La terrorista islamica raccoglieva fondi per portare in Italia le profughe di ISIS

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La ‘nuova italiana’, arrivata in Italia con ricongiungimento familiare, raccoglieva fondi per liberare le prostitute di ISIS dai campi siriani e portarle in Italia come profughe. Insomma, lavorava, la terrorista, come le Ong. E come ha fatto il governo portandoci 5mila afghani.

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La vita di Bleona Tafallari, la 19enne arrestata con l’accusa di far parte dell’associazione terroristica “Leone dei Balcani”, è tutta raccontata nel suo telefono: dalle foto in cui si immortala con il guanto nero dell’Isis e tiene alzato il dito indice nel tipico gesto del “Tahwid” (a significare che Allah è l’unicoDio) alla traduzione del famoso libro sulle “44 vie”, una sorta di guida per i “mujiaheddin” aderenti alla formazione terroristica di “Al Qaeda”. Ma è sui social e nelle chat che cercava di divulgava il materiale propagandistico in cerca di nuove “reclute”. In una chat con una ragazza di 16 anni Bleona Tafallari aveva augurato alla giovane di avere un matrimonio “bagnato dal sangue dei miscredenti” ed un marito con “capelli lunghi e barba” insieme al quale morire da martire: “Che dio possa fare in modo che accada”, le aveva scritto. Nella chat le due ragazze si chiamavano “Leonesse”, un chiaro riferimento della loro appartenenza all’organizzazione “Leone dei Balcani”, inserendo nei loro messaggi più volte le bandiere dell’Isis sotto forma di emoticon.

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Tutto era ben organizzato e studiato: in altre chat su Whatsapp, Snapchat e Telegram organizzava anche raccolta fondi per cercare di liberare le donne nel campo di detenzione di Raqqa, in Siria, dove io curdi, dopo la caduta del Califfato, aveva fatto prigionieri gli appartenenti all’Isis e i loro famigliari. In una chat di Telegram tra il 31 agosto e il 3 settembre la 19enne aveva scambiato messaggi con una donna, nota con il nickname “Ummxx: nei messaggi Bleona le aveva offerto supporto morale e sostegno finanziario nel caso avesse voluto tentare la fuga. Si legga: “Sei nel campo ora giusto? Quanto costa andare via? Hai bisogno di soldi, come potrei aiutarti?”. Nella cronologia del telefono la 19enne aveva cercato la traduzione dall’italiano all’inglese della frase “sto raccogliendo soldi per la causa”, dimostrazione che la giovane stava cercando di finanziare attività e aiutare persone vicine allo Stato Islamico. Il suo obiettivo restava uno solo: spronare a unirsi alle milizie del Califfato i giovani musulmani che vivono dei Paesi Occidentali. Come? Inviando messaggi e video che custodiva nella galleria del suo computer: file di immagini simboli dello Stato Islamico, di combattenti militari e di azioni terroristiche poste in essere da musulmani radicalizzati in Europa, tra gli ultimi video quello del massacro compiuto dai fratelli Kouachi a Parigi il 7 gennaio del 2015 nei locali che ospitava la rivista “Charlie Hebdo”.

La Procura nell’ordinanza di applicazione della misura cautelare in carcere aveva anche evidenziato il ruolo della donna oggi all’interno del Califfato: la donna è impegnata a svolgere attività di proselitismo, divulgazione di materiale propagandistico, educazione dei figli al combattimento per l’Islam, il sostegno nella lotta per la Jihad, la facilitazione dei contatti tra i membri maschili per i quali sono già note attività di investigazione in corso. Dalla disfatta dell’Isis del 2018 e l’uccisione nel 2019 dello sceicco Abu Bakr al-Baghdadi le donne però sono state chiamate anche all’azione: la crisi dell’Isis ha spinto le donne a diventare anche loro martiri. Per questo non è più esclusa una loro partecipazione più diretta alle azioni militari.

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2 pensieri su “La terrorista islamica raccoglieva fondi per portare in Italia le profughe di ISIS”

  1. Brava BEONA, ovviamente loro sono terroristi, l’islam “è cosa buona e giusta” e non accetta violenza, peccato che i terroristi lo facciano in nome di Allah.

  2. Quando dipenderà da noi, le cagne bastarde islamiche-vere come questa implicate in attività terroristiche, le legheremo nude a un tavolo inclinato, infileremo loro in bocca un imbuto di adatte dimensioni, attraverso il quale somministreremo loro due volte al dì per una settimana delle buone sorsate di urina di majale; indi, le chiuderemo in una robusta gabbia metallica insieme ad almeno otto grossi cani feroci (tenuti prima a digiuno per una decina di giorni).
    Poi, quel che ne resterà di esse lo sotterreremo insieme a qualche osso di majale in una fossa accuratamente orientata secondo la direzione “nord/sud”. Il sito ricoperto sarà infine convenientemente irrorato con urina di majale.
    Di tutto il trattamento, verranno effettuate dettagliate riprese cinematografiche complete di sonoro e di sottotitoli tradotti in arabo classico. Tale documentazione sarà tosto trasmessa ai Governi di tutti i Paesi islamici del Pianeta.

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