“Italia di merda”, ecco i rapper islamici che guidano i figli degli immigrati alla rivolta

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“Italia di merda”, dicevano durante la guerriglia a Milano i figli degli immigrati. “Italia mafiosa”, il rapper islamico che li ha guidati e che insieme ad un collega è stato arrestato per rapina.

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Rapine ai danni di coetanei. E’ questa l’accusa nei confronti dei rapper islamici Baby Gang e Neima Ezza, arrestati da polizia e carabinieri, insieme a un terzo immigrato diciotto anni su ordine su ordine del gip di Milano. Nell’ordinanza, eseguita ieri tra Milano e Sondrio, il gip Manuela Scuderi ha disposto la misura cautelare in carcere per Baby Gang mentre Neima Ezza e l’altro ragazzo sono finiti agli arresti domiciliari. Le indagini, coordinate dal pm Leonardo Lesti e condotte dagli agenti dell’ufficio prevenzione generale soccorso pubblico della questura di Milano e dai militari della compagnia di Pioltello, hanno consentito di ricostruire gli episodi durante i quali gli arrestati, avvicinando le vittime forti della superiorita’ numerica e delle minacce, si facevano consegnare denaro, gioielli e altri effetti personali. Ma chi sono questi due rapper figli di immigrati? Sono dei criminali di seconda generazione, l’esemplificazione e la punta di diamante delle centinaia di nordafricani che hanno stuprato le ragazze in piazza Duomo a Milano.

Arrestati i rapper islamici Baby Gang e Neima Ezza: hanno messo a ferro e fuoco Milano

Baby Gang, nome d’arte di Zaccaria Mouhib, è un rapper marocchino nato in Italia e quindi divenuto ‘italiano’ alla maggiore età, che ha vissuto tra Lecco e Milano. Infatti, è nato a Lecco nel 2001 per poi trasferirsi successivamente nel capoluogo lombardo.

Emergenza figli di immigrati, diventano ‘italiani’ a 18 anni e poi stuprano

A soli 21 anni, ha trascorso una buona parte della vita facendo dentro e fuori da carceri minorili e dalle comunità per minorenni. Quando è fuori si ritrova comunque Daspo, divieti di accesso come quello per tre anni da alcuni comuni della riviera romagnola ( Cattolica, Misano Adriatico, Riccione, Rimini e Bellaria Igea Marina), e in questa estate 2021 è stato destinatario di un Daspo dai locali della Città Metropolitana di Milano per “pericolosità sociale”, da Sondrio, dove vive ora, e anche da Lecco. Quest’ultimo è arrivato a causa del videoclip della canzone “Lecco city” – brano da oltre 1milione e 500mila visualizzazioni su YouTube – in cui lui e centinaia di immigrati hanno impugnato armi e sparato in aria nel quartiere residenziale di Santo Stefano. Il 10 aprile del 2021 a Milano, per ‘registrare un videoclip’ musicale con Neima Ezza, ha radunato ‘circa 300 immigrati nella zona di San Siro.
E il tutto, poi, si era concluso con un lancio di oggetti contro le forze dell’ordine.

Neima Ezza, nome d’arte di Amine Ezzaroui, è un giovane 19enne nato in Marocco e cresciuto a Milano, nella zona delle case popolari di San Siro e Baggio. Insomma: voi pagate e loro rapinano a spese vostre.

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Neima Ezza è finito al centro di un caso per il raduno di circa 300 immigrati “chiamati” tramite i social e il passaparola per partecipare a un suo video musicale in zona San Siro a Milano. Poi guidati da lui e altri rapper islamici in una guerriglia contro polizia e dei carabinieri. All’arrivo delle forze dell’ordine, che intendevano disperdere l’assembramento, i nordafricani hanno reagito con urla, insulti e lancio di sassi e bottiglie.

Lo scorso maggio, infatti, i due hanno pubblicato una canzone il cui titolo, oggi, assume un significato ben preciso: Rapina. “Mio fra’ che magna se non metto il passamontagna, eh? Lo buttano in gabbia pensando che il ragazzo cambia, ma Esce, fra’, con più rabbia. Italia corrotta è mafia, lo Stato fornisce e poi dopo ci butta in gabbia”, si legge nella prima strofa. In considerazione del fatto che sono stati arrestati per aver derubato dei loro gioielli alcuni giovani in zona Colonne di San Lorenzo a Milano, fa riflettere la parte in cui cantano “senza pane né denti, brutto figlio di puttana. Ti leviamo i gioielli, ti stacco quella collana”. D’altronde, il disclaimer in testa al video parla chiato: “Tratto da una storia vera”

Ci sono poi insulti di vario tipo, che prendono di mira anche il politicamente tanto caro alla sinistra italiana, che coccola i giovani come loro: “Al tuo amico grosso lo metto in ginocchio. Non fa più il grosso davanti a un mitra, sta zitto in silenzio, come un finocchio, ehi”. Il testo è la giustificazione dell’atto illegale, ultima spiaggia per sopravvivere. Così cantano i due quando dicono: “Non è per moda come i bimbiminchia, che lo fanno per moda, per me era bisogno. Mancava la moolah, a casa la muffa. Non funziona stufa, Baby, fra’, si stufa. Esce e fa rapina, porta una denuncia”.

