La ritorsione dei fedayyn palestinesi contro l’Italia per la violazione del “lodo Moro” che permetteva ai terroristi di Arafat libera circolazione in Italia. E’ l’ipotesi più probabile per l’orribile strage di Bologna del 1980. Il tuto poi coperto dai cattocomunisti per non turbare l’opinione pubblica scaricando la colpa sui soliti ‘fascisti’.
L’attentato alla stazione centrale di Bologna, a quaranta anni di distanza, sembra essere stata la prima strage rosso-islamica in Italia: un accordo tra i servizi segreti del colonnello libico Gheddafi, l’Fplp di George Habash e l’Organizzazione dei Rivoluzionari Internazionalisti di Carlos, la primula rossa del terrorismo rosso internazionale legatissima ai primi due.
Una sorta di prima collaborazione tra quello che oggi vediamo così evidente a livello politico e sociale: la saldatura tra estremisti islamici e di sinistra.
Carlos riceveva dalla Libia grandi soldi e anche armi ed esplosivi (probabilmente quantitativi di C4). A Tripoli tra la fine di maggio e la prima metà del luglio 1980 (cioè a ridosso dell’attentato alla stazione centrale di Bologna) soggiornarono Carlos, e uno dei suoi maggiori luogotenenti, Johannes Weinrich.
Il 12 luglio 1980 da una relazione informativa della Stasi (cioè il controspionaggio della Ddr, la Germania orientale), basata su un’intercettazione, si rileva che Carlos in data giugno 1979 prese contatti col dirigente dei servizi palestinesi Abu Ayad (il vero nome era Salah Khalaf), cioè il numero due (dopo Arafat) di Al Fatah.
Un uomo di Carlos pernottò a Bologna la notte del 1º agosto (cioè il giorno precedente la strage). Si chiamava Thomas Kram. Era un libraio di Bochun, ma anche un esperto di esplosivi (secondo quanto si legge in un mandato di cattura della Corte federale di Germania del dicembre 2000). Egli dirigeva le “Revolutionäre Zellen” (le Cellule rivoluzionarie di Berlino), i cui capi in gran parte erano confluiti nelle fila dell’Organizzazione dei rivoluzionari internazionalisti fondata e diretta da Carlos.
Negli Atti parlamentari si può leggere che secondo i rappresentanti dell’ex Pci nelle commissioni parlamentari d’inchiesta sul terrorismo, Kram non aveva alcun legame con Carlos. Falso. Kram era non solo legato a Carlos, ma occupava addirittura il settimo posto nella regia di comando della sua organizzazione.
Tre giorni dopo l’attentato a Bologna, cioè la sera del 5 agosto, Kram tentò di entrare a Berlino Est anticipando l’arrivo nella stessa città (ma con provenienza da Budapest) di J. Weinrich. Costui, prima di legarsi a Carlos (diventandone il suo braccio destro) era stato un dirigente delle Cellule rivoluzionarie.
Alla moglie di Carlos, Magdalena Kopp, è attribuita la redazione di un rapporto interno dedicato proprio alla strage del 2 agosto 1980 a Bologna.
La prova che i palestinesi dell’Fplp si siano rivolti a Carlos per affidargli l’esecuzione di una vendetta per la violazione del “lodo Moro”, dopo che il governo italiano aveva rifiutato la loro richiesta di liberare Abu Saleh Anzeh, viene dal vicedirettore della seconda divisione «R» del Sismi (1° novembre 1979 – 30 giugno 1981), che era addetto a ricevere le informative provenienti dal capocentro del Sismi a Beirut, colonnello Stefano Giovannone. Si tratta del generale Silvio Di Napoli.
Nel corso di una deposizione, resa l’8 ottobre 1986, al magistrato veneziano inquirente (sul traffico di armi tra l’Olp e le Brigate rosse) Carlo Mastelloni, dichiarò: “Ricordo che, dopo gli arresti degli Autonomi e del giordano, il Giovannone fu veramente preoccupato per le reazioni palestinesi e suggerì, dopo che i predetti furono condannati, di adottare forti riduzioni di pena. Preso atto di tanto il Fplp fece richiesta di clemenza; diversamente sarebbero ripresi gli attentati in Italia anche senza la loro etichetta”.
