Musulmano: “Ho stuprato più di 200 donne, era una mia necessità”

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Lo Stato islamico non esiste quasi più come entità territoriale, ma come organizzazione terroristica esiste nelle nostre città, in mezzo ai milioni di immigrati che vivono nelle nostre case popolari: ed è peggio, perché così sono tra noi.

fact_icon“Ho stuprato più di duecento donne infedeli”, confessava Amar Hussein, islamico. Membro dello Stato islamico catturato due anni fa durante la battaglia di Kirkuk.

Amaar Hussein, 22,  an Islamic State member sits at his prison cell  in Sulaimaniya , Iraq February 15, 2017. REUTERS/Zohra Bensemra

Hussein, intervistato, non mostrava alcun segno di pentimento. Per lui, musulmano, era normale abusare sessualmente delle donne infedeli: yazidi e cristiane. Erano gli stessi comandanti islamici che incitavano i miliziani a violentare tutte le donne infedeli che desideravano: perché lo stupro è un’arma di sterminio etnico, oltre che una tragedia per chi lo subisce.

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Pensateci, quando leggete i dati degli stupri in Italia: per gli immigrati è un simbolo di dominio etnico sugli occupati. Pensateci quando leggete quello che hanno fatto in piazza Duomo: è la stessa cosa. E’ la stessa guerra.

“E’ una necessità per i ragazzi. E’ normale”, ha ammesso durante l’intervista a Reuters, ricordando come gli islamici del Califfato, durante la loro avanzata nel nord dell’Iraq, appena conquistavano una città di infedeli si dedicassero agli stupri sistematici delle donne cristiane e yazide casa per casa.

Per questo combattente islamico anche le esecuzioni con un colpo alla testa o le decapitazioni erano un aspetto “normale” della vita da jihadista: “Sette, otto anche dieci alla volta – ha proseguito – li portavamo nel deserto e li ammazzavamo”.

Questi ora sono tornati in Europa. Dove sono nati. Molti di loro sono sempre stati tra noi. E sono migliaia. Insieme a milioni di complici che la pensano come loro. Non è un problema di sicurezza: è un problema demografico.