Italia islamica, musulmani: da 2mila nel 1970 a più di 2 milioni oggi

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Nel 1970 erano tra i 2.000 e i 3.000. Una presenza che sarebbe normale, di ospiti bene accetti e liberi di vivere la propria religione.

Poi è iniziata l’invasione. E siamo passati da 2.500 a 2 milioni : una crescita esponenziale. Perché quasi tutta concentrata negli ultimi 2 decenni. E parliamo solo dei ‘regolari’.

A differenza di altri Paesi come Francia e Inghilterra, dove il trend è costante da decenni, la crescita in Italia è avvenuta più rapidamente. In modo diremmo quasi ‘caotico’. Questo è normale: lì è un fenomeno più vecchio e quindi più drammatico per le dimensioni raggiunte.

Quello che più fa rabbia è che ai cittadini non è mai stato chiesto: volete far entrare 2 milioni di Maomettani?

Qui ci stanno invadendo. E questi spalancano i porti e vaneggiano di ius soli.

Islamici: “Quando saremo maggioranza vi domineremo”

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E nel 2100, se non fermiamo l’immigrazione, saranno la metà della popolazione totale residente in Italia.

Gli stranieri musulmani residenti in Italia sono cresciuti di 127mila unità rispetto al 2018 (quando erano 1,45 milioni), mentre i cristiani sono invece diminuiti di 145mila unità (nel 2018 erano poco meno di 3 milioni), pur mantenendo ancora il ruolo di principale religione professata dagli stranieri”. E a seguire, il focus sui Paesi d’origine: “Per quanto riguarda la nazionalità, si stima che la maggior parte dei musulmani stranieri residenti in Italia provengano dal Marocco (440mila), Albania (226mila), Bangladesh (141mila), Egitto (111mila) e Pakistan (106mila).

Ecco perché è seriamente ipotizzabile che a fine secolo, i musulmani potrebbero rappresentare addirittura la metà della popolazione italiana. I motivi? Presto detti: praticamente otto immigrati su dieci sono di religione musulmana e le loro donne fanno molti più figli di quelle italiane. Si stima infatti che il tasso di fertilità delle donne musulmane sia il doppio di quelle italiane. E il fatto che “gli italiani non facciano più figli”, è cosa tristemente nota. Da anni. E il rischio (concreto) è quello di vedersi, fra un secolo, soverchiati dagli stranieri. Non è dunque un caso se nel popolo italiano è tuttora forte e maggioritaria la contrarietà allo ius soli tanto caro alla sinistra.

La maggior parte dei musulmani stranieri residenti in Italia ha cittadinanza marocchina (440mila), seguiti da quella albanese (226mila), bangladese (141mila), pachistana (106mila), egiziana (111mila).

Una minaccia crescente. Salvini deve decidere se vuole davvero salvare l’Italia dall’invasione, e allora mettere al primo punto del programma del prossimo governo l’abrogazione dei i ricongiungimenti familiari, oppure fingere di farlo chiudendo i porti: perché nel secondo caso ci sarà solo un rallentamento nel processo di sostituzione etnica.

E avremo le nostre periferie sempre più simili alle banlieus francesi: perché tanto non esiste l’integrazione.

Perché gli attentati sono solo un aspetto della guerra in corso. Che è, prima di tutto demografica.

E’ in atto un genocidio. Il nostro. Siamo come agnelli in attesa della Pasqua. Solo che noi abbiamo coscienza di questo, ma non facciamo nulla per impedirlo: eppure saremmo ancora in tempo. Catastrofi demografiche simili sono state evitate in passato: basta una rivoluzione, e poi un grande piano di rimpatri. Una reconquista del nostro spazio vitale.

Già oggi, quasi la metà dei nuovi nati a Bruxelles, sede dall’Unione Europa, è musulmano:

Il Belgio in generale è, come ci si poteva aspettare, messo peggio della Francia:

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Questo è quello che accadrà in Italia tra dieci anni, se non abroghiamo l’assurda legge sui ricongiungimenti familiari.

