Immigrati vendono figlia ai pedofili: «Questa non fa un… Domani mettiamola a lavorare in strada»

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Immigrati drogano figlia di 13 anni e la fanno stuprare per 50 euro a botta

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«Questa non fa un… Domani mettiamola a lavorare in strada». Per anni una bambina è stata picchiata, drogata e fatta prostituire nelle case popolari ad anziani pedofili dai genitori migranti.

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«Questa non fa un c… domani mettiamola a lavorare sulla strada». Aveva 12 anni la bambina schiava a cui veniva urlata la minaccia, dal patrigno, nello squallido appartamento di un complesso di case popolari di Vercelli, usato come bordello per clienti pedofili, che pagavano 20 o anche 200 euro per seviziare e violentare una povera creatura obbligata, fin da quando era nata, a subire violenza. Nelle intercettazioni che fanno parte degli atti giudiziari finiti nel fascicolo del gup (al processo abbreviato iniziato da poco) ci sono le frasi che il principale indagato, il patrigno, urlava, insieme alla madre della piccola. Compresa la minaccia di prostituirsi anche sulla strada.

Da quando era nata la vittima era stata obbligata a saltare la scuola per badare ai suoi fratelli. La bambina poi, doveva pulire la casa, assistere ad atti sessuali osceni e subire torture. «Se non lo fai ti stupro». «Ti ammazzo». «Ti taglio», diceva il principale imputato, un quarantenne rumeno che la vendeva a pervertiti sconosciuti di ogni età. «Ogni mattina – si legge negli atti – la bambina veniva obbligata ad uscire di casa per acquistare caffè e sigarette, a pulire l’abitazione, ad assistere ad atti sessuali, sotto costante minaccia di vessazioni fisiche». Il patrigno la «percuoteva costantemente con schiaffi e armi quali coltelli, bastoni, con il filo del televisore». C’è il sospetto che l’uomo facesse prostituire anche un’altra ragazza, di cui si sarebbero perse le tracce. E che lo facesse anche la madre della piccola vittima, in quella casa, dove arrivano anche anziani disposti a pagare 200 euro per molestare e violentare la bambina. Le armi venivano usate se lei si rifiutava di sottoporsi alla violenza degli stupri. E anche le droghe, che venivano somministrate alla piccola per stordirla, contribuivano a rendere la vittima più debole. A forza di assumerle, la bambina è diventata tossicodipendente.

I sette clienti rinviati a giudizio dai pm Davide Pretti e Valeria Sottosanti, che hanno coordinato l’inchiesta della squadra mobile di Vercelli, sapevano perfettamente che la dodicenne era sottoposta a droghe e torture. E partecipavano alle sevizie. Uno di loro, che si è presentato all’udienza a porte chiuse in sedia a rotelle, si faceva “consegnare” la bambina a casa, dalla madre e dal patrigno, in cambio di denaro. Aveva adescato la piccola davanti al cimitero, anni fa. La vedeva seduta a terra, davanti all’ingresso, con la manina protesa per chiedere l’elemosina. Le aveva dato dei soldi, più volte. Poi si erano fatti vivi la madre e il patrigno, che gliela avrebbero offerta come “preda sessuale”. Un altro dei clienti a processo, che ha quasi 70 anni, oltre a pagare per violentare la bambina, la seviziava con oggetti. Azioni talmente crudeli e raccapriccianti da rendere difficile la lettura dei verbali. Non c’è pietà, da parte di nessuno, verso una bambina stordita dalle botte e dalla droga. Un altro cliente, italiano come la maggior parte degli imputati, di 70 anni, veniva a prendere la dodicenne a casa, e la portava via, in auto. Qui avvenivano le violenze, altre volte all’interno della casa, con madre e patrigno. Un altro anziano, più facoltoso, offriva anche 200 euro a volta. L’unico imputato ventenne, rumeno come i due principali, offriva la droga, in cambio del sesso. Consegnava sostanze leggere e pesanti a madre, patrigno e ragazzina. Spesso otteneva in cambio, dai “genitori”, la dodicenne. Ad ottobre sarà il gip Agostino Pasquariello a valutare le pene richieste dalla procura – fino a 12 anni di reclusione – per gli aguzzini della bambina, che hanno scelto il processo abbreviato, difesi dagli avvocati Marco Borio e Luigi Tartaglino. La dodicenne è stata trasferita in una struttura protetta dal momento degli arresti. Non basterà a salvarla dall’inferno del passato. Quando l’hanno trovata, in testa aveva delle lesioni profonde, inflitte con un coltello.




3 pensieri su “Immigrati vendono figlia ai pedofili: «Questa non fa un… Domani mettiamola a lavorare in strada»”

  1. nella Ucraina nazista, le madri vendono regolarmente i figli

    una marea di coppie omosessuali, si recano in ucraina,
    perché ci sono ragazze disposte a partorire figli con inseminazione artificiale.

    Parliamo di madri che cedono i loro figli appena partoriti, in cambio di danaro.
    Considerato che una vera donna, non riesce a separarsi dal suo bambino, neanche quando questo nasce a seguito di uno stupro.

    1. Ma questi post demenziali li scrivi dopo avere assunto sostanze stupefacenti o cosa?Ma vavangul.

  2. Sapevo che vi avrei trovato a parlare anche di questa cosa. Essendo il mio postaccio mi piace proporvi un paio di precisazioni: sono zingari sinti, non “rumeni”. Non è la prima volta che accadono cose del genere da quelle parti. Se magari le forze dell’ordine ogni tanto fossero meno professionali e più “umane” certe situazioni non si trascinerebbero per anni, ma terminerebbero in un battito di ciglia.

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