Lasciò 230 mila euro alla parrocchia: tutti spesi in droga dal parroco pro-migranti

Vox
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Purtroppo è pieno di chiesaiole senza figli che lasciano eredità milionarie alla Chiesa. Un errore grave. Perché tra tanti parroci per bene, ci sono purtroppo molti che li usano per i propri interessi. E, ancora peggio, molti li usano per mantenere in Italia un esercito di scrocconi afroislamici.

Non lasciate soldi a chi li usa per distruggere la terra che vi ha cresciuti.

Ad esempio, sul prete pro-migranti protagonista di questa vicenda:

Arrestato un altro prete dei migranti, spacciava droga dello stupro

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Un’intera eredità destinata alla parrocchia della Castellina: 230 mila euro versati come da disposizioni della donna defunta circa due anni fa nelle casse della piccola chiesa. E letteralmente bruciati da don Francesco Spagnesi per acquistare cocaina e droga dello stupro in pochi mesi.

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Persino gli investigatori, con la delicatezza e il riserbo che devono dedicare al caso, non riescono a spiegarsi le quantità in questa vicenda. Innanzitutto quelle del denaro che don Francesco riusciva a spendere esclusivamente nella droga (non sono presenti tracce di lusso nella sua esistenza): alla somma ricevuta in eredità dalla parrocchia recentemente e sperperata velocemente si devono aggiungere gli ammanchi da decine di migliaia di euro segnalati dalla Misericordia pratese, di cui il prete è stato Correttore; oltre che le continue donazioni private che il parroco chiedeva e otteneva dai suoi fedeli accampando scuse legate alle necessità di famiglie bisognose. «Non sto facendo una bella figura, abbiamo preso un impegno», scriveva al parroco il membro del Consiglio «affari economici» della Castellina Gianfranco Marzano solo sette mesi fa. E lo avvertiva, in una situazione che appariva già compromessa: «Ti volevo informare che sul conto corrente sono rimasti circa 120 mila euro. Tieni conto nel 2020 la parrocchia ha incassato oltre 200 mila euro solo dalle vendite degli appartamenti: con questo ritmo di prelievi il conto sarà azzerato prima della fine dell’anno». Le cose, se possibile, sono addirittura peggiorate nei giorni seguenti, con «prelievi giornalieri» del prete sino alla fine di aprile, quando il vescovo gli ha revocato il potere di firma per le operazioni sul conto, oramai prosciugato.

Don Francesco era divenuto da mesi un tossicodipendente grave con una cassa continua a disposizione: quella della parrocchia del quartiere più ricco della città. Usava il bancomat del conto incessantemente e chiedeva per messaggio al membro del Consiglio per gli affari economici di «rinviare i rendiconti». L’inchiesta coinvolge per questo anche il viceparroco della Castellina — don Paolo Ridolfi, di 73 anni — accusato di appropriazione indebita perché, come emerge dalle intercettazioni, proprio a lui si sarebbe rivolto don Spagnesi per approfittare di una parte dei soldi ricavati dalle donazioni durante le funzioni. Il rapporto di fiducia fra i due andava oltre lo spirito di mutuo soccorso che vige all’interno di un ordine: gli investigatori hanno trovato le foto dei festini nella chat che il giovane prete aveva su WhatsApp con il suo vice. Anche per questo, assieme a tutti gli altri elementi di disturbo che il parroco avrebbe potuto portare al proseguo dell’indagine, per don Francesco sono scattati gli arresti domiciliari.

Per lunedì è fissato l’interrogatorio di garanzia: al momento il prete quarantenne è accusato di importazione e cessione di droghe e appropriazione indebita. Gli stessi capi per cui è indagato Alessio Regina, 39 anni, con cui don Francesco intratteneva una relazione e conviveva da molto tempo. L’inchiesta era partita proprio dall’arresto di Regina: era il 27 agosto e lui aveva appena ritirato un litro di Gbl, la cosiddetta droga dello stupro, acquistata on line dall’Olanda. Al suo fianco c’era don Francesco, che da persona informata sui fatti è diventato ben presto l’indagato chiave.




3 pensieri su “Lasciò 230 mila euro alla parrocchia: tutti spesi in droga dal parroco pro-migranti”

  1. Piuttosto meglio lasciarli ad un canile o un gattile.
    È quello che penso quando vedo le pubblicità dei lasciti solidali…servissero ad aiutare gente povera sarebbe utile.
    Invece temo che queste dinazioni finanzino gli enti globalari.

    1. Concordo in pieno, anche perché cani e gatti in genere sono meglio delgi esseri umani, ma temo che con cifre importanti anche lì ci sia qualcuno che se ne approfitta a scapito dei desideri del caro estinto. Forse la soluzione è poco a molti, perché molto a pochi invita con troppa facilità l’appropriazione. Le donazioni dei defunti sono terra di nessuno e non c’è modo di sapere che fine facciano.

      Aneddoto: un tizio della mia zona, attivo nella raccolta cibo per i poveri, porta parte di suddetto cibo, per altro a lunga scadenza, come regalo di natale al medico di base del circondario. Secondo me i destinatari delle carità vedono ben poco della generosità della gente che, una volta pulita la coscienza, non controlla a chi vada.

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