Ucraina, il presidente-comico chiede di trattare a guerra persa. Putin: “Prima la resa”

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Dopo avere trascinato l’Ucraina nella guerra, il presidente-comico ucraino Voldymyr Zelensky inizia a chiedere alla Russia e al suo presidente Vladimir Putin di negoziare. Coi carri armati russi sotto il palazzo presidenziale di Kiev.

In nuovo videomessaggio, Zelensky ha detto: “Voglio fare appello ancora una volta al presidente della Federazione russa perché si sieda al tavolo del negoziato e fermi la morte delle persone”. Dal canto suo, la Russia è pronta a negoziare se Kiev “depone le armi”, ha detto il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, nel corso di un punto stampa. “Siamo pronti per i negoziati, in qualsiasi momento, non appena le forze armate ucraine ascolteranno la nostra richiesta e deporranno le armi”, ha spiegato all’indomani dell’inizio dell’offensiva russa in Ucraina. Sulla possibilità di negoziati è poi intervenuto anche il presidente Vladimir Putin: “La Russia è disponibile a condurre negoziati di alto livello con l’Ucraina”, ha detto nel corso di un colloquio telefonico con il leader cinese, Xi Jinping. “Gli Stati Uniti e la Nato hanno a lungo ignorato le ragionevoli preoccupazioni della Russia in materia di sicurezza, hanno ripetutamente rinnegato i loro impegni e hanno continuato a far avanzare il dispiegamento militare verso est”, ha detto Putin a Xi, secondo quanto riferito dall’emittente Cctv.

“La Russia intanto risponderà alle nuove sanzioni economiche introdotte da Stati Uniti e Unione europea in risposta all’intervento militare contro l’Ucraina, ha anticipato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov precisando solo che l’intensità delle contromisure dipenderà “dall’analisi che verrà fatta delle sanzioni Occidentali, difendendo, come unico principio, i nostri interessi”.

“Non possiamo riconoscere l’attuale governo dell’Ucraina come democratico”, ha detto ancora il ministro. “Abbiamo tentato la soluzione diplomatica di questa crisi”, ha detto in una conferenza stampa il capo della diplomazia russa, secondo cui l’operazione militare lanciata da Mosca vuole “ripristinare un ordine democratico” a Kiev. “Noi siamo per la liberazione dell’Ucraina dal militarismo e dal neonazismo”.

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L’Occidente “ha chiuso gli occhi” davanti ai “crimini di guerra” commessi dalle forze di Kiev e ha negato il genocidio da loro compiuto nelle due autoproclamate Repubbliche di Luhansk e Donetsk, nell’est dell’Ucraina, ha puntato il dito il ministro degli Esteri russo, citato dall’agenzia di stampa Sputnik. I Paesi occidentali “hanno chiuso gli occhi davanti ai crimini di guerra contro la popolazione civile, agli omicidi di donne, bambini, anziani, alla distruzione delle infrastrutture civili e hanno incoraggiato in silenzio il rapido emergere del neonazismo e della russofobia (in Ucraina, ndr), che alla fine ha fatto precipitare il Paese nel suo attuale stato tragico”, ha detto Lavrov.

Il ministro degli Esteri ha poi criticato l’Occidente per aver “negato all’unanimità” che un “genocidio” fosse in corso in Ucraina per mano delle forze di Kiev nelle due regioni separatiste, riconosciute da Mosca lunedì scorso.

Sergei Lavrov ha avuto colloqui con esponenti separatisti a Mosca sull'”operazione militare” lanciata dal Cremlino in Ucraina. A darne notizia è stato il ministero degli Esteri di Mosca, precisando che il capo della diplomazia russo ha ribadito la linea del suo governo secondo cui l’attacco era necessario per liberare le aree separatiste dell’Ucraina orientale dall'”oppressione” di Kiev. Lavrov ha incontrato il viceministro degli Esteri dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk Sergei Peresada, e il ministro degli Esteri dell’autoproclamata Repubblica popolare di Luhansk, Vladislav Deinego, è stato reso noto.

Secondo quanto riporta l’agenzia Interfax, Lavrov ha affermato che la popolazione nelle aree ribelli è stata oggetto di “bombardamenti da parte del regime di Kiev” e ha sostenuto che c’era un “genocidio” in corso in queste aree e che le prove sarebbero state presentate alle Nazioni Unite. Accuse sempre respinte da Kiev e considerate dall’Ucraina e dai paesi occidentali propaganda intesa a creare un pretesto per giustificare l’invasione.