In Italia concorso per “Miss Velo”, alle italiane: «Velatevi se non volete essere stuprate» – VIDEO

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Potremmo chiederci chi ha dato il permesso per questo evento. Ma sarebbe un errore di fondo, dobbiamo invece chiederci: perché sono tra noi? Perché non li rimandiamo a casa loro?

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A suon di operai a basso costo per le loro fabbrichette, gli ‘imprenditori’ leghisti’ hanno trasformato il lombardo-veneto in una fogna multietnica.

Assia Belhadj, che i media definiscono ‘italo-algerina’ e che si definisce “attivista per i diritti umani” ed è presidente dell’associazione Movimento delle donne musulmane d’Italia, ha promosso il primo concorso di miss per ragazze col velo.

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La bizzarra kermesse “Regina con il Hijab. Sii l’esempio”, rivendicata come primo caso europeo nel suo genere, si è svolta sabato scorso a Cinisello Balsamo e ha incoronato due velate, una per la categoria 14-18 anni e l’altra per la categoria 19-25 anni. Scandaloso.

Il premio in palio era un viaggio a La Mecca. «Rivolta alle ragazze della seconda generazione, nate e cresciute in Italia», come si legge sulla locandina, la manifestazione è stata presentata come un momento per «sostenere le ragazze velate a causa delle grandi sfide che stanno affrontando nelle società europee». Ma è davvero così?

I criteri di valutazione delle candidate a diventare “miss velo” non erano estetici, ma legati a «vestibilità dell’hijab secondo i criteri musulmani, comportamento della ragazza che lo indossa e sua integrità». Mariam Eloziri di Abbiategrasso, studentessa 23enne di Farmacia al terzo anno all’Università di Pavia e vincitrice della sua categoria, intervistata da La Stampa ha spiegato che «l’ambiente e gli abiti rispettavano fedelmente la nostra cultura e durante il concorso ho molto apprezzato che non si puntasse affatto sulla bellezza. A turno ci hanno chiesto quali fossero i nostri valori e perché portassimo il hijab, facendo attenzione al tipo di abbigliamento».

Il velo, ha aggiunto la ragazza, «non è solo un pezzo di stoffa, ma ciò che mi identifica quando esco di casa. È il simbolo delle mie origini e della mia religione, non un ostacolo alla vita o un atto di sottomissione come spesso si crede. Mettere il velo per me significa avere fiducia in me stessa e in Allah».

Esplorando un po’ i video del canale di Belhadj, che si rafforza la sensazione iniziale che il concorso “Regina con il Hijab” sia in realtà proprio quello che sembra: un’operazione di proselitismo, nella quale per altro insistono retropensieri anti-occidentali piuttosto preoccupanti. «O Profeta, dì alle tue spose, alle tue figlie e alle donne dei credenti di coprirsi dei loro veli, così da essere riconosciute e non essere molestate», è la sura riportata come didascalia di un video postato a settembre e cantato in arabo, ma con scritte in sovraimpressione che riportano il versetto. Una invocazione che specie oggi, alla luce dei fatti di Peschiera del Garda – e dei precedenti dei capodanno di Milano e Colonia – dà veramente molto da pensare.




9 pensieri su “In Italia concorso per “Miss Velo”, alle italiane: «Velatevi se non volete essere stuprate» – VIDEO”

  1. Visto che i vostri fazzoletti vi identificano quando uscite di casa, ebbene il nostro crocifisso deve stare dove sempre è stato, che a contrario vostro, non è solo del legno, ma il sacrificio di Gesù che ha compiuto anche per voi. Se uno non crede comunque lo si lascia lì, in quanto simbolo di una civiltà.
    Se le donne occidentali sono tutte “prostitute”, perché non velate e questo non vi piace, “prendetevi su ed andate in altri paesi”, in modo tale che la smettiamo di finanziare anche con le mie tasse, la vostra riproduzione. È ora di smettere di dare solo privilegi, senza nulla in cambio. Chi viene qui lavora, rispetta le leggi, persone, usanze, religione e paga le tasse. Non gli piace? Vada in un altro paese.
    La frase tra le virgolette è tradotta dal mio dialetto e significa andare via.

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