Il COVID non era adatto alla strategia di sostituzione etnica, perché eliminava gli anziani lasciando in vita i giovani. In un certo senso era un problema, perché è lo squilibrio giovani-anziani ad attrarre immigrazione.
Ma ora sono usciti i dati dei morti totali dell’Osservatorio Europeo sulla Mortalità (EuroMoMo), che da decenni raccoglie e pubblica i dati dei decessi totali (per tutte le cause). Per l’anno in corso mostra che in Europa non ci sono mai stati tanti morti sotto i 64 anni come nel 2021.
Per i giovani e per la popolazione che lavora e non è pensionata, da 14 a 64 anni quest’anno di vaccinazioni di massa la mortalità è a livelli record: 20mila decessi in più rispetto al 2020 e oltre 31 mila rispetto al 2019.
Il fatto che gli anziani oltre i 74 anni muoiano di meno nel 2021 è coerente con l’effetto della vaccinazione. Che sia così anche per i giovani?
Morire a 40 anni non è la stessa cosa che morire a 80 anni. I biologi hanno anche una denominazione di questa differenza indicata come “anni di vita persi” su cui fanno i calcoli, ma dovrebbe essere un fatto ovvio, anche se viene sempre oscurato nelle statistiche dei “morti Covid”. Se ci sono 20mila morti in più nella fascia da 14 a 64 anni, con una età media, ipotizziamo, di 50 anni, questi equivalgono in termini di “anni di vita persi” a 600 mila morti di età media di 80 anni. Perché bisogna moltiplicare i 20mila morti con età media di 50 anni per gli anni di vita medi persi, che sono 30 anni.
Qualcuno sta facendo spazio.
Bello sarebbe sapere la statistica divisa per vaccinati e non poi, ci sarebbe poco da discutere