Naso rotto, tre denti persi e testa spaccata dall’africano ma lei finanzia le Ong: “Continuerò a mandare soldi”

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Irrecuperabile. O quasi.

«Quando mi guardo allo specchio rivedo quell’uomo, rivedo tutta la scena». Maria Grazia, 65 anni, vive da sola in un appartamento a Sesto Fiorentino. È in pigiama e pantofole, la televisione accesa su Raiuno, i medicinali sparsi sul tavolo. Al polso ha ancora il braccialetto dell’ospedale, il suo volto è tumefatto, rosso, gonfio di lividi. L’occhio destro non si apre più, tre denti (gli incisivi superiori) sono saltati, sul mento ci sono 4 punti, sull’occhio 3. Però Maria Grazia è una donna forte. «I miei genitori mi hanno insegnato che quando si cade, poi ci si rialza». Non piange: «Non sono abituata a piangere di fronte ad altre persone, però quando sono sola sì, certo che piango, resto sul divano e mi scendono le lacrime, davanti a me scorre sempre quella scena di domenica mattina».

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Domenica mattina Maria Grazia stava andando a lavorare, come sempre. «Faccio le pulizie in un negozio del centro di Firenze, mi alzo alle 4.45 ogni mattina. E come ogni mattina, anche domenica avevo parcheggiato l’auto nel viale Fratelli Rosselli, poi mi sono incamminata verso il centro passando per via Alamanni nei pressi della stazione». Sono le 6.30, Maria Grazia è al telefono con la sorella: «Stavamo parlando di un matrimonio al quale ero invitata, quando improvvisamente un uomo africano si avvicina e mi colpisce con due pugni sul volto. Mi prende in un occhio, poi in bocca, il telefono cade a terra, urlo disperata, chiedo aiuto ma non passa nessuno, mi passa tutta la vita per la mente, poi altre manate, mi spinge a terra, cerco di mettere le mani all’indietro per non cadere con la nuca, mi sfila la borsa e scappa, tremo di terrore». Maria Grazia è distesa a terra, il sangue dal naso, ma si rialza, resta lucida, ferma una macchina che passa, chiede aiuto, poi arrivano i soccorsi, il trasferimento all’ospedale Santa Maria Nuova mentre i carabinieri rintracciano e arrestano l’uomo che risulta essere gambiano, senza fissa dimora. Il 2 febbraio scorso era stato denunciato per un’aggressione a un’altra donna nella stessa zona e nel marzo 2017 era stato arrestato per tentato omicidio in provincia di Isernia.

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Adesso Maria Grazia è qui, nella sua casa in attesa delle visite delle amiche. «Provo tanta rabbia, rabbia per tutto quello che è successo e che forse non doveva succedere. Come può una donna che va a lavorare subire un’aggressione del genere nel centro di Firenze? Perché tanta violenza?» Maria Grazia non ha risposte: «Adesso ho la testa vuota». Però ha le idee chiare: «Quell’uomo aveva aggredito un’altra donna pochi giorni prima, non aveva documenti, mi chiedo allora perché era libero di girare per strada».

E pensare che lei, i migranti li ha sempre compresi: «Ho sempre fatto solidarietà, ogni mese mando soldi in Africa con Save the Children, non credo che questo episodio mi farà cambiare idea sui migranti, ci sono quelli buoni e quelli cattivi, come succede per gli italiani: quelli buoni devono essere integrati, ma quelli cattivi dovrebbero essere puniti e non dovrebbero avere la libertà di aggredire una donna indifesa in mezzo alla strada. Forse è il sistema che non funziona».

Il sistema non funziona perché ci sono quelli come te che finanziano le ong come Save the Children, sotto inchiesta per il traffico di clandestini.

Però Maria Grazia è stanca e non vuole fare troppe riflessioni difficili. «Non so se la colpa è dei giudici, dei politici o del sistema di integrazione, vorrei soltanto che questi lividi sul volto se ne andassero via. Appena sarò guarita, dovrò andare dal dentista per farmi rimettere i denti». E poi c’è l’otorino, e l’oculista. È consapevole che la sua voce, la sua storia, il suo volto martoriato possano essere testimoni dell’insicurezza delle nostre città. «Però vi prego — dice rivolgendosi ai politici che leggeranno la sua storia — adesso non venite in processione sotto casa mia per portarmi solidarietà, ormai quel che è stato è stato».

Ovviamente mai dire che la colpa è degli invasori.




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