Vox vi invita a non dare tregua ai vostri rappresentanti in Parlamento. A tempestare le loro pagine social con questa richiesta. Perché tra poco sarà troppo tardi. La vera arma di distruzione di massa islamica è questa:

Immaginatevi un partito islamico che può contare su un bacino elettorale di circa il 15 per cento. In pratica, nessun governo potrebbe nascere senza il consenso politico degli islamici.

Ecco, questo è lo scenario previsto nei prossimi anni in Italia, dall’analisi demografica dell’istituto di ricerca americano Pew Research Center:

Lo scenario vale nel caso proseguano i flussi attuali. Vedrebbe l’Italia, in pochi anni, quasi raggiungere paesi come Francia, Regno Unito e Germania, che oggi l’Italia segue molto ‘indietro’ con poco più del 3%. In pratica quadruplicheranno, mentre nell’Europa in generale triplicheranno.

Ai ritmi attuali, in Italia avremo oltre 8 milioni di residenti musulmani entro il 2050:

Muslims in the EU, Norway and Switzerland in 2050: high migration scenario

E città come Milano, dove già oggi la popolazione islamica è il doppio rispetto alla media nazionale, saranno a maggioranza straniera entro il 2040: i vostri nipoti vivranno da stranieri in Patria. A Brescia, questo rovesciamento demografico arriverà molto prima.

In Francia è già avvenuto a Parigi, tra una decapitazione e l’altra:

Francia: 1 nato su 4 è musulmano, è sostituzione etnica

E in Francia è cominciato tutto con i ricongiungimenti familiari:

L’ex presidente francese Giscard: “Che errore i ricongiungimenti familiari”

Siamo a pochi anni dal disastro. A pochi anni dal punto di non ritorno.

I partiti islamici alla conquista dell’Europa: Italia a rischio islamizzazione

Francia, ministro interno: “Interi quartieri in mano islamica”




10 pensieri su “Italia islamica, musulmani: da 2mila nel 1970 a più di 2 milioni oggi”

  1. Vogliono schiacciarci.
    Più deboli vedranci, più la pressione sarà forte.

    Nell’imminente guerra razziale ad alta intensità, le umiliazioni serviranno a dimostrare, a loro stessi e a noi, che loro non sono inferiori e che noi non siamo superiori e che, anzi, loro sono superiori e noi siamo solo bestiacce meritevoli di essere spiaccicate.

    La nostra terrificante debolezza ecciterà al massimo la loro crudeltà.

    1. Il giornale Wired è collaborazionista del genocidio.

      Perché la “razza bianca” di Fontana non è in pericolo (e anche se lo fosse non ci sarebbe niente di male)
      “Non possiamo accettare tutti gli immigrati che arrivano: dobbiamo decidere se la nostra razza bianca devono continuare a esistere o devono essere cancellate”, ha detto il candidato leghista alla Regione Lombardia Attilio Fontana. Ecco cosa dice la scienza a riguardo

      di Massimo Sandal

      Razzismi e teorie del complotto vanno regolarmente a braccetto. L’ultimo esempio è di domenica 14 gennaio, quando il candidato alla Regione Lombardia del centrodestra, il leghista Attilio Fontana, ci ha deliziato con la seguente uscita: “Non possiamo accettare tutti gli immigrati che arrivano: dobbiamo decidere se la nostra etnia, la nostra razza bianca, la nostra società devono continuare a esistere o devono essere cancellate” (per poi correggere il tiro: “È stato un lapsus, un errore espressivo, intendevo dire che dobbiamo riorganizzare un’accoglienza diversa che rispetti la nostra storia, la nostra società”). È l’ennesimo risorgere di una vecchia idea cospiratoria, quella del genocidio bianco. L’idea che dei poteri occulti stiano cercando di distruggere la purezza razziale europea e in particolare portare all’estinzione la razza bianca (che scientificamente non ha senso, come vedremo dopo), vuoi fomentando l’immigrazione, vuoi diminuendo le nascite permettendo l’aborto. La sua declinazione attuale più diffusa è la teoria del Piano Kalergi, ma è un classico dei movimenti di estrema destra in tutte le sue forme. È una paranoia che ha delle conseguenze culturali e politiche molto reali nel mondo occidentale. Ma ha senso?

