Finché il sistema dell’immigrazione non verrà militarizzato e ogni suo aspetto sottratto alle grinfie della magistratura ordinaria, l’Italia non sarà al sicuro. Non possiamo continuare a subire l’invadenza ideologica di procure il cui unico scopo è mettere a repentaglio la sicurezza nazionale.
L’ultima delirante notizia arriva da Torino dove, come noto, la procura aveva appaltato a sedicenti richiedenti asilo alcune funzioni.
La stessa procura è ora a caccia di poliziotti.
Continua e si allarga l’inchiesta sul Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Torino, avviata in seguito al suicidio di un delinquente, il clandestino Moussa Balde, 23 anni, della Guinea, avvenuto il 23 maggio dello scorso anno.
Altri quattro poliziotti sono infatti indagati per le accuse, a vario titolo, di sequestro di persona e falso, in relazione alle vicende di altri clandestini, ospitati nel Cpr. Sale così a nove il numero degli agenti coinvolti nell’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo e dal pubblico ministero Rossella Salvati. In pratica la magistratura torinese si schiera coi compagni dei centri sociali e con la rete eversiva che incita i clandestini ad incendiare il centro:
«Noi contestiamo in toto l’ipotesi accusatoria — spiega l’avvocato Roberta Sisimbro, difensore di un poliziotto, ora in pensione — perché prima di disporre qualsiasi spostamento nel cosiddetto ospedaletto (poi chiuso, ndr) il mio assistito ha sempre chiesto, e il tutto avveniva per l’incolumità sanitaria della persona». E ancora, in merito all’accusa di sequestro: «L’ospedaletto non è altro che una serie di unità abitative, non celle chiuse a chiave». Quando, nei giorni scorsi, i colleghi della Squadra mobile hanno notificato gli avvisi di garanzia, e gli inviti a comparire, «è stato un fulmine a ciel sereno». Dopo un’impeccabile vita con il distintivo, aggiunge il legale: «È andato in pensione dopo 40 anni di carriera senza mai una censura: per svolgere al meglio il proprio compito aveva anche studiato l’arabo».
A fine dicembre, al Cpr di corso Brunelleschi c’era stata anche una perquisizione e il sequestro di alcune mail scambiate da agenti e funzionari dell’ufficio immigrazione della questura. Avviata l’inchiesta dopo il suicidio di Moussa Balde, la Procura si è poi focalizzata sulle condizioni — vergognosamente fatiscenti — del centro oltre che su protocolli e procedure alla base della gestione degli ospiti dello stesso Cpr. L’obiettivo della perquisizione e dei sequestri era quello di andare alla ricerca di elementi relativi ai reati ipotizzati, soprattutto alla luce dei primi interrogatori resi dai poliziotti, difesi tra gli altri dagli avvocati Luca Marta e Carmelo Scialò. Del resto, al di là dell’azienda che gestisce il centro in virtù dell’appalto della prefettura, dietro al funzionamento del Cpr c’è una non semplice organizzazione e, forse, pure altre responsabilità: un ufficio per l’ordine pubblico, uno per la vigilanza e quello dell’immigrazione (della questura). Era stata l’attività dei magistrati, indirettamente, a portare alla chiusura dell’ospedaletto, la struttura utilizzata per «l’isolamento sanitario» degli immigrati, da anni duramente criticata dalle stesse associazioni che hanno causato le rivolte e gli incendi.
Proprio nell’ospedaletto si trovava Moussa Balde, arrivato a Torino dopo essere stato protagonista di diversi reati a Ventimiglia.
La stessa procura:
Toghe rosse graziano i figli degli immigrati che hanno saccheggiato Torino: “Hanno solo rubato”
Spataro: “No legittima difesa, perseguire chi odia i migranti”
Io avrei usato il flagellum….Una frusta con palline di piombo attaccate alle estremità…Scarnificante,educativa.