Preso a calci e pugni da africano lo perdona: “Non sono razzista”

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Deve essere il cugino intelligente del sindaca Tommasi.

Ancora una volta. Ancora in piazza Pradaval, a Verona. Altra aggressione, la seconda in pochi giorni. Ore 18,30 di martedì 20 settembre. Lorenzo, 19 anni, dopo il lavoro in un’azienda di produzione cinematografica, attraversa l’are alberata per raggiungere la fermata del bus su Corso Porta Nuova, direzione Sud. «All’improvviso ho sentito un pugno tra il collo e la spalla. Mi sono voltato e di fronte avevo un uomo di colore. Gli ho chiesto con calma, forse anche troppa», riflette, «cosa volesse. Lui mia semplicemente risposto “fai il bravo“, una frase poi ripetuta più volte mentre mi colpiva con calci agli stinchi. Per fortuna in gran parte sono riuscito a schivarli mentre arrivava la mia corsa. Su cui sono salito, agitatissimo, senza voltarmi indietro».

Lorenzo non è mingherlino: statura oltre il metro e ottanta, ben piantato. Sguardo e parole da ragazzo tranquillo («Non sono certo il tipo che attacca briga») ma per stazza neppure una «preda» di prima scelta. «Ecco, è successo a me, ho retto il colpo. Ma se fosse toccato ad una persona più fragile? Ad una ragazza?», chiede. È reduce dal Pronto Soccorso, dove gli è stata riscontrata una «contrattura cervicale ed emitoracica».

Il pugno, violento, è stato evidentemente sferrato con una certa tecnica. Dell’aggressore non ricorda molto: «Una persona alta, ben piantata, di colore. Ho cercato di trarmi d’impaccio, con i danni minori ma mi pare di ricordare che avesse in una mano una bottiglia impugnata per il collo. Non pareva lucido».

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«Meglio chiarire: non sono una persona che giudica dal colore della pelle», precisa. E infatti ti sei fatto prendere a calci.

«Si tratti di italiani, africani, persone dell’Est… non è questo il punto. Ma queste cose non devono accadere, tanto meno nel centro di una città come la nostra». Non c’è, all’origine dell’aggressione, un motivo apparente di rapina. «Avevo in mano il telefono e le cuffiette agli orecchi, parlavo con un amico, camminavo, tutto qui».

Preso a calci e pugni da africano




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