      Partiamo con quello che c’è di vero. È vero che la natalità in Europa è bassa, abbastanza bassa da far sì che la popolazione, se non viene rimpolpata dall’immigrazione, sia in decrescita. Le popolazioni di Germania e Italia, senza immigrazione, nel 2050 diminuerebbero rispettivamente del 18% e del 16%, per esempio. Visto che l’immigrazione nei paesi europei coinvolge una percentuale significativa di etnia non-europea, potremmo pensare quindi che sia in atto un rimpiazzo della popolazione.

      Guardando i numeri il quadro però è un po’ diverso. È difficile trovare numeri e previsioni sulla composizione etnica europea ma, visti anche i timori del leghista medio, un buon parametro sostitutivo può essere la percentuale di popolazione di religione islamica prevista nel tempo in Europa, secondo questo studio del Pew Research Center. L’Islam non è una razza, ovviamente, ma è abbastanza pacifico che un buon numero dei migranti islamici in Europa sia di etnia non europea, e rappresentano il 53% dell’immigrazione in Europa. Ora, prima il dato attuale: nonostante sia facile sentire in giro neologismi fallaciani come Eurabia, la percentuale di islamici in Europa non superava, nel 2016, il 5%, con una punta dell’8,8% in Francia. Secondo le previsioni, anche nel caso di più elevata immigrazione – praticamente un continuo flusso di rifugiati in aggiunta alla migrazione normale – la percentuale in Europa nel 2050 si attesterebbe sul 14% (con una punta del 30,6% in Svezia; l’Italia ne ospiterebbe un medio 14,1%, meno di Francia, Germania o Regno Unito). È un cambiamento demografico e culturale non banale: ma è ben lungi da una sostituzione (senza contare che anche gruppi etnici con una storia assai tormentata, come gli ebre, hanno mantenuto una certa identità genetica: non si vede perché alle etnie di origine europea non debba accadere). Sembra probabile, semmai, che lentamente vada a mescolarsi e diluirsi la componente etnica minoritaria all’interno di quella maggioritaria. Certo, se assumiamo, come si faceva ai tempi della segregazione razziale in Usa, una one-drop rule (regola della goccia di sangue) per cui chi non era di pedigree 100% bianco era automaticamente considerato meticcio, la razza pura diminuirà.

      E qui si entra nel vivo, ovvero il delicatissimo concetto di razza. Discuterlo richiederebbe più di un libro, ma qui ricordiamo giusto un paio di punti fondamentali. Il primo è che il concetto di razza, biologicamente, è problematico. Si tende a semplificare con “le razze non esistono”, di norma per intendere che non esistono, oggi, sottospecie o rami evolutivi ben definiti di Homo sapiens. È vero anche che, in generale, la variazione genetica all’interno di un singolo gruppo etnico è assai maggiore della differenza genetica media tra gruppi etnici diversi. Questo non vuol dire che non abbia senso nessuna distinzione geografica: i nostri occhi non ci ingannano vedendo che un islandese e un nativo australiano sono piuttosto diversi, fisicamente. Considerando numerosi geni è possibile correlare certe combinazioni di caratteri genetici alla provenienza geografica. Quello che si ricava però è un continuum genetico di popolazioni che sfumano l’una nell’altra senza confini netti, e non necessariamente divise lungo le demarcazioni che culturalmente chiamiamo razza. Per esempio, la grande maggioranza della diversità genetica umana è in Africa: due popoli africani possono facilmente essere più diversi geneticamente fra loro di italiani e cinesi. Più in generale, vari popoli di pelle scura come aborigeni australiani, nativi delle Andamane o Bantu sono completamente indipendenti fra loro, anche se ai nostri occhi appaiono neri.