Il testo continua su questa falsa riga ma va guardato con attenzione anche il video di questa canzone, girato in parte su un treno di Trenord che da Lecco (città d’origine di Baby Gang) porta a Milano e in parte in zona San Siro. Ed è proprio questa seconda parte a dare maggiormente la misura della levatura morale di questi due giovani, da molti loro coetanei assunti come modelli.

Nel video si vede un gruppo di giovanissimi, per la maggior parte stranieri o di origine straniera, che a un certo punto lancia oggetti contro degli uomini in divisa. Trattandosi di un videoclip musicale si potrebbe pensare che si tratti di finzione, invece no. Lo scorso aprile, infatti, Zaccaria Mouhub e Amine Ez Zaaraoui hanno radunato a San Siro circa 300 persone, tutti ragazzi per girare il videoclip: appuntamento nel quartiere popolare Aler, la zona in cui vive prorio Neima Ezza. Era aprile, gli assembramenti eran vietati per le norme contro i contagi Covid e alcuni residenti hanno chiesto l’intervento delle forze dell’ordine, che sono arrivate in tenuta antisommossa pr disperdere i giovani. Al loro arrivo, i carabinieri sono stati accolti dal lancio di bottiglie, di pietre e di bastoni.

Queste stesse immagini si ritrovano nel videoclip Rapina, riprese dai telegiornali che hanno raccontato il grave episodio e dall’interno. E anche nel testo si trovano riferimenti a questo episodio: “Tocchi il mio frero? Finisce male. Baby rimane, galera o ospedale. Peso quaranta, ma, moi je m’emballe. Ora tutti che ci vogliono copiare e non va bene, se no in tele dicono che sono un criminale. Tengo addosso, fra’, due pistole e non sono manco un pubblico ufficiale”. Ovviamente, nel testo della loro canzone, non mancano gli insulti alle forze dell’ordine: “Dammi notifica più la denuncia. Fuck la polizia, faccia da pusher. Hai le palle piccole? Prova col push-up. Ezza non ringhia, Ezza colpisce. San Siro-Lecco, San Siro-Lecco. Ci leccano il culo, ci vogliono adesso. No parla tanto, no guarda tanto, non sento tanto, fuck al commissario. Ora passiamo in tele ma solo su TG”.

Per quell’episodio di San Siro sono stati indagati sia Zaccaria Mouhub che Amine Ez Zaaraoui, nonostante loro non abbiano attivamente preso parte alle aggressioni. Le loro case sono state perquisite e insieme a loro sono stati iscritti nel registro degli indagati altri giovanissimi, quasi tutti nati a Milano ma di origine magrebina. L’episodio aveva alzato il livello di allarme dalle parti della questura. Infatti, benché nessuno sia fortunatamente rimasto ferito in quell’occasione, a stupire gli inquirenti era stata la rapidità con la quale era stata organizzata la rivolta violenta contro gli agenti.

Di recente è uscito l’ultimo singolo di Amine Ez Zaaraoui, si chiama Banlieue e anche in questo caso i riferimenti alla vita criminale, che nel suo caso non sono solo il frutto di una narrazione culturale ma quasi un’autobiografia, sono evidenti. “Vogliono condannarci, non hanno prove. Si nasce poveri, ma non si muore. Ho fatto del male per stare bene e ho venduto morte insieme a Bene. Non mi puoi far male, no non mi puoi toccare. Giravamo in centro, strappavo le collane”, canta Neima Ezza in Banlieue, canzone in cui alterna frasi in italiano ad altre in francese.

Per i due è stato emesso un provvedimento di custodia cautelare. Secondo il gip che l’ha firmato, Amine Ez Zaaraoui ha “la personalità di chi assume un ruolo di comando nel gruppo criminale” mentre Amine Ez Zaaraoui ha un “profilo di pericolosità sociale” anche perché ha usato “un’arma” e “minacce gravi”. Per il gip, sono “soggetti” abituati a compiere “reati contro il patrimonio” e che hanno una “particolare spregiudicatezza sintomo di una concreta pericolosità sociale”.

E’ evidente il problema figli di immigrati per le regioni del nord. Una vera e propria emergenza che non si risolve con la fantomatica ‘integrazione’, mai riuscita nemmeno in Francia dopo ormai un secolo, ma con le espulsioni di massa di questa feccia.




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