Le liste del Pd descrivono un partito in disarmo. Rappresentante di una minoranza della popolazione che sarà sempre più irrilevante politicamente e culturalmente. Un partito ormai arroccato nei collegi intorno a Firenze e Bologna. Più per motivi di clientele che per idee o per motivi storici.
Pd antisemita (😂) : fatto fuori il compagno Fiano. Dopo Cirinnà cancellato anche l’estensore delle liste di proscrizione contro chi non la pensa come lui.
Le new entry, insomma, sono dettate dalle recenti alleanze: bisogna dare due seggi a testa a Psi e Demos, quattro ad Art. 1 (Speranza, Scotto, in Campania, Fornaro in Piemonte, Stumpo in Calabria). Due collegi blindati vanno a +Europa, uno per Di Maio, due a Verdi-SI (Bonelli-Fratoianni).
Insomma, con le liste corte il Pd deve escludere alcuni suoi parlamentari di lungo corso (certo, quelli legati a una gestione passata: in mezzo ci sono 4 anni e 2 segretari) per fare posto agli alleati, per quanto piccoli. Il l leader di Sinistra italiana, per esempio, avrà il collegio di Pisa, che era quello del segretario o del professore di Diritto costituzionale alla Sapienza, Stefano Ceccanti, uno dei preferiti dell’ala cattolica, che smentisce, di notte, di aver accettato un posto molto indietro, nel listino, proposta dal Pd. Per ora accenna alla questione con un inciso nella sua rassegna stampa su Twitter. “Troverete in vari articoli della rassegna articoli su di me. Non è questo il momento da parte di mia di fare commenti”, dice. “Alla conclusione della formazione delle liste avrete mie spiegazioni trasparenti e complete”.
L’economista Carlo Cottarelli, candidato con +Europa, sarà capolista al Senato a Milano. Il virologo Andrea Crisanti capolista nella circoscrizione Europa, cioè nella circoscrizione degli Italiani all’estero. Oltre a questi due nomi della “società civile”, sono stati candidati – in collegi sicuri e posizioni eleggibili – anche cinque under 35, che saranno il fiore all’occhiello del segretario dem: Caterina Cerroni (Lazio), Michele Fina (Lombardia), Paolo Romano (Lombardia), Marco Sarracino (Campania), Rachele Scarpa (Veneto). In “quota Letta” anche Schlein, Berruto e Nicita.
E dunque saltano Salvatore Margiotta e i tre parlamentari di Base riformista Tommaso Nannicini (a Milano), Emanuele Fiano (Milano) e l’ex capogruppo Andrea Marcucci. Tra gli esclusi dalle liste del Pd ci sarebbe anche Luca Lotti, che non compare nelle liste dei candidati che correranno nei collegi per elezioni del 25 settembre. “Il segretario mi ha comunicato la sua scelta spiegando che ci sono nomi di calibro superiore al mio. Confesso di non avere ben capito se si riferiva a quelli che fino a pochi mesi fa sputavano veleno contro il Pd e che oggi si ritrovano quasi per magia un posto sicuro nelle nostre liste”, scrive Lotti su Facebook. “Fa male in queste ore ascoltare inutili polemiche e fake news sulle motivazioni della mia mancata ricandidatura, così come leggere assurde ricostruzioni in cui si prova a far credere che a scegliere sia stato il territorio. In Toscana sappiamo tutti come sono andate le cose. La scelta è politica, non si nasconda nessuno dietro a scuse vigliacche. Dispiace, e non poco, scoprire che i dirigenti del mio partito -conclude – abbiano abbandonato uno dei cardini della nostra identità: il garantismo”.
L’ex presidente della Regione Basilicata, il sorosiano Marcello Pittella, escluso dalle liste, si sfoga su Twitter: “Un delitto perfetto! Calpestati diritti, principi, territorio, storia e democrazia! Nella vita ci vuole dignità! Buona fortuna”. Monica Cirinnà ha invece annunciato che rifiuterà la candidatura: “La mia avventura parlamentare finisce qui, domani comunicherò la mia non accettazione. Mi hanno proposto un collegio elettorale perdente in due sondaggi, sono territori inidonei ai miei temi e con un forte radicamento della destra. Evidentemente per il Pd si può andare in Parlamento senza di me, è una scelta legittima. Resto nel partito, sono una donna di sinistra ma per fortuna ho altri lavori”, ha detto la senatrice.
Dario Stefano, senatore e presidente della commissione Politiche Ue, lascia il Pd, per candidarsi con Italia viva: il partito non è più riformista, dice. “Ho riconsegnato la tessera del Pd per rimanere coerente con i miei valori e con le mie idee. Enrico Letta è responsabile di una strategia politico-parlamentare fallimentare cominciata con l’arenamento del ddl Zan e proseguita con la miopia avuta durante le convulse elezioni del Quirinale, dove il suo alleato per la pelle Giuseppe Conte si era messo d’accordo con Salvini”, ha spiegato a Radio Radicale.
