Italiana uccisa a martellate e coltellate da due immigrati ma il Pd pensa ai gay

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PORDENONE. Marcella Boraso è morta massacrata da un martello per una collana e alcuni medicinali. Queste le pesanti accuse dalle quali dovranno difendersi Wail Boulaied, 23 anni, e Mohammed Rabih, 22 anni: sono stati rinviati a giudizio per omicidio aggravato, rapina e, nel caso di Boulaied, tentato incendio.

Il processo per l’omicidio della scorsa estate a Portogruaro inizierà l’8 settembre di fronte ai giudici della Corte d’Assise di Udine. Si preannuncia un dibattimento impegnativo, almeno quanto lo sono state le indagini.

Un caso delicato per il quale la Procura di Pordenone si è affidata anche a un esperto del calibro di Luciano Garofano, ex comandante dei Ris di Parma.

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Marcella Boraso, 59 anni, originaria di Padova e che prima di arrivare a Portogruaro aveva vissuto a Udine, tra il 21 e il 22 luglio 2020 era stata trovata morta in una abitazione Ater di via Croce Rossa.

I vigili del fuoco, allertati per un incendio, si erano trovati di fronte il cadavere della donna. Le indagini inizialmente si sono concentrate su Wail Boulaied, che per quattro mesi si è professato estraneo alla vicenda. Fino alla confessione.

Poi gli inquirenti, coordinati dal pubblico ministero della Procura di Pordenone Carmelo Barbaro, erano arrivati a Mohammed Rabih.

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Tutto sarebbe partito, secondo quanto ipotizzato dalla Procura, dall’intenzione dei due di impossessarsi di alcuni beni della vittima. Una collana, nel caso di Rabih, e alcuni medicinali, per quanto riguarda Boulaied. Da qui l’accusa, per entrambi, di rapina aggravata.

È in camera che la 59enne, secondo la ricostruzione degli investigatori, sorprende Rabih. La donna viene aggredita e poi spinta in bagno, dove viene ferita con un coltello e infine colpita a morte con un martello.

Accuse che costano ai due l’imputazione per omicidio doloso aggravato dalla finalità di commettere rapina. Ed ancora, ma solo per Boulaied, il tentativo di incendio perché prima di uscire avrebbe provato ad appiccare il fuoco per occultare le prove dell’omicidio.

Una ricostruzione che ha portato il gup del tribunale di Pordenone, Monica Biasutti, a rinviare a giudizio entrambi, ammettendo la costituzione di parte civile della sorella di Boraso (rappresentata da Lorenzo Favero) e dell’Ater per il tentativo di incendio.

Le difese stanno già mettendo a punto la strategia in vista del processo: nel caso di Boulaied, difeso da Igor Zornitta, l’incapacità di intendere e volere. Si preannuncia una battaglia aspra quella dei legali di Rabih, Gaetano Vinci e Igor Visentin.

«Si sono delineate contraddizioni e lacune nelle dichiarazioni di chiamata in correità da parte di Boulaied», spiega Vinci. Un punto sul quale la Procura si è giocata un asso, depositando la perizia dell’ex comandante dei Ris Luciano Garofano.

Uno dei massimi esperti nella tecnica Bpa, che ricostruisce un omicidio attraverso le tracce di sangue. Secondo Garofano, i rilievi confermano la compartecipazione attiva di entrambi. —




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