      Allo stesso tempo, culturalmente il concetto di razza bianca è assai malleabile. È un concetto che nasce tra il 16esimo e 17esimo secolo, e che di volta in volta ha incluso o escluso popoli diversi, o li ha inclusi su piani diversi. Per vario tempo i popoli asiatici sono stati considerati bianchi, mentre per esempio in Usa italiani, ebrei o perfino gli irlandesi occupavano una sorta di terra di mezzo in cui erano considerati sì bianchi, ma razzialmente inferiori ai bianchi di origine teutonica o anglosassone. I nazisti consideravano i pallidi slavi una razza inferiore da soggiogare. Anche se oggi un rifugiato siriano medio non ha un aspetto particolarmente diverso da quello di un europeo, per Attilio Fontana sono un problema per la sopravvivenza della “razza bianca”. Come si vede, non c’è niente di oggettivo in tutto ciò.

      Ma la vera questione, a un certo punto, è: che differenza fa? Poniamo anche che un domani, come il protagonista del film L’uomo caffellatte (Watermelon Man, 1970) ci si svegli tutti neri. Cambierebbe qualcosa di significativo? Geneticamente non cambierebbe quasi nulla. Saremmo tutti umani come prima, e faremmo le stesse cose di prima. E per chi ama la diversità, la mescolanza di geni tra popolazioni diverse non creerebbe un mélange indistinto. Al contrario, aumenterebbe la quantità di combinazioni genetiche, creando letteralmente una maggiore diversità nella popolazione. E la maggiore diversità biologica tende a essere un vantaggio: le popolazioni che si ostinano a rimanere pure, riproducendosi solo al loro interno, tendono a soffrire di problemi genetici. Quindi state tranquilli: la nostra razza non è in pericolo. Ma anche se lo fosse, non ci sarebbe niente di male.

      1. Ecco il parossismo della follia.
        Sembra di leggere Orosio o Berto Ricci.

        Ma la vera questione, a un certo punto, è: che differenza fa? Poniamo anche che un domani, come il protagonista del film L’uomo caffellatte (Watermelon Man, 1970) ci si svegli tutti neri. Cambierebbe qualcosa di significativo? Geneticamente non cambierebbe quasi nulla [menzogna, avremmo i geni degli africani]. Saremmo tutti umani come prima, e faremmo le stesse cose di prima. E per chi ama la diversità, la mescolanza di geni tra popolazioni diverse non creerebbe un mélange indistinto [ecco qui il parossismo. Il meticciamento crea proprio questo: un mélange indistinto, saremmo tutti marroncini e, alla fine, vista l’inarrestabile ascesa demografica subsahariana, negri tanto quanto i camerunensi] . Al contrario, aumenterebbe la quantità di combinazioni genetiche, creando letteralmente una maggiore diversità nella popolazione. E la maggiore diversità biologica tende a essere un vantaggio: le popolazioni che si ostinano a rimanere pure, riproducendosi solo al loro interno, tendono a soffrire di problemi genetici [altra menzogna. Le popolazioni pure sono le più forti e longeve]. Quindi state tranquilli: la nostra razza non è in pericolo. Ma anche se lo fosse, non ci sarebbe niente di male.

        Non c’è niente di male nel distruggere quelle differenze che dichiarano di amare.

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        L’umanità è fatta di mescolanze: come insegnano le culture mediterranee, caraibiche, sudamericane, il meticciato rappresenta un destino ineluttabile: non da subire passivamente, bensì da considerare come un’occasione imperdibile per una decisa apertura alla diversità e alla scelta. È il momento di promuovere l’essere transculturale, la nuova mobilità planetaria, di affrontare il nostro tempo con strumenti interpretativi adatti, senza alcun timore. Nessuno perderà la propria identità, al contrario la rafforzerà e la celebrerà [altro culmine di demenza], attraverso il processo di ibridazione. Questo saggio, in una nuova edizione ampliata e rivista destruttura, anzi decolonizza la nostra mente, e prova a pensare per nuove categorie. Partendo dalla storia si intraprende un percorso che si pone come il ‘manifesto del meticciato contemporaneo’: una riflessione cruciale per il nostro tempo, un’affilata antropologia dell’in-differenza.

