Sbarcato a Lampedusa: “La mia famiglia è ricca, sono un migrante sognatore”

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Dicono che sui barconi salgono i disperati. E’ falso. Ci vogliono i soldi per farsi traghettare a casa nostra.

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Come il giovane immigrato che guidava il corteo sotto l’abitazione in cui il sindaco di Riace Mimmo Lucano era agli arresti domiciliari lo scorso anno, con un megafono in mano e la bandiera arrotolata sulla fronte. Intonava “Bella ciao”.

Lo stesso che l’8 e il 9 dicembre dello stesso anno era a Marrakech a rappresentare l’Italia alla due giorni dello Youth Forum organizzato dall’Unicef alla vigilia della Conferenza Intergovernativa sul Global Compact. Lui, africano, rappresentava l’Italia.

Lui si chiama Kader Diabate, ha 20 anni e una storia che lo ha portato dalla Costa d’Avorio a Corato, in Puglia, passando attraverso la Libia e il viaggio sul gommone nel Mediterraneo.

“Sono un migrante sognatore”, ha raccontato.

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In che senso sognatore?

“Nel senso che sono partito dal mio Paese per la voglia di libertà e di coltivare il sogno di ribellarmi contro ogni forma di ingiustizia. In Costa d’Avorio non c’è la guerra, non me ne sono andato per quello. Non sono nemmeno un migrante economico, anzi: la mia famiglia ha una cultura molto alta. Mio zio è un insegnante di filosofia e a 13 anni leggevo Karl Marx e Victor Hugo. Ero un attivista già nel mio Paese”.

Insomma, come tutti i finti profughi il figlio di una famiglia ricca che viene a farsi mantenere in Italia. Sono questi gli ospiti che arrivano in gommone.

“Era giugno del 2016, avevo 17 anni. Volevo raggiungere il Burkina Faso e lì fermarmi. Il fratello di un conoscente che era con me, però, ci ha chiesto di andare in Libia: a quel tempo in una parte del Paese si viveva bene e c’era lavoro. Mentre cercavamo di raggiungerlo siamo stati intercettati e arrestati: ho trascorso una settimana in carcere a Sabha”.

Dal 2016 è stato mantenuto dagli italiani a Riace. Uno dei ‘ragazzi’ di Mimmo Lucano.

“Salvini ha convinto la gente che tutti i problemi dell’Italia si riassumano nella questione immigrazione. Ma in quanti sanno che dei famosi 35 euro al giorno ai migranti a me ne arrivano solo 2,50 mentre il resto serve a pagare le spese e gli stipendi dei lavoratori italiani che si occupano di noi? […] ho conosciuto una insegnante di inglese, Daniela Maggiulli, che mi ha quasi adottato dopo la fine dell’esperienza nello Sprar. È diventata come una mamma”.

Ma infatti. Pagare il vitto, l’alloggio, la scheda telefonica e chi ti fa le pulizie e il letto (a questo servono i 35 euro) non era darti soldi. No no no.




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