ITALIA INVASA DALLE MOSCHEE: ALLEANZA TOGHE-PD-CENTRISTI PER ISLAMIZZARE L’ITALIA

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Nel Milanese il sindaco Di Stefano riesce a bloccare la costruzione della moschea: “Sesto non sarà la Mecca d’Italia”. A Pisa, invece, il Tar obbliga il Comune a guida leghista a concedere le autorizzazioni

Ancora una volta, i patrioti dovranno intervenire e salvare l’Italia.

Ovviamente le moschee sono la manifestazione sul territorio del problema. Il problema è la presenza di troppi migranti musulmani. Non dovevano entrare in Italia. Non ne devono più entrare. E molti se ne devono andare, ordinatamente e legalmente.

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Due storie uguali, con al centro le infinite diatribe sulla costruzione della moschea, finiscono in modo diametralmente opposto: una arriva da Sesto San Giovanni (Milano), l’altra da Pisa. Nell’ex Stalingrado d’Italia, da alcuni anni guidata dal centrodestra, il luogo di culto per i musulmani non si farà. Il sindaco leghista, Roberto Di Stefano, lo ha ribadito con un post su Facebook. Nella città della Torre pendente, invece, dopo una battaglia durata anni e svariati ricorsi e carte bollate, il Comune (sempre guidato dal centrodestra) ha fatto marcia indietro: rispondendo a un’interpellanza l’assessore all’Urbanistica ha fatto sapere che a breve verranno concessi i permessi per la costruzione della moschea:

Toghe rosse impongono la moschea a Pisa, Lega contraria e FdI favorevole

“I sestesi possono stare tranquilli”, scrive su Facebook il primo cittadino Roberto Di Stefano.”Lo abbiamo già detto molte volte e ieri lo abbiamo ribadito: a Sesto San Giovanni, con noi, non verrà costruita la moschea. Lo abbiamo confermato anche nel nuovo Piano di governo del territorio approvato ieri sera in Consiglio comunale. Se la sinistra voleva trasformare Sesto San Giovanni nella Mecca del Nord Italia con la grande moschea da 2.450 metri quadrati, noi pensiamo prima ai sestesi e facciamo valere legalità e trasparenza, due valori che – piaccia o meno a Pd e compagni – per noi non sono negoziabili”.

Il sindaco entrando nello specifico chiarisce che “per quanto riguarda la realizzazione di nuovi luoghi di culto, regolari e in massima sicurezza, abbiamo deciso: di fissare a 10 metri l’altezza massima degli edifici, senza minareti; di aumentare del 200% la dotazione dei parcheggi rispetto alla superficie dell’immobile, dunque 1.400 metri quadrati di parcheggi rispetto al volume complessivo di 700 metri quadrati, e considerato che per legge bisogna lasciare libero almeno il 40%, per ottenere il permesso si devono costruire almeno due piani interrati di posteggi; di fissare il volume complessivo a 700 metri quadrati, ovvero massimo 300 persone; di vietare spazi per dopo lavoro, biblioteche, commerciali (come previsto nel precedente progetto)”. E sottolinea: “Con queste linee guida, che rispettano in pieno la legge regionale sulle attrezzature religiose, la grande moschea non vedrà mai luce. I giudici hanno inoltre ribadito che la comunità islamica è decaduta dal permesso di costruire e hanno confermato anche che non ha versato 320.000 euro, un debito contratto coi contribuenti sestesi”. E conclude: “Si mettano il cuore in pace i professionisti della disinformazione di sinistra: con noi Sesto non diventerà mai la Mecca d’Italia!”.

Il caso Pisa
Come dicevamo situazione diametralmente opposta a Pisa. Il consigliere comunale Francesco Auletta (Una città in Comune) scrive su Facebook: “Moschea: il dado è tratto, la sconfitta della Lega è totale. Rispondendo ad una nostra interpellanza, l’assessore Dringoli ha ammesso che la convenzione (con l’associazione islamica, ndr) è stata sottoscritta a fine maggio e a breve, quindi, gli uffici rilasceranno il permesso a costruire. Vince la Costituzione, la destra è sconfitta”. Al di là degli slogan la sconfitta brucerà parecchio alla Lega pisana, che soprattutto con il deputato Edoardo Ziello e l’europarlamentare Susanna Ceccardi a più riprese avevano alzato le barricate di fronte alla possibilità di costruire la moschea all’ombra della Torre.