        1. Cambierebbe qualcosa di significativo?

          Cambierebbe che verrebbe annientato il nostro popolo, popolo dalla civiltà millenaria.

          1. Ma la vera questione, a un certo punto, è: che differenza fa?

            Che differenza fa se 50 milioni di Italiani vengono annientati?
            Che differenza fa se il nostro popolo dalla civiltà millenaria viene annientato completamente e per sempre?

            Anziché uccidere versando il sangue, i nuovi sterminatori uccidono facendo versare agli africani e agli asiatici l’altro liquido impuro.

    2. una riflessione cruciale per il nostro tempo, un’affilata antropologia dell’in-differenza.

      Antropologia dell’in-differenza.
      Alla fine si tradiscono.
      Vogliono renderci tutti indistinguibili.
      Tutti in-differenti.

      Non può riconoscersi né nel padre né nella madre.
      Il meticcio è permanentemente apolide.

      Vogliono rendere irreversibile la condizione di massima vulnerabilità, quella stessa in cui e per cui gli Ebrei sono stati annientati.

      ”Agli occhi di molte correnti del movimento sionista, la caduta di Masada sigillava in maniera simbolica più di duecento anni di storia del popolo ebraico, dalle guerre di indipendenza sotto la guida dei Maccabei alla conquista romana, culminata con la distruzione del Tempio e la successiva diaspora. La vicenda di Masada serviva da cesura ideale tra la sicurezza data da uno stato autonomo, quando il popolo ebraico era stato padrone del proprio destino, e la caducità della diaspora, in cui gli Ebrei per duemila anni sono stati vittime di persecuzioni e massacri culminati nella Shoah.
      La caduta di Masada simboleggiava la fine dell’indipendenza ebraica. La rocca di Erode assurgeva a simbolo collettivo della volontà del movimento sionista di rinnovare la creazione di uno stato ebraico nella Terra di Israele, proposito che si sarebbe realizzato solamente nel 1948. Idealmente, i fondatori del sionismo si collegavano ai protagonisti delle sfortunate rivolte contro i Romani e, scavalcando duemila anni di dispersione, ne assumevano l’eredità. I valori libertari di eroi vissuti duemila anni prima divennero la fonte di ispirazione dei pionieri, gli haluztim. Per creare una nuova società egualitaria e dare agli Ebrei di tutto il mondo una patria, essi erano venuti dalle inospitali lande dell’Europa orientale, dove era endemico l’odio per l’ebreo, eterno diverso e straniero nella terra che abitava.”

      Samuele Rocca, Mai più Masada cadrà. Storia e mito della fortezza di Erode, Salerno Editrice, 2021, pagina 11.

      «Gerusalemme distrutta, il tempio raso al suolo, gli Israeliti dovettero rinunziare alla vita nazionale, per dare al mondo una religione pura. Portando in mano la Bibbia, andarono per tutta la terra, per soffrire ed insegnare; portandola come una fiaccola, errarono per cacciare le tenebre e schiarire le notti degli altri».
      Jacques Faitlovich, Gli Ebrei d’Abissinia
      jstor.org/stable/41282358

      Dovunque gli Ebrei giungessero, sconosciuti, soffrivano violenza improvvisa ineluttabile gratuita, poiché privi, in quanto apolidi, di protezioni.

