Trump assediato da BigTech e toghe di sinistra entra nel social dei dissidenti cinesi Gettr

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Messo al bando da Facebook, Twitter e gli altri principali social media dopo l’assalto al Congresso, il ‘Trump world’ ora sbarca su Gettr, social media creato dal miliardario cinese in esilio, Guo Wengui, da tempo amico e sponsor di Steve Bannon. Originariamente nata come piattaforma, in cinese, per dare voce al dissenso al Partito comunista cinese, negli ultimi giorni Gettr è nato a nuova vita, diventando uno spazio per i sostenitori dell’ex presidente e per la diffusione del messaggio del Maga, il movimento del Make America Great Again con cui Trump intende controllare il partito repubblicano.

Dopo una comunicazione via video, in cinese, di Guo ai vecchi utenti, ieri è stato uno dei consiglieri di Trump, Jason Miller, ad annunciare la nascita di questo nuovo spazio sui social in cui potersi esprimere liberamente, aggirando le regole ed i divieti di Big Tech. L’operazione arriva dopo che Trump, dopo la messa al bando dai social media che sono stati uno strumento essenziale della sua presidenza, ha tentato, senza successo, di lanciare un suo blog.

Intervistato da Politico, Miller ha detto che Guo “non ha nessun ruolo formale” e non ha “contribuito con finanziamenti” né partecipa alla gestione quotidiana della piattaforma. “La fondazione della sua famiglia partecipa al consorzio internazionale di investitori che hanno messo i finanziamenti iniziali”, ha poi spiegato.

In effetti BigTech è molto simile al PCC. Oligarchia corrotta che vuole imporre al popolo una visione distorta della società. Anzi, BigTech è molto peggio, almeno la visione del PCC è patriottica, quella dei sultani di Silicon Valley è legata ad una cabala di schiavisti.

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Donald Trump definisce “una vergogna” le incriminazioni, da parte della Procura di Manhattan, della Trump Organization e del suo direttore finanziario Allen Weisselberg e accusa i magistrati newyorkesi: “Continua la caccia alle streghe politica degli estremisti della sinistra democratica, con New York che ora fa la sua parte”.

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In un’intervista telefonica, l’ex-presidente ha definito Weisselberg, che lavora per lui dagli anni ottanta e come chief financial officer è la persona, esterna alla famiglia Trump, più alta in grado all’interno della società, “una persona straordinaria“. Ed ha accusato i procuratori newyorkesi di aver incriminato il manager nella speranza di poterlo convincere a testimoniare contro di lui: “vogliono che menta contro Trump“.

L’ufficio del procuratore distrettuale di Manhattan ieri ha accusato l’impero immobiliare di Trump di avere operato per 15 anni uno schema di frode fiscale per pagare i suoi top manager, tra i quali appunto Weisselberg. Che è accusato di elusione fiscale sui propri compensi per 1,7 milioni di dollari tra il 2005 ed il 2017, con la società che ha pagato l’affitto del suo appartamento di lusso, le sue spese, la retta di una scuola privata e il leasing della Mercedes.

Inoltre i procuratori sostengono che, in qualità di responsabile finanziario, sia stato lui ad orchestrare medesimi schemi anche per gli altri manager.

Weisselberg, che ieri si è consegnato agli inquirenti, si è dichiarato non colpevole dei 15 capi di imputazione, in cui non si fa nessun riferimento diretto a Trump. Ma è di tutta evidenza che è proprio in quella direzione che puntano i magistrati. Vogliono la testa di Trump a tutti i costi, soprattutto dopo che lui ha fatto sapere che si ricandiderà nella corsa alla Casa Bianca.

D’altra parte questi metodi intimidatori utilizzati dalla sinistra che si definisce democratica per perseguire gli avversari politici attraverso la magistratura sono una costante dimostrata anche in Italia.




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