Per salvare l’immagine il sindaco, Michele Conti, lo scorso 16 aprile spiegò così la decisione del Comune di approvare la convenzione con la comunità islamica: “La delibera è un atto dovuto che dà seguito alla sentenza del Tar che ha accolto il ricorso della comunità islamica di Pisa sulla moschea. Nella motivazione della sentenza si legge che: ‘l’associazione ricorrente è portatrice dell’interesse alla realizzazione di un edificio di culto, l’unico, nel Comune di Pisa, destinato a soddisfare le necessità di quanti pratichino la religione islamica. Si tratta di un interesse particolare in quanto espressamente considerato dall’art. 8 della Costituzione, e riguardante la pratica di una delle religioni più diffuse al mondo, negli ultimi decenni ampiamente praticata anche in Italia’. Pertanto, l’approvazione dello schema di convenzione da parte della Giunta è un atto dovuto che abbiamo assunto oggi ad esito del perfezionamento di alcuni procedimenti amministrativi, trattandosi di un permesso a costruire convenzionato per la realizzazione di opere di interesse pubblico, quali ulteriori stalli di sosta e di un tratto di pista ciclabile”. Dopo questa spiegazione Conti riaffermò la propria linea politica: “La Pubblica Amministrazione si muove attraverso atti nel pieno rispetto delle leggi e queste ci impongono di procedere in una direzione. Se la moschea verrà costruita in un luogo non adatto, sarà altresì facile comprendere a chi intestare le responsabilità di una scelta che riteniamo urbanisticamente infelice, visto che al nostro insediamento erano state già create le condizioni per le quali oggi siamo arrivati a questo atto. Nel 2012, infatti, la maggioranza che sosteneva l’allora sindaco Marco Filippeschi aveva approvato una variante al regolamento urbanistico che prevedeva la costruzione di un luogo di culto in una zona allora destinata a verde pubblico, avviando così un percorso che la sentenza del Tar ha reso irreversibile. Quel terreno venne poi acquistato dall’associazione culturale islamica fra il 2013 e il 2014 e questo nonostante il vigente regolamento urbanistico individuasse molte aree destinate a ‘luogo di culto’ già disponibili senza la necessità di fare una variante ad hoc”.

Com’è possibile, si chiederanno a questo punto i lettori, che una battaglia praticamente identica sia finita in modo così diverso? Sicuramente un ruolo importante lo hanno avuto i giudici del Tar. Che però non hanno fatto altro che richiamarsi alla Costituzione e alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, annullando la delibera del Consiglio Comunale di Pisa (n. 38 del 10 settembre 2019) che negava il permesso a costruire la moschea e il centro culturale nell’area acquistata dalla comunità islamica. Come ha spiegato il sindaco di Pisa il ricorso della comunità islamica ha avuto la meglio perché era stata aperta una breccia, dalla precedente amministrazione (guidata dal centrosinistra), con il via libera alla costruzione del luogo di culto in un’area in cui, in precedenza, era previsto verde. Questa decisione ha aperto la strada a un percorso che poi non è stato più possibile fermare con il successivo regolamento urbanistico, nonostante l’ampio sforzo profuso dalla Lega e la volontà di mantenere l’impegno preso in campagna elettorale coi propri elettori. Tra Toscana e Lombardia esisteva anche un diverso quadro normativo regionale, per quanto riguarda i luoghi di culto. Ma bisogna ricordare che il 5 dicembre 2019 la Corte Costituzionale ha accolto le questioni sollevate dal Tar Lombardia, annullando due disposizioni sui luoghi di culto, sottolineando che la “legge antimoschee” della regione Lombardia “determina una forte compressione della libertà religiosa senza che a ciò corrisponda alcun reale interesse di buon governo del territorio”.

In Italia l’invasione delle moschee è un’emergenza. A livello nazionale ci sono almeno 1.219 moschee abusive, ma sono solo quelle censite. E pur essendo censite e abusive non vengono chiuse.

Mappa del censimento precedente

In Italia, quelle regolari sono cinque. Anche troppe. Parliamo di quella di Roma, Segrate in Lombardia e Colle Val d’Elsa in Toscana, poi ci sono Ravenna e Forlì. I musulmani in Italia sono già 2 milioni. Le previsioni sono però drammatiche:

Boom Islamici in Italia: verso gli 8 milioni, 14% popolazione

La Lombardia è la regione in cui risiedono più stranieri di fede musulmana: sono 360mila secondo gli ultimi dati dell’Ismu, pari a oltre un quarto del totale dei fedeli islamici presenti in Italia.