      Dobbiamo guarire dalla pazzia di Orosio, il quale, subito dopo essere fuggito in Africa dall’invasione visigotica dell’Iberia, si dichiara orgogliosamente apolide:
      «L’ampiezza dell’Oriente, l’abbondanza del Settentrione, le fertilissime sedi delle grandi isole hanno le mie leggi e il mio nome, poiché romano e cristiano giungo tra romani e cristiani. […] Un unico Dio, che ha voluto quest’unità del regno per i tempi in cui gli è piaciuto manifestarsi, da tutti è amato e temuto; le medesime leggi, sottoposte a un unico Dio, regnano ovunque; dovunque giungerò, sconosciuto, non avrò da temere violenza improvvisa come chi è senza protezione. Tra romani, come ho detto, romano, tra cristiani cristiano, tra uomini uomo, mi appello allo Stato in base alle leggi, alla coscienza in virtù della fede, alla natura in nome dell’uguaglianza.»
      Storie contro i pagani, V, 2, 6.

      Dobbiamo guarire dal culto dell’apolidìa.

      ”La banlieue ha inoltre già una sua mitologia cinematografica di film furbetti sulla violenza poliziesca nelle periferie, da L’odio di Mathieu Kassovitz (1994) a I miserabili, di Ladj Ly (2019). Curiosamente, in queste pellicole non si vedono mai nordafricani fracassare di botte un povero cristo bianco che ha incrociato il loro sguardo su un bus (lo psichiatra infantile Maurice Berger, in Sur la violence gratuite en France,ha dimostrato che nell’Esagono avviene un atto di violenza gratuita ogni due minuti, in gran parte per mano di adolescenti di origine magrebina).”
      Adriano Scianca, Se li coccoli gli immigrati straripano. L’esempio della Francia lo dimostra, La Verità, Venerdì 10 Giugno 2022, pagina 14.

      Siamo apolidi perché siamo vulnerabili a violenze improvvise ineluttabili e gratuite.
      Gli Amon Goeth nostrani, molto più feroci dell’Amon Goeth tedesco, hanno fatto invadere la Nazione da milioni di Amon Goeth africani e asiatici, molto più feroci dell’Amon Goeth tedesco.

      L’Europa occidentale è una nuova Plaszow, una nuova Ausch witz.

      Ambuliamo, sconosciuti, nella nostra stessa patria o in quel territorio che una volta era la nostra patria.
      ”Tu te ne vai a spasso per la tua patria,
      o meglio, non in patria,
      perché la patria l’hai perduta.”

      Gerolamo, Epistole.

      Siamo molto più erranti dell’Ebreo errante.
      Siamo in una condizione molto peggiore di quella in cui e per cui gli Ebrei sono stati annientati.

  2. “…Salvini deve decidere se vuole davvero salvare l’Italia dall’invasione, e allora mettere al primo punto del programma del prossimo governo l’abrogazione dei i ricongiungimenti familiari, oppure fingere di farlo chiudendo i porti: perché nel secondo caso ci sarà solo un rallentamento nel processo di sostituzione etnica…”: Salvini non ha deciso e non deciderà una beata minchia. Ha candidato Iwobi al Senato per le politiche 2018, messo ai primi posti di lista per farlo eleggere, quindi è favorevole alla sostituzione etnica al pari di tutti gli altri.

    Islamizzata e negrizzata nell’arco di 50 anni. Penso che nessuno, sul finire degli anni sessanta, poteva davvero immaginare che saremmo precipitati così tanto nella merda. Ed eccoci qui invece, intere zone del paese, soprattutto le regioni del Nord e del Centro, infestate dalla presenza afroislamica. E in regioni come Lombardia e Veneto la Lega ci ha messo del suo accontentando i padroni delle fabbrichette che volevano solo manodopera straniera a basso costo. E oltre alle fabbriche, la snazionalizzazione ha colpito le scuole a causa dei ricongiungimenti familiari.

    Nessuno osa lamentarsi per timore di accuse di “razzismo” e preferisce subire in silenzio. Non può vietare alla propria figlia frequenti un ne(g)ro, altrimenti sarebbe un lurido “razzista”, quando in realtà se lo facesse significherebbe che tiene al suo onore e alla sua dignità.

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