Kyenge: portabandiera italiana a Tokyo deve essere nera e gay

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Tanto per capire a cosa serve lo sport professionistico ai venditori di fumo. Che tengono chiuse le piscine per i cittadini ma non chiudono le attività dei sedicenti professionisti.

Riecco la Kyenge: torna a frignare per l’inclusione e a sponsorizzare il Ddl Zan. Lo spunto? Bastano le Olimpiadi di Tokyo. Anche se per ora si parla solo di un’ipotesi: quella di cui ha parlato questa mattina in una pagina intera il Corriere della sera.

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Ma se la 22enne Paola Egonu fosse scelta come portabandiera azzurra alle prossime Olimpiadi di Tokyo «sarebbe un onore», per Cecile Kyenge, già eurodeputata ed ex ministra per l’Integrazione del governo Letta «sarebbe un bel segnale».

Sportiva che agli occhi della Kyenge ha anche il pregio di aver confessato l’amore omosessuale per una sua collega, pur avendo la pallavolista, a stretto giro, anche chiarito che: «Non significa che non potrei esserlo di un ragazzo o di un’altra donna. Non ho niente da nascondere».

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«Soprattutto ora, sarebbe un’ottima notizia. Anche per uscire fuori dai quotidiani campi di battaglia su alcuni temi. Concentrandosi invece su ciò che abbiamo di positivo», aggiunge Kyenge parlando a proposito della campionessa padovana. Dunque, in fatto di lotta alle discriminazioni di cui la Egonu rappresenta per la Kyenge un esempio da manuale, la ex eurodeputata evidenzia: «Bisognerebbe semplicemente ricordarsi il motto dell’Unione Europea, “Unita nella diversità”. Un motto semplice ma che dice tutto. Ogni paese dovrebbe sapere declinarlo in tutti i settori che regolano la nostra vita».

«Le discriminazioni non sono mai mancate, in Italia come altrove –prosegue la Kyenge –. Per contrastarle bisogna saper applicare delle politiche di convivenza pacifica. La nostra cittadinanza è ricca e forte nel momento in cui riconosceremo che è plurale. Composta da più colori. Dalle diversità. Un’Italia “unita nella diversità”.

«Credo che ogni strumento che noi mettiamo in campo per eliminare le discriminazioni in qualunque settore è una pietra miliare per la convivenza pacifica e civile. Bisogna includere, non sottrarre. Più lo facciamo, più la società è forte».

La diversità è debolezza. Lo sanno anche in Israele. Non si capisce perché noi dovremmo importarla qui da noi. Perché, se la diversità è forza, la Kyenge non è rimasta in Congo, dove le varie etnie si massacrano a colpi di machete?

L’Italia è uno dei pochi Paesi europei ancora relativamente intatti. Devono per forza ridurlo alla stregua di Francia e Inghilterra. Altrimenti qualcuno potrebbe prendere esempio e volere tornare indietro. Lo sport serve meramente come propaganda. Viva la variante indiana a Tokyo.




14 pensieri su “Kyenge: portabandiera italiana a Tokyo deve essere nera e gay”

  1. La Kyenge, come gli altri ‘afrodiscendenti’ secondo la demenziale dicitura inventata dalla stessa, fa il suo lavoro, come quello degli altri immigrati. Ossia creare vuoti di potere, e di culle, nonché, così, un ambiente più gradevole per Loro.
    E in tutto questo rientra il gender, lo ius soli, il salvataggio dei poveri bambini denutriti alti un metro e novanta in mezzo al mare.
    Una volta che avranno preso il potere si comporteranno come fanno nei loro paesi. Vietata l’omosessualità e spingere le donne a fare figli e calzetta a ripetizione, quanto agli stranieri, anche di colore, beh guardate come li trattano in Sudafrica, che pure è, grazie ai Bianchi e alle ricchezze del sottosuolo, il paese africano più ricco di tutti.

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