Gli afghani portati in Italia da Draghi si lamentano: “Dov’è la casa promessa?”

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Le due famiglie afghane, in tutto 17 persone, da un anno vivono al terzo piano di un hotel a spese dei contribuenti. Ma sono insoddisfatti.

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“Siamo arrivati qui esattamente un anno fa – si lamenta Khalil Rahjoo, che a Kabul era interprete per l’esercito italiano -, i miei figli ora vanno a scuola e so che qui li aspetta un bel futuro, ma è difficile cominciare una nuova vita senza una casa, senza privacy e senza lavoro. Qua è tutto bello, dal cibo ai vestiti, ma non sono fatto per mangiare e riposare soltanto. L’altra famiglia qui con noi fa ancora più fatica, la mamma e i figli sono depressi”.

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Nell’agosto 2021, appena arrivati in Italia col famigerato ponte aereo, era stata promessa loro una nuova vita e una sistemazione definitiva entro due mesi. Tutto a spese vostre.

Ma questa nuova vita resta in stand-by: i documenti di Khalil, fondamentali per lavorare, sono arrivati giusto dopo ferragosto (2022) e la casa ancora non c’è: “Dicono che in Italia è difficile trovare una sistemazione per una famiglia così numerosa”.




6 pensieri su “Gli afghani portati in Italia da Draghi si lamentano: “Dov’è la casa promessa?””

  1. Buona sera,
    con Mussolini sorse la camera delle corporazioni, cioè delle aziende, che scopo di lucro, tolgono al popolo per arricchire pochi occulti signori.
    Tutto passa da questa terra, per ragioni che non comprendo, forse geopolitiche? Forse energetiche? Karmiche? Roma caput mundi non è un gioco per inesperti.

  2. Se siete insoddisfatti e depressi tornatevene a casa vostra vi aspettano i talebani che vi faranno certamente passare la depressione

I commenti sono chiusi.