E la provincia di Milano è quella più compromessa, con 115mila stranieri di religione islamica, pari all’8,1% del totale nazionale. Nel Milanese si contano almeno venti luoghi di preghiera. Questo ii calcolo arrivato anche sul tavolo della Prefettura pochi giorni fa.

L’Emilia Romagna è seconda, dopo la Lombardia, a detenere il record per il numero di centri aperti e per il numero di musulmani in Italia: sono 183.000, il 13% del totale degli stranieri presenti nella penisola.

Sono 176 i centri di culto islamici: moschee abusive. Fra le province in cui sono presenti centri islamici spicca Bologna che è in testa con 48 centri (14 in città e 34 in provincia), segue Modena con 27, Reggio Emilia con 22, Ferrara con 20, Ravenna con 17, Rimini e Forlì-Cesena con 12, Parma e Piacenza con 9.

A Roma la situazione è drammatica:

E diversi sono stati i casi di moschee scesi al disonore delle cronache.

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Il caso più recente è quello del centro islamico “al-Dawa” di Foggia dove a marzo è stato arrestato Abdel Rahman Mohy Mostafa Omar, 59enne cittadino “italiano” di origini egiziane, sposato con una ***** locale. L’uomo istruiva i figli dei musulmani a sgozzare quelli degli italiani. Veri.

Un anno prima, il 5 luglio 2017, veniva arrestato nel medesimo centro islamico il trentottenne ceceno Eli Bombataliev, con l’accusa di associazione con finalità di terrorismo internazionale e istigazione a commettere delitti. Bombataliev svolgeva il ruolo di imam “sostitutivo”, dimorava nel luogo di culto ed è lì che entrava in contatto con diversi personaggi radicalizzati, come i fratelli tunisini Kamel e Boubakeur Sadraoui (il primo in stato di detenzione e il secondo espulso dal territorio nazionale), anch’essi residenti nel foggiano. Quasi in parallelo, il ceceno si dedicava alla radicalizzazione dei fratelli albanesi Lusien e Orkid Mustaqi, entrambi segnalati come frequentatori del centro “al-Dawa” e successivamente espulsi.

Bombataliev era tra l’altro noto all’anti-terrorismo russo come membro di quel che era una volta l’Emirato del Caucaso e soggetto legato al commando che nella notte tra il 3 e il 4 dicembre 2014 diede l’assalto alla “Casa della Stampa” di Grozny, causando la morte di 19 persone.

Ci sono poi le moschee lombarde di Costa Masnaga, Renate, Cinisello Balsamo, Como e lo Dzemat di Bergamo, dove aveva predicato l’imam radicale kosovaro Idriz Idrizovic, espulso nell’ottobre del 2017.

Altri centri islamici coinvolti sono quelli di Motta Baluffi, Pordenone, Cremona e il “Rastelica” di Siena, dove ha predicato l’imam bosniaco Bilal Bosnic, attualmente in carcere in Bosnia per aver fatto propaganda e per aver reclutato jihadisti per l’Isis, alcuni dei quali in territorio italiano durante alcune delle sue numerose visite.

C’è poi la rete delle moschee turche che dipende direttamente dal progetto di invasione islamica di Erdogan.

Vi è poi tutto quel filone dell’islamismo politico collegato a organizzazioni radicali come i Fratelli Musulmani e quelle salafite e wahhabite: ci sono i turchi di Mili Gorus, ideologicamente legati ai Fratelli Musulmani e considerati dalle autorità tedesche una fucina di radicali. La sua sede in via Maderna a Milano è abusiva ma con il nuovo “piano per le attrezzature religiose” potrebbe essere messa in regola assieme al centro islamico “al-Fajr” di via Quaranta e ad altre due strutture utilizzate come luoghi di culto.

Ci sono i salafiti del Bangladesh, tra cui alcuni loro esponenti nel milanese che si sono “distinti” sui social per aver preso le difese di Molla Abdel Qader, islamista bengalese della Jamaat e-Islami giustiziato dal governo di Dacca nel dicembre 2013 per alto tradimento e crimini contro l’umanità.

C’è poi l’Alleanza Islamica d’Italia, legata ai Fratelli Musulmani e inserita nella lista nera degli Emirati Arabi. In passato nella sede di viale Monza è stata documentata la presenza di Salah Sultan, “Fratello” egiziano finito in carcere in Egitto, legato all’ex esecutivo islamista di Mohamed Morsy e noto per aver incitato alla violenza nei confronti degli ebrei.

