
Non era la prima volta che quelle due quindicenni si allontanavano senza avvertire i responsabili della comunità a cui erano state affidate a causa di un vissuto problematico nelle rispettive famiglie adottive. Quella volta però la fuga, che risale ormai all’aprile di nove anni fa, ha avuto risvolti davvero drammatici. Di più, per una delle due ragazze il ricordo delle violenze subite resterà impresso indelebilmente nella memoria. Le due si erano recate al luna park della Schiranna. Ed è qui che le adolescenti avevano attirato l’attenzione di un ventottenne giostraio di origini indiane.
Dopo averle avvicinate, l’asiatico, all’epoca dipendente del luna park, aveva offerto i biglietti delle giostre alle ragazze. Quindi, aveva presentato le quindicenni ad alcuni amici e, a quel punto, tutti assieme, avevano iniziato un pressing collettivo cercando di conquistare le due “prede” regalando sigarette e offrendo birre con il chiaro proposito di farle bere.
La “trappola” era scattata dopo che erano state portate nel container mobile in cui l’indiano alloggiava. Ma se una delle due ragazze, quella che era riuscita a controllare le consumazioni offerte, anche se a fatica aveva respinto le avances pesanti di quel gruppo di uomini ammassati nel camper, lo stesso non era riuscito all’amica. Alle prese con una brutta sbronza, era rimasta in balia dell’indiano e di altri amici per almeno un’ora.
Scambiando la realtà per un set di un film porno, l’avevano baciata, spogliata e poi in due almeno, l’indiano e un altro soggetto rimasto ignoto, avevano avuto con lei rapporti sessuali completi. Dettaglio tutt’altro che irrilevante quei due rapporti non erano voluti. Dunque, si trattava a tutti gli effetti di stupro. Non è un caso che l’indiano sia stato condannato per violenza sessuale di gruppo a cinque anni e sei mesi di reclusione.
A corroborare la fondatezza della sentenza di condanna del Tribunale di Varese è giunto ieri il verdetto di conferma emesso dai giudici della prima Corte d’Appello di Milano. A incastrare l’imputato, che sino all’ultimo ha professato la propria innocenza, il riconoscimento della vittima e il Dna. La giovane abusata, dopo essere scappata via dal luna park con l’amica, aveva chiesto aiuto alla comunità e il personale l’aveva subito soccorsa e poi portata all’ospedale per gli accertamenti di rito. Contestualmente era scattata la denuncia per violenza sessuale di gruppo. Gli inquirenti della Squadra Mobile della polizia di Varese le avevano mostrato un album fotografico con i volti di alcuni sospettati e la vittima degli abusi non aveva avuto esitazioni a riconoscere quel giostraio sì girovago ma sino a quel momento dalla fedina penale immacolata. Gli ulteriori accertamenti genetici avevano consentito di collocare l’indiano sulla scena del crimine. Delle diverse tracce di liquido seminale rinvenute nelle parti intime della ragazza durante la visita all’ospedale di Circolo erano state isolate anche le sue.