Prato, tutte le imprese cinesi sono illegali ma non le chiudono

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La presenza di cinesi nelle attività economiche è un cancro che si estende e che degrada il tessuto sociale costringendo poi le imprese italiana ad una corsa verso il basso in sicurezza e diritti dei lavoratori. E qualcuno poi muore.

Dalla sicurezza sui luoghi di lavoro a violazioni di tipo amministrativo fino al lavoro nero. Ci risiamo: non c’è una ditta – soprattutto a conduzione cinese – controllata nel distretto industriale di Prato che sia completamente in regola. E’ quanto emerso dalla nuova tornata di controlli eseguiti dalla sede centrale dell’Ispettorato sul lavoro di Roma che, ciclicamente, torna in città per passare al setaccio confezioni e aziende manufatturiere. E come accaduto un paio di mesi fa, anche a questo giro le magagne sono state molte.

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Su 18 imprese controllate sono emerse irregolarità in tutte. È il bilancio diffuso dopo i controlli effettuati dalla task force contro lo sfruttamento lavorativo e il caporalato dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl). In particolare, spiegano dalla sede centrale di Roma, “nel corso degli accessi sono state verificate le posizioni lavorative di 128 operai del settore, otto italiani e 120 provenienti da Paesi extra-Ue. Gli accertamenti ispettivi sono tuttora in corso anche se, per alcune aziende, sono già state riscontrate violazioni sia amministrative che in materia di sicurezza sul lavoro”.

I controlli, proseguono dall’Inl, “hanno portato a 14 sospensioni delle attività imprenditoriali per lavoro nero, alcune anche per motivi di sicurezza. Già nella prima fase è stato riscontrato sfruttamento lavorativo ai danni di almeno quattro lavoratori; due imprenditori di nazionalità extracomunitaria sono stati denunciati”.

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L’attività di vigilanza straordinaria è proseguita per due settimane e ha visto impegnati personale dell’Inl proveniente dagli Ispettorati di Roma, Rimini, Varese, Verona, Cagliari e Brindisi e mediatori culturali messi a disposizione dall’organizzazione internazionale per le migrazioni.

I controlli eseguiti nelle ultime settimane fanno parte del piano triennale voluto dal governo e chiamato “Alt Caporalato!”. A girare i controlli si estendono in tutti i distretti industriali di Italia anche se a Prato viene riservata una posizione di primo piano visti i precedenti tragici e le tante inchieste che hanno portato a scoprire diverse situazioni di sfruttamento lavorativo.

Quest’ultima è la terza tornata di verifiche eseguite da un paio di anni a questa parte. E come le altre volte, lo schema si è riproposto sempre identico.

Ad esempio, nell’agosto scorso, l’attività di vigilanza straordinaria ha interessato principalmente la zona del Macrolotto e ha riguardato 64 aziende manifatturiere gestite soprattutto da orientali, risultate tutte irregolari. Nel corso degli accertamenti furono controllate le posizioni di 570 operai, di cui 394 provenienti da paesi extra Ue. Per 250 di loro, furono riscontrati illeciti per lavoro nero, violazioni in materia di orario di lavoro e di sicurezza. Quattro imprenditori vennero arrestati per l’impiego di clandestini. Un caso limite che dimostra come la situazione non sia affatto in miglioramento nel distretto parallelo pratese che continua a essere un covo di illegalità nonostante gli enormi sforzi profusi a partire dal rogo del Macrolotto nel 2013.