Con poco spirito di abnegazione, la senatrice Monica Cirinnà, ancora alle prese con il 24mila euro gate, ha deciso di rinunciare alla candidatura nel collegio uninominale Roma4. Perché avrebbe perso. Niente fiducia nel proprio programma, niente investimento nella propria visione. la Cirinnà, abituata alle battaglie “di palazzo” per i diritti LGBTQ+, il confronto con gli elettori, e con le proposte politiche degli avversari, ha deciso di rifiutarlo, parlando di “territori inidonei ai miei temi e con un forte radicamento della destra”. Bene, siccome le sue sono battaglie “universali”, sarebbe stato proprio quello il contesto in cui provare a convincere gli elettori, no? Invece no, meglio stare a casa.
Inaspettata rottura anche con marchigiana Alessia Morani: “È stata una lunga notte e finalmente sono state decise le liste dei candidati del Partito democratico per le prossime elezioni politiche – ha scritto sui suoi social – Ho saputo quale fosse la mia posizione in lista solo al momento della lettura da parte di Marco Meloni (coordinatore della segreteria nazionale del Pd, NdR) dell’elenco dei candidati. Nei posti eleggibili per le Marche sono stati designati Alberto Losacco, commissario del Pd Marche, Irene Manzi e Augusto Curti. A mia insaputa, il mio partito ha deciso di assegnarmi il collegio uninominale di Pesaro e un terzo posto nel proporzionale. Ho comunicato al mio partito che non intendo accettare queste candidature. Avrò modo in seguito di spiegare le motivazioni che mi hanno convinta della bontà di questa scelta
Tragicomico il commento del costituzionalista Stefano Ceccanti, candidato a sua insaputa: “Leggo con stupore dalle agenzie che sarei candidato numero 4 al proporzionale a Firenze Pisa. La notizia è destituita di qualsiasi fondamento come ben sa il segretario Letta”.
Ancora più profonda la spaccatura con la corrente di Base riformista, gli ex renziani capitanati dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Si sono astenuti dalla votazione finale in aperta polemica con la scelta di escludere l’ex ministro Luca Lotti, che ha parlato di “scuse vigliacche” da parte dei vertici. È anche il tema che ha spinto Matteo Renzi all’attacco: “A me pare che – dalla scelta di come costruire la coalizione ai nomi delle liste – la guida di Enrico Letta si sia caratterizzata più dal rancore personale che dalla volontà di vincere”, ha scritto nella sua e-news periodica il leader di Italia Viva.
Non ridete troppo, dal PD via Fiano arriva una correligionaria ben peggiore, lesbica, sorosiana, ebrea:
“Elly Schlein, all’anagrafe Elena Ethel Schlein (Lugano, 4 maggio 1985), è una politica italiana con cittadinanza statunitense e svizzera, dal 28 febbraio 2020 è vicepresidente della regione Emilia-Romagna.
È stata europarlamentare, eletta nelle liste del PD, passata poi a Possibile nel maggio 2015 fino al giugno 2019.
Nasce a Lugano, in Svizzera, nel 1985, figlia di Melvin Schlein, un politologo ed accademico statunitense d’origine ebraica aschenazita (gli avi paterni della Schlein erano infatti originari di Leopoli, nell’allora Impero austro-ungarico, oggi in Ucraina, ed al loro arrivo ad Ellis Island mutarono il loro cognome originario, Schleyen, in quello attuale), all’epoca della sua nascita ricoprente il ruolo di professore emerito di scienza della politica e storia presso la “Franklin University” di Lugano[1], e di Maria Paola Viviani in Schlein[2], una docente italiana, professoressa ordinaria di diritto pubblico comparato presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università dell’Insubria. È nipote[2][3] dell’avvocato antifascista Agostino Viviani, che fu senatore del Partito Socialista Italiano, mentre suo fratello è il matematico Benjamin Schlein.”
X togliere potere a queste merdacce stavolta voterò Italexit. Paragone si è sempre battuto contro l’obbligo vaccinale e le discriminazioni a chi non ha voluto farsi punturare. Se leggete il suo programma è anche x fermare l’immigrazione
Paragone è un figuro LURIDO. Ballista stratosferico, opportunista, conformista, parassita, magnamagna e, natuValmente, in automatico come un piccolo robot, leccasion senza vergogna. Con lui l’ItaGlia uscirà dall’EuVo tanto quanto il sottoscritto entrerà in sinagoga. L’unica soluzione sensata è l’astensione TOTALE dalla farsa democVatica.
E farai il loro gioco, bravo. Almeno da un’occhiata alle liste di chi vorresti far eleggere, prima di conferire il voto.