Dà confidenza a immigrato e lui la stupra a Milano

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Studentessa stuprata da marocchino in zona Bocconi: clandestino già fermato ma rilasciato prima dello stupro

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In un Paese civile una ragazza non accetta di fumare una sigaretta con un marocchino.

Per Stefania (nome di fantasia), era la sera della tanto attesa rimpatriata con due ragazzi e una ragazza conosciuti nel 2019 in Inghilterra, durante l’ultimo anno di liceo all’estero. L’aperitivo alla Terrazza Duomo e la reunion nella stanza d’albergo in zona Colonne affittata da uno dei quattro per il weekend. Poi, però, la notte si è trasformata in un incubo per la diciannovenne studentessa fuori sede, violentata da un uomo incrociato casualmente per strada. Quell’uomo, secondo le indagini dei carabinieri del Nucleo operativo della Compagnia Duomo, è il ventinovenne marocchino Youssef Safieddine, fermato sabato in via Montegani: lui ha negato (“Non violenterei né ucciderei mai nessuno”) davanti al gip Alessandra Cecchelli, che ha convalidato il provvedimento firmato dal pm Rosaria Stagnaro e disposto la custodia cautelare in carcere.

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La storia inizia alle 3 del 6 febbraio: Stefania è alla fermata del tram in viale Bligny, lì l’hanno accompagnata due dei tre amici con cui ha trascorso la serata. La diciannovenne si accorge che il primo mezzo pubblico passerà tra 30 minuti, e così, nell’attesa, fuma una sigaretta. Accanto a lei ci sono un signore sulla cinquantina, che si allontana poco dopo, e “un ragazzo di circa 25 anni” che le si avvicina e le chiede in inglese l’accendino. “Io glielo davo, lui si accendeva la sigaretta e poi mi chiedeva se volevo andare a fumare nella via limitrofa”, cioè via Rontgen, davanti alla Bocconi. “Io accettavo – prosegue il racconto ai militari guidati dal capitano Gabriele Lombardo e dal tenente Vincenzo Del Latte – e di conseguenza camminavamo a piedi, recandoci in via Rontgen come detto da lui. Durante il tragitto, vedendo che non si voleva fermare e che mi stava portando sempre più lontano dalla fermata, gli dicevo che non volevo allontanarmi in quanto volevo prendere il tram. Lui non mi ascoltava e mi strattonava per portarmi più lontano”. Saffiedine si siede sul cofano di una macchina rossa e prova a baciare la diciannovenne, che si rifiuta e si gira per andarsene. Il marocchino la afferra per i fianchi, la scaraventa contro l’auto e ne abusa. Minuti interminabili, forse ne passano due. Stefania riesce a divincolarsi, e proprio in quel momento vede due fidanzati che stanno rincasando. “Quando passavo, lei mi guardava dritto negli occhi e io intuivo che c’era qualcosa che non andava”, metterà a verbale l’uomo della coppia. Che torna indietro fingendo di aver dimenticato qualcosa e ferma i due. Lei dice di aver perso il telefono; lui lo tratta in malo modo (“Cosa vuoi? Perché ti immischi?”), gli mostra il dito medio e si allontana. L’uomo soccorre Stefania, che descriverà come “visibilmente ubriaca e non cosciente del tutto”, e la fa salire in casa: lì la diciannovenne scoppia a piangere e racconta di essere stata violentata. Parte la chiamata al 112: la ragazza viene portata alla Mangiagalli, i carabinieri ascoltano i testimoni e acquisiscono le immagini delle telecamere della zona. Dai filmati emergono alcuni fotogrammi decisivi: si nota l’abbigliamento del presunto stupratore, in particolare un giubbotto nero e verde.

Un altro elemento determinante arriva dallo smartphone di Stefania, che probabilmente è stato rubato dal marocchino: l’ultima cella agganciata lo colloca in via Borsi alle 21.59 del 6 febbraio. I militari in borghese passano al setaccio la zona dei Navigli: in viale Gorizia si imbattono in un uomo molto simile alle descrizioni e gli scattano una foto da lontano. Quel volto, inserito nel programma C-Robot, è compatibile al 96,88% con quello di Youssef Safieddine, fotosegnalato nell’ottobre 2021 e con un precedente per ricettazione. L’altra prova che incastra il marocchino è il palmo della sua mano destra, isolato dagli specialisti della Sezione investigazioni scientifiche del Nucleo investigativo di via Moscova sul cofano dell’auto rossa. Infine, i riconoscimenti: per la vittima, in una scala da 1 a 10, la foto che le viene mostrata in un album è somigliante al violentatore all’8,5. L’uomo che l’ha soccorsa è ancor più sicuro: “Ho fotografato nella mia mente la sua faccia”. È lui. I militari lo scovano ai giardinetti dello Stadera, a due passi dallo stabile di via Savoia dove condivideva un solaio con altri stranieri. Ora è a San Vittore.




4 pensieri su “Dà confidenza a immigrato e lui la stupra a Milano”

  1. le donne occidentali sono il ventre mollo dell’europa.
    loro gli islamici fanno arrivare qui i piu bellocci per farli accoppiare ,im modo tale da farle diventare islamiche.
    li fanno lavorare nelle zone di forte passsaggio,in modo da poter agganciare facilmente le prede.

  2. Poi saranno le stesse che avranno deriso e dileggiato assieme alle amiche lo sprovveduto bianco che aveva osato far loro la corte.

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