Di pugno di Mastelloni è la dichiarazione finale dello stesso Di Napoli:
“Dopo la prima condanna inflitta agli autonomi e al giordano pervenne da Giovannone l’informativa secondo cui il Fplp aveva preso contatti col terrorista Carlos. Ciò avallò la minaccia prospettata da Habbash”, cioè di attuare una rappresaglia contro l’Italia per avere disatteso, e anzi platealmente violato, il “lodo Moro”.
Kram ha dichiarato alla stampa tedesca di avere incontrato Carlos almeno 3-4 volte. Una volta avvenne a Budapest alla fine di ottobre del 1980, ma dal passaporto di Kram si deduce che egli entrò nel territorio della Ddr, dove operava Carlos, almeno una sessantina di volte. Nel dicembre 1987 Kram optò per la clandestinità, e vi rimarrà per 19 anni.
Non solo la Strage di Bologna. La Stasi, in un rapporto interno in data 18 gennaio 1985, ha ascritto a Carlos “l’attentato dinamitardo sul treno Bologna-Firenze del 23.12.1984”. In Italia si suole chiamarlo la strage del Rapido 904, che causò 17 morti e 257 feriti. Ma che è stata dimenticata dalla memoria di Stato per ovvi motivi.
Dell’Olp, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina di Arafa, faceva parte anche l’Fplp, l’organizzazione diretta da George Habash, che si può considerare di estrema sinistra. Tutte queste organizzazioni islamiche ‘laiche’ si sono poi evolute nel terrorismo islamico di oggi.
In Italia (prima a Perugia e poi a Bologna, dove faceva finta di essere uno studente universitario) aveva un proprio esponente in stretto contatto con George Habash, che era alla testa dell’Fplp. Era di origine giordana e si chiamava Abu Saleh Anzeh. Fu in contatto, per un verso, con Carlos e, per un altro verso, col colonnello Stefano Giovannone, un esponente del Sismi legatissimo a Moro. Avevano in comune l’interesse per la soluzione del problema arabo-israeliano e la creazione di uno stato palestinese accanto a quello di Israele.
L’ARRESTO DIETRO LE MOTIVAZIONI DELLA STRAGE – Il 13 novembre 1979 Abu Saleh Anzeh fu arrestato in Italia (e poi condannato) per avere collaborato, con esponenti romani di Autonomia operaia (Daniele Pifano, Giuseppe Nieri e Giorgio Baumgartner) al trasporto di due missili terra-aria Sam7-Strela. Erano di fabbricazione sovietica ed avevano come destinazione finale l’Olp. La quale ne rivendicherà la proprietà e per il sequestro pretese dall’Italia un costoso risarcimento.
Del proprio militante, condannato dal Tribunale di Chieti il 25 gennaio 1980, prima l’Fplp e poi lo stesso Arafat, per conto dell’Olp, chiesero l’immediata liberazione, in nome del lodo Moro che garantiva l’impunità dei terroristi islamici palestinesi di passaggio in Italia in cambio di assenza di attentati in Italia, ma neanche l’autorità giudiziaria dell’Aquila, presso la quale l’anno dopo si tenne il processo di appello, volle sentire ragioni.
Non si resero conto del motivo di questa insistenza, che sarebbe aumentata di intensità successivamente. Il gruppo dirigente palestinese era preoccupato, come rivelò il Sisde nel gennaio 1980, del fatto che Abu Saleh Anzeh “conoscerebbe le strutture clandestine del Fronte e i suoi collegamenti politici occulti”.
Di qui la pressione diplomatica su diversi fronti, a cominciare dai paesi arabi, svolta da Habash, ma anche una lucida volontà che “non escluderebbe il ricatto terroristico nei confronti dell’Italia” pur di riuscire a ottenere un provvedimento di assoluzione per il loro agente e di riduzione della pena per i tre autonomi romani. E per i missili sequestrati dalle nostre autorità, l’Fplp chiede il risarcimento del prezzo pagato per il suo acquisto, cioè 60 mila dollari.
In un appunto del Sismi in data 12 maggio 1980 si riferisce una minaccia dei fedayyin. Avrebbero ripreso la propria “libertà d’azione nei confronti dell’Italia, dei suoi cittadini e dei suoi interessi, con operazioni che potrebbero coinvolgere anche innocenti”. Tali erano le vittime bolognesi della strage del 2 agosto.
pazzesco se fosse così ……….ma se ci fossero gli arabi chi è che investiga ????
Nessuno: con il Qatarro di mezzo, poi…
Lo dico sempre: vanno sterminati in casa loro.