Immigrato islamico intercettato: “Appena arrivo in Italia farò una strage”

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Profugo islamico pianificava stragi in Italia: a capo cellula di immigrati

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“A breve uscirò, vedrai cosa facciamo là fuori”. Anche dal carcere, il “maestro” prometteva sangue e vendette in nome di Allah. Nadeem Raan, uno dei pakistani fondamentalisti arrestati dalla Digos di Genova nell’operazione contro la cellula jihadista Gabar, incoraggiava i suoi complici anche dalla prigione. Durante la detenzione in Francia, l’uomo riusciva a disporre di uno smartphone con cui attivava pure videochiamate con i suoi uomini. Da dietro le sbarre, li istruiva e li rassicurava, con un’attenzione particolare proprio all’Italia. Nel nostro Paese, infatti, la cellula islamista avrebbe dovuto radicarsi e diffondersi “per rendere di nuovo grande il nome di Gabar”.

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Dalle numerose conversazioni avvenute tra Nadeem Raan e Yaseen Tahir, considerato dagli investigatori il capo della cellula italiana, gli investigatori hanno ricostruito le trame che i fondamentalisti stavano tessendo anche sul territorio nazionale, seguendo una sorta organizzazione gerarchica. Nadeem, ricorda infatti il gip Silvia Carpanini nell’ordinanza di custodia cautelare firmata per 14 fondamentalisti, era “capo del gruppo Gabar, promotore delle iniziative e della sua diffusione anche in Italia, dove, tornato libero, intende dare sostegno a Tahir”.

“Appena esco mi farò sentire a Parigi. Sono un uomo coraggioso nei momenti difficili e ora che sono usciti i miei fratelli e a breve uscirò io… Vedrai cosa facciamo là fuori”, assicurava “Peer il maestro” (così veniva soprannominato Nadeem) dalla Francia. Al contempo, nelle conversazioni ascoltate dagli inquirenti, Tahir lo invitava a essere prudente, non solo al telefono. Più volte il referente italiano sottolinea la differenza tra il sistema penale francese e quello nel nostro Paese, ritenuto più rigido. “Se tu picchi una persona con un bastone qui in Italia ti arrestano e ti condannano per almeno 10 anni”, dice Tahir. Poi avverte il capo: “Qui in Italia non puoi creare un gruppo come in altri posti e non puoi fare quello che vuoi, qui se ti scoprono sei fottuto”. Al contempo, però, non intende rinunciare al progetto fondamentalista. “Avremo un gruppo Gabar qui in Italia e uno in Spagna a Barcellona” e “poi troviamo una nostra tana”, afferma.

In un’altra conversazione, Tahir aggiunge ancora: “Qui la polizia non lascia tossire, qui sono più rigidi”. Ma il maestro dal carcere rassicura il suo complice. “Non ti preoccupare, le volte che poi verrò in Italia farò di tutto”. Nadeem viene effettivamente scarcerato il 18 febbraio di quest’anno e sul suo profilo scrive “Gabbar Raan”, cioè Gabar è tornato. Così, la rete che aveva contatti con lo jihadista di Charlie Hebdo era pronta a colpire ancora, anche nel nostro Paese. Per il giudice Carpanini, infatti, la cellula italiana “era effettivamente attiva e vitale”.

Non è che in Francia abbiano risolto molto, a giudicare dal numero di stragi islamiche. Perché non è un problema di sicurezza, ma automatico.




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