1. Non solo inutili, ma anche dannosi. Un qi basso avvicina naturalmente allo stato di ferinità, con tutto ciò che ne consegue. Finché si parla di ragazzi down con disabilità psichiche, queste sono, generalmente, compensate da incapacità di nuocere dovute a debolezze fisiche di varia natura. Sebbene non manchino anche di questi soggetti i casi violenti. Ne vediamo in alcuni casi la violenza esplodere in quegli individui peraltro del tutto normali, ma con capacità intellettive alterate. Essi non si rendono conto di ciò che fanno, ma lo fanno perché gli va, o gli conviene e indipendentemente dal male che causano o dalla condotta penalmente rilevante, ed esiste per questo l’incapacità di intendere e di volere.

    A parte questo, nel conto non sono considerati i pesantissimi costi sociali, la criminalità importata, le bande giovanili (baby gang), e, dulcis in fundo, l’effetto mela avariata che tutto questo comporta anche negli italiani. Se dei giovani italiani vivono in cotal humus, essi, mediamente, tenderanno ad avvicinarsi a quei modi di fare. In effetti il pubblico dei trapper delinquenti è costituito perlopiù da italiani, oltre che, ovviamente, anche da loro connazionali in cerca di rivalsa.
    Per non parlare poi delle scuole, dove, nei casi più gravi, ormai non si riesce più a fare lezione decentemente, abbassando in maniera drammatica lo già scarso livello di istruzione scolastica. E sto parlando dei danni fatti agli italiani. Me ne frego, sinceramente, se i piccoli immigrati non imparano le tabelline o la grammatica italiana, ma il problema è che non consentono nemmeno agli italiani di imparare, e ci si avvicina ad una pericolosa analfabetizzazione.

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