E’ sempre colpa dell’Uomo Bianco: la tirannia dei ‘diritti umani’

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Pascal Bruckner e il rifiuto del senso di colpa dell’uomo bianco.

E’ una ideologia fiorita nei campus americani, ha stravolto le teorie decostruzioniste degli anni ’70 («il virus che abbiamo inoculato noi francesi») e sta tornando in Europa a presentare il conto. A pagare sarà «il maschio bianco eterosessuale».

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È quanto sostiene lo scrittore e filosofo francese Pascal Bruckner nel suo ultimo saggio: “Un colpevole quasi perfetto”, uscito in Francia nel 2020 e tradotto ora in Italia per Guanda.

Il colpevole del titolo è l’uomo bianco, portatore più che di un fardello, di una colpa essenziale, come sostiene un movimento di pensiero che unisce, in nome della lotta contro l’oppressione, neo-femminismo, vecchie spinte decolonialiste, e istanze del mondo Lgbtq. Un’ideologia che ha «riempito il vuoto della sinistra classica» e messo alla sbarra l’uomo bianco e, per estensione, la cultura occidentale.

Bruckner è preoccupato. Non tanto per gli Stati Uniti – che non sono più «un esempio da seguire» bensì il simbolo stesso di una disfatta – ma per la Francia e, in generale, per l’Europa.

È vero che le origini di questo pensiero sono da ricercare nella French Theory, che diede fortuna ai filosofi francesi negli anni ’70, ma la sintesi più recente che oggi prende piede anche nel Vecchio Continente non sarebbe accettata nemmeno da «Derrida, o Deleuze o Foucault».

Ora non si tratta più di dissolvere il soggetto, ma di incastrarlo in categorie preconfezionate su base etno-razziale. Aggiunge in questa intervista a Le Figaro che «seguire gli Stati Uniti adesso sarebbe folle come convertirsi al comunismo dopo il 1989».

Tema dopo tema, Bruckner passa in rassegna accuse e rivendicazioni. C’è “cultura dello stupro”, secondo la quale l’uomo «è colpevole in virtù della sua sola forza» (cosa che gli rende impossibile separarsi dalla colpa, «come l’ebreo nel Medioevo») e che è andata a fare a pezzi e poi burocratizzare – con contratti, app, regole di ingaggio – il rapporto sentimentale tra le persone.

C’è la critica all’ideologia persistente della de-colonizzazione che, ricorda, «è già avvenuta» ormai e che oggi si basa su «un’analisi impoverita», visto che «quasi settant’anni fa, dopo la conferenza di Bandung, un certo numero di Paesi, ansiosi di sfuggire alle divisioni della Guerra Fredda, si coalizzarono per combattere l’imperialismo occidentale […]. Il concetto di bianco veniva inteso allora in senso metaforico e includeva l’Europa e gli Stati Uniti», mentre ora è «interpretato in senso letterale». Rifiuta poi il repulisti culturale fatto in nome di un nuovo puritanesimo, in cui al critico si è sostituito «un direttore spirituale che ci spiega perché dobbiamo diffidare dei classici», e denuncia gli eccessi del MeToo, che arriva quasi a «ribaltare l’onere della prova», mettendo in piedi meccanismi che trasformano la giusta richiesta di giustizia «in linciaggio».

Bruckner rifiuta la colpevolizzazione nei confronti dell’uomo bianco e della cultura Occidentale. Non condivide il bisogno serpeggiante di «autoflagellazione» e ricorda piuttosto i meriti: «l’Occidente è l’unica cultura che ha preso le distanze in modo pubblico dai propri crimini, dal colonialismo dall’imperialismo e dalla schiavitù. L’Europa ha inventato l’abolizionismo ben prima dell’Africa e dell’America.

Ha commesso orrori, ma ha anche inventato i diritti dell’uomo, ha elaborato il concetto di crimine contro l’umanità, «tutte cose che non provengono né dall’Asia, né dall’Africa, né dall’America Latina».

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Ed è proprio per questo che l’Occidente si trova travolto da questa ondata di autocolpevolizzazione: come diceva già Tocqueville, «un popolo si solleva quando la sua situazione migliora, non quando sprofonda». Tradotto: i successi ottenuti nelle battaglie per i diritti del XX secolo hanno reso insopportabili i ritardi residui.

«L’Europa è ormai un insieme di dominions separati e venduti al taglio, offerti ai più golosi. Gli avvoltoi accorrono per smembrarla. La suddivisione delle spoglie, tra Cina, Russia e Turchia, è cominciata. Quante città del nostro continente sono già in parte sottomesse, ora alla shari’a, ora alla tirannia delle gang, e sottratte alla legge democratica? Non siamo alla caduta dell’impero romano, ci troviamo piuttosto nella situazione di Bisanzio, alla vigilia della presa di Costantinopoli (1453), dilaniati da oscure dispute teologiche. Ci laceriamo per delle inezie – il gender, la razza, l’appropriazione culturale – la cui vacuità farà ridere i nostri discendenti».

Tutto nasce dalla tirannia dei ‘diritti umani’ e dalla non volontà di potenza. E, diciamolo, anche dal senso di superiorità che l’uomo bianco ha di sé: sentendosi superiore, sente di avere responsabilità superiori. Ma questo ‘razzismo’, legato al senso di colpa in una danza che sta avvitandosi su se stessa, ci sta portando a fondo.

La seconda guerra mondiale, sostanzialmente una guerra civile della razza bianca, è stata la vera catastrofe che ha portato alla tirannia dei ‘diritti umani’ e alla nascita del concetto semita di senso di colpa.

Dobbiamo scindere i due aspetti e abbandonare la colpa.

E per liberarcene dobbiamo guardare sia all’Europa orientale, dove il comunismo reale ha paradossalmente protetto le popolazioni dall’autoflagellazione collettiva post-guerra e, soprattutto, nell’unico pezzo di Occidente dove, per ovvie ragioni, quel senso di colpa non è mai esistito: Israele.

Israele è l’Europa prima della guerra. Senza alcun senso di colpa collettivo. Con l’unica responsabilità verso il proprio popolo.

Dobbiamo decostruire questo senso di colpa. Perché ce lo siamo autoimposto. Non è reale. E ci incatena a tutta una serie di palle al piede che ci impediscono di essere noi stessi.

Non ci invadono perché sono più forti di noi. Ma perché non troviamo dentro di noi la forza di respingerli. E questo vale per l’invasione migratorio ma anche per tutto il resto, ‘omofobia’ e ‘sessismo’ compresi. Siamo vittime di noi stessi.

Dobbiamo tornare ad essere noi stessi.




6 pensieri su “E’ sempre colpa dell’Uomo Bianco: la tirannia dei ‘diritti umani’”

  1. Deviati e malati mentali o veri traditori, sono sempre esistiti. In ogni epoca e società. La particolarità della nostra è che essi ricoprono le massime cariche, politiche, economiche, intellettuali, e non perché una nazione ostile, ma dominante, ce li imponga. Questa è la novità dei nostri tempi, dovuta a tutta una serie di fattori molto lunga, e probabilmente unica, che si sono verificati nel novecento.
    Riportare all’impotenza politica quegli individui, e quelle minoranze, farà fuggire il grosso della popolazione altrimenti ‘sana’, che li segue, sostiene e foraggia solo per moda, interesse, quieto vivere.

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