Tra i predicatori pubblicizzati dall’Alleanza e dal Caim c’è poi Shaikh Riyad Al Bustanji, che aveva inneggiato al “martirio” religioso dei bambini. La sua presenza nel milanese aveva portato alla rottura tra Caim e Comunità Ebraica.

Secondo una elaborazione della Fondazione Leone Moressa, notoriamente xenofila, con lo ius soli si regalerebbe la cittadinanza italiana ad oltre 800.000 cosiddetti ‘ragazzi’ dell’età, ad esempio, degli stragisti islamici di Barcellona, circa l’80% dei minori stranieri residenti in Italia. A questi – spiegano – si aggiungerebbero oltre 58.000 potenziali beneficiari ogni anno. Una catastrofe.

E sempre secondo lo studio, tra i nuovi italiani di carta sarebbe record di bambini con genitori romeni, albanesi o marocchini, ovvero le tre comunità più numerose in Italia. E poi cinesi, filippini, indiani, moldavi, ucraini, pachistani e tunisini. La crème che riempie le pagine della cronaca nera.

In totale, il 38,4% dei ‘nuovi italiani’ sarebbe musulmano.

Ma questo sarebbe solo l’inizio. Considerando i nuovi nati e i già ‘italiani’, di questo passo si avrebbero almeno 7 milioni di ‘italiani’ islamici entro 10 anni. Ben oltre il 10% della popolazione. Con un altro 10% comunque non italiano.

Nel giro di pochi decenni, l’Italia sarebbe, con lo Ius Soli, un paese a maggioranza islamica. E questo, senza contare l’effetto ‘attrazione’ che avrebbe una legge simile. A quel punto avrebbero il potere di formare un governo islamico senza bisogno di altri partiti.

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Ma già alla prossima Legislatura ci troveremmo un partito islamico in Parlamento. Lo sbarramento basso al 3%, come già accaduto nei Paesi Bassi, sarebbe facilmente superabile da un movimento islamico che potrebbe contare su una base elettorale che, con l’estensione della cittadinanza raggiungerà nel giro di pochi mesi i 2 milioni di voti. Lo sanno anche loro, come testimoniava l’euforia di quando il PD sembrava sul punto di riuscire nell’approvazione dello ius soli (FOTO).

E se è vero che secondo un recente sondaggio gli islamici voterebbero in netta maggioranza Pd e altre frattaglie della ex sinistra, questo è solo in attesa di un loro partito. Il passo successivo sarà diventare decisivi per la formazione di governi, e appoggiare, magari da esterni, quelli del Pd, imponendo sempre più immigrazione islamica, moschee e Sharia. A quel punto, ai patrioti, come insegnano tutte le rivoluzioni, non resterebbe che la rivolta armata per la liberazione.

Il dovere di ogni patriota è impedire l’approvazione dello ius soli con ogni mezzo, perché più di ogni altra cosa mette a rischio l’esistenza stessa del nostro popolo.

Ma sia chiaro: la legge attuale rimanda soltanto questo scenario. Oggi abbiamo uno ius soli ‘ritardato’: ai 18 anni, tutti i nati in Italia diventano italiani. Chi vive qui da 10 anni, anche. E’ folle. Si deve tornare allo ius sanguinis: prima che sia troppo tardi.

La presenza islamica in Europa è cresciuta a dismisura, gli immigrati che arrivano sono per il 53% musulmani e per il 47% non musulmani. I richiedenti asilo sono invece per il 78% musulmani e per il 22% non musulmani. Il dato italiano è significativo: nel 2010 la popolazione islamica nel nostro Paese era superiore ai due milioni, nel 2016 è salita a quasi tre milioni e negli ultimi tre anni gli ingressi stanno ancora di più ingrossare la cifra. Un +38% che la dice lunga su quanto sta accadendo. Ci stanno islamizzando!

Se non blocchiamo i ricongiungimenti familiari sarà il disastro anche in Italia. Ve lo immaginate un partito islamico ‘italiano’ che prende il 5% e può scegliere quale governo appoggiare in cambio di ius soli, moschee e “un po’ di Sharia”? Ci siamo molto vicini, non serve che abbiano percentuali più alte. Che avranno una volta al governo e avranno lo ius soli.

Vanno fermati ora. L’impressione è che non saranno Salvini e Meloni a fermarli.




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