In programma CDX non c’è stop a ricongiungimenti familiari e ius sanguinis: ogni anno 200mila afroislamici diventano italiani

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Se Letta vincesse, i suoi primi provvedimenti sarebbero ius soli e più immigrazione regolare. Perché, invece, Salvini e Meloni non fanno il contrario? Ius sanguini e immigrazione zero?

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Approvato programma cdx: c’è contrasto ad immigrazione irregolare ma non a quella regolare

Mancano le uniche due mosse che possono salvare l’Italia da un futuro alla francese, fatto di baby gang e annientamento etnico degli italiani.

Se Salvini e Meloni vogliono, davvero, fermare l’invasione, devono abrogare i ricongiungimenti familiari: è così che ogni anno, in Italia, arrivano oltre 200mila afroislamici. Sono numeri che parlano di sostituzione etnica. Che vista la natura dei ‘ricongiungimenti’ sono destinati a moltiplicarsi negli anni.

E per fare questo, basta un decreto. Un tratto di penna. Dicono che ci servono ‘lavoratori’. Non è così, ma anche se fosse vero, perché dobbiamo importarne moglie, figlie, cugini e nipoti? Questa non è immigrazione per lavoro, è ripopolamento.

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Ed è anche urgente tornare allo ius sanguinis abrogato nel 1991, da un parlamento abusivo come quello scorso che voleva definitivamente affossarci come popolo, approvando lo ius soli

Nel 2006 i nuovi italiani erano stati 35.260. L’anno dopo crebbero del 29 per cento, nel 2008 di un altro 18, nel 2009 del 10 per cento circa e nel 2010 dell’11 per cento. In quell’anno le acquisizioni di cittadinanza erano state 65.932: in meno di un quinquennio si era registrato un incremento dell’85 per cento. Il 2011 ha fatto segnare una stasi, con un passo indietro del 15 per cento. Ma dal 2012 il ritmo ha ripreso a galoppare anno dopo anno, fino a toccare il livello record del 2016, con circa 202mila cittadinanze: quasi sei volte più di dieci anni prima. Nel 2002, secondo il primo dato ufficiale disponibile dell’Istat, erano appena 12mila. In quattro anni, dal 2012 al 2016, le cittadinanze concesse sono raddoppiate: da 101mila a 202mila.

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Questa rincorsa ha portato l’Italia a conquistare anche il primato europeo delle cittadinanze concesse. Dalle 53.696 del 2008 si è passati alle 146.605 del 2017: quasi tre volte in più. Per poi assestarsi negli anni seguenti.

Nei dodici anni dal 2006 al 2017 compresi, l’Italia ha acquisito 1.138.052 nuovi cittadini. Oggi siamo arrivati a più di 1,5 milioni.

Quanto alla provenienza, la gran parte è originaria di Albania e Marocco, i Paesi che hanno sempre fornito il maggior numero di nuovi italiani. Albanesi e marocchini sono i più interessati a conseguire il passaporto italiano: su cento residenti in Italia di queste nazionalità, 7,3 lo ottengono. Molto meno interessati sono altre etnie che pure costituiscono comunità nazionali molto numerose nel nostro Paese, come romeni, cinesi e filippini.

La percentuale di acquisizione di romeni è ferma all’1,3. Del resto, la Romania fa già parte dell’Unione europea e i suoi cittadini possono già muoversi liberamente all’interno dei ventotto Paesi dell’Ue. Il che dice un’altra cosa: la nostra cittadinanza la prendono solo per interesse. E come potrebbe essere altrimenti?

Più che degli sbarchi, il boom delle richieste di cittadinanza è conseguenza delle sanatorie che hanno accompagnato ogni cambio delle leggi sull’immigrazione. Regolarizzazioni massicce sono seguite alla legge Martelli del 1990, al decreto Dini del 1995, alla Turco-Napolitano del 1998 e anche alla Bossi-Fini del 2002, che pure inasprì le norme in materia. Nel 2006 il secondo governo Prodi varò una sanatoria mascherata quando il decreto flussi allargò il diritto di ottenere il permesso di soggiorno a tutti i richiedenti: non è un caso che il massimo storico delle cittadinanze sia stato registrato esattamente dieci anni dopo quell’operazione.

L’ultima sanatoria, prima di quella fallita di Bellanova, risale al 2009, quella riservata all’emersione di colf e badanti. In quell’occasione furono presentate 300mila domande. Secondo l’Istat, negli anni Novanta più del 60% dell’aumento della presenza straniera in Italia è stato legato alle regolarizzazioni.

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Sono numeri di cui avevamo già parlato. Non una novità. Parliamo in questi anni di 1 milione di non italiani diventati tali sulla carta. Un corpo estraneo. Un tumore che rischia di espandersi nel tessuto sociale fino a renderlo irriconoscibile. Ma la destra pensa che il problema siano gli sbarchi: è una parte del problema. E non è neanche la minaccia più grave.

Giornali e politici di ‘destra’ hanno preso questi numeri come la prova che lo ius soli non serva perché, dicono, la legge attuale funziona già nel dare la cittadinanza agli immigrati. Folli.

Sono dati allarmanti. Semmai indicano che già senza Ius Soli la situazione è sfuggita completamente di mano, figuratevi cosa sarebbe accaduto se fosse stato approvato.

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Ma non dobbiamo pensare che il pericolo sia scampato. Già così stiamo allevando migliaia di futuri terroristi islamici.

Serve, per evitare la scomparsa del popolo italiano, un ritorno allo Ius Sanguinis integrale che blocchi la concessione della nostra cittadinanza a questi individui.

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Qualcuno, ad esempio, deve spiegarci perché ci si preoccupa tanto, giustamente, dell’origine degli animali:

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E non di quella degli uomini. Eppure, l’identità di un individuo e di un popolo che è la somma di quella degli individui che lo compongono, è ciò di più sacro che possa esistere.

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Quindi è urgente tornare allo ius sanguinis. Ma anche bloccare i famigerati ricongiungimenti familiari: perché negli ultimi anni è così che arrivano 200mila immigrati l’anno. Anche quelli che sgozzano, come Said. Ma anche fossero tutti perfetti cittadini, non sarebbero italiani: e senza italiani, non sarà più Italia.

Perché non c’è nulla di tutto questo nel programma della destra che si appresta a governare? Ci deve essere.




10 pensieri su “In programma CDX non c’è stop a ricongiungimenti familiari e ius sanguinis: ogni anno 200mila afroislamici diventano italiani”

  1. Non si può dare il voto a chi non ha in agenda espulsioni di massa e considera fratelli i musulmani.
    Fate tutti vomitare.

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