Sabato mattina, quando i poliziotti hanno bussato alla porta di casa sua, è scoppiato in lacrime.
In cella, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare con le accuse di rapina e lesioni gravissime, ci è finito il solito figlio di immigrati, 19 anni, nato a Milano da due marocchini, con alle spalle un passato di rapine e furti.
Ecco a cosa portano i famigerati ricongiungimenti familiari.
Era lui a comandare il branco di immigrati che la notte del 27 settembre aveva massacrato di botte un 19enne, italiano, che per tutta la vita avrà un deficit uditivo causato proprio dall’aggressione.
La violenza era esplosa verso l’1.30 in piazza XXIV maggio, dove per tutta l’estate si erano sfidate bande di giovanissimi. Quella notte, il 19enne e un’altra decina di complici avevano deciso di provocare la vittima e i suoi cinque amici, tutti dell’hinterland di Milano, soltanto per – mette nero su bianco il Gip, Patrizia Nobile – “fare sfoggio della propria forza”.
La miccia era stata la classica richiesta di una sigaretta e in un attimo era poi partita l’AGGRESSIONE. Ad avere la peggio era stato proprio il 19enne italiano: finito a terra, e svenuto, era stato picchiato ancora e derubato del telefono dal capo della baby gang dei figli degli immigrati.
Portato in ospedale, il giovane era stato inizialmente dimesso con una prognosi di 30 giorni, ma poi i medici gli hanno certificato un danno permanente all’udito.
Subito dopo l’aggressione, i primi a intervenire erano stati gli agenti di una Volante fermata da alcuni passanti, ma poi la palla è passata alla squadra investigativa del commissariato. Una grossa mano alle indagini è arrivata dalle immagini registrate da una telecamera di sicurezza posizionata proprio sopra il punto della piazza in cui era avvenuto il pestaggio. Grazie a quel filmato, i poliziotti hanno identificato il 19enne arrestato, un suo complice che aveva ferito un amico della vittima – per cui è stato disposto l’obbligo di dimora – e altri cinque appartenenti alla baby gang: due ragazze di 19 anni e tre minorenni, tutti per il momento indagati con l’accusa di lesioni personali.
Tutti i sette identificati sono ‘cittadini italiani’ di origini nordafricane e vivono in zona Barona ed è verosimile, secondo le ricostruzioni degli investigatori, che a tenere insieme la gang fosse proprio il quartiere d’origine, anche se i poliziotti nei profili social dei ragazzi non hanno trovato riferimenti ai loro blitz violenti, come invece successo con altre bande giovanili.
Non solo il pestaggio in Darsena, però. Perché la banda del 19enne – che già in passato era rimasto coinvolto in indagini sulle baby gang – avrebbe colpito almeno un’alta volta. Secondo l’inchiesta, coordinata dal pm Francesca Crupi, ci sarebbe la stessa firma anche su una aggressione avvenuta il 3 settembre in viale Famagosta.
Lì a finire nel mirino era stato un ragazzo filippino, che – mentre era in compagnia di altri giovani – era stato aggredito, malmenato e rapinato del cellulare, delle scarpe e di alcuni abiti. Anche in quell’occasione, stando alle indagini, la rapina era stato soltanto l’atto finale dell’ennesima prova di forza della baby gang del 19enne. Lo stesso capo che da sabato è in carcere.
Questi sono i figli dei lavoratori immigrati che, anche la Lega, fa arrivare a migliaia ogni anno in Lombardia perché ai padroni serve manodopera a basso costo. Non si può coniugare la difesa dell’identità con lo sfrenato liberismo economico. Prima viene il sangue e poi le cazzate alla Giorgietti.
Anche perché poi, i figli degli immigrati che servono ai sedicenti ‘imprenditori’, massacrano di botte i figli degli imprenditori. Che investimento sul futuro è? Distruggere la vita dei propri figli e nipoti in cambio di qualche migliaio di euro.
Ovviamente i sinistrati non ne parlano, massima solidarietà al ragazzo italiano e carcere al nuovo futuro italiano. A VITA.
Ma come!
La Barona di Shalvini!
Allora HA STATO LUI!
La chiolpa è shua che istiga alla yolensha!