Africano uccide la madre italiana perché voleva farlo lavorare, giudice: “Un debosciato”

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Con argomenti “logicamente impeccabili”, la Corte di Assise di Appello di Torino ha stabilito che Caleb Merlo – il 42enne originario del Camerun adottato nel 2004 da Paola Merlo, da lui uccisa a Vercelli il 10 luglio 2018 – ha colpito a morte la madre adottiva in un contesto di “forti tensioni nella relazione genitoriale” causate dal “comportamento debosciato” dell’imputato, ludopatico, gravato da debiti e disoccupato, dopo che la donna gli aveva detto di trovarsi un lavoro perchè lei non poteva più mantenerlo.

Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni del verdetto 30215 depositato oggi e relativo all’udienza che lo scorso 21 aprile ha confermato la condanna all’ergastolo per Caleb, inflittagli in appello il 23 aprile 2021, con l’aggravante della premeditazione e della “turpe causale”. Nel ricostruire il movente dell’omicidio, gli ‘ermellini’ ricordano la testimonianza di M. C., amica della vittima, che aveva evidenziato “le non poche difficoltà incontrate da Paola Merlo nella relazione con il figlio adottivo, soprattutto nei mesi precedenti la morte della donna” che “aveva confidato di essersi pentita dell’adozione e di aver impartito al figlio un ultimatum, perché si trovasse un lavoro, dato che lei non avrebbe potuto ulteriormente mantenerlo”. “Era anche provato che l’imputato fosse un soggetto ludopatico, in costante ricerca di denaro che – sottolinea il verdetto -, dopo le restrizioni imposte dalla madre, andava chiedendo in prestito a parenti ed amici, pregandoli di tacere alla donna la circostanza”.

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