Legge Zan: corsi obbligatori di omosessualità a scuola

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Razzi lo avevamo lasciato a Piongyang, stava decisamente meglio lì.

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Sia Paola Concia sia Valeria Valente hanno espresso le loro forti perplessità rispetto al ddl Zan, e sono state malamente attaccate sui social. La giornalista Marina Terragni, femminista di solida formazione, ha parlato di un vero e proprio «shitstorm» contro le due esponenti di sinistra. LO ha fatto in un suo intervento su Avvenire, giornale che sta dando conto di quanto il ddl Zan sia guardato con sospetto e preoccupazione anche da larga parte del fronte progressista. Terragni ha anche sottolineato il silenzio imposto sulle posizione critiche al testo. E ha indicato nei vertici del Pd i primi responsabili di questa censura che punta ad azzerare il dibattito intorno a un testo che, invece degli slogan e dei testimonial vip, meriterebbe un’ampia discussione e, ancor di più, un’ampia riflessione collettiva.

«Religione facoltativa, transcult obbligatorio?»

«Un appello per cambiare il testo del ddl Zan, sottoscritto, tra gli altri, da molti esponenti Pd, è stato ignorato», ha ricordato la giornalista, domandando se a Enrico Letta possa piacere che, attraverso l’introduzione delle discriminazioni legate al sesso, «le donne vengano intese come una minoranza, quando sono la maggioranza del Paese? O che ai genitori degli alunni non sia consentito di decidere, in base a un sacrosanto principio di libertà, se mandarli o meno al corso di formazione Lgbtq? Religione facoltativa, transcult obbligatorio?». Poi ha aggiunto: «In Gran Bretagna, per esempio, hanno deciso che quei corsi nelle scuole non entrano più, visti i guai che ne sono nati. Per contro nei nostri licei sono in corso grand tour di propaganda alla gravidanza per altri. Già ora. Figurarsi dopo».

Le critiche di Paola Concia (e non solo) al ddl Zan
Era stata proprio Paola Concia a sottolineare, tra l’altro, l’inopportunità di inserire nel ddl Zan, «nella lista delle categorie meritevoli di particolare tutela le donne, perché non sono una minoranza bensì la metà della popolazione». Valeria Valente ha, invece, a più riprese sottolineato che utilizzare l’espressione «identità di genere cancella tutto, dal sesso delle donne, che per anni si sono battute e continuano a farlo, per rivendicare i loro diritti, alle specificità di omosessuali, trans, lesbiche».

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La sinistra già impone la censura

È stata poi, sempre in questi giorni, la regista Cristina Comencini, tra l’altro madre di Carlo Calenda, ad avvertire sul fatto che la legge accosta inopportunamente a omosessuali e trans non solo le donne, ma anche i disabili. «Aprire una discussione su una legge che ha alcuni aspetti controversi non è un attacco a diritti sacrosanti», ha detto Comencini, dovendo però constatare che «dal fronte progressista c’è sordità. Anzi, più che sordità: c’è la volontà di non ascoltare non solo le nostre obiezioni, ma anche quelle di chi per scelta di vita, come Paola Concia e Aurelio Mancuso (ex presidente di Arcigay, ndr), è direttamente interessato».

Gli appelli da sinistra contro il ddl

Eppure non si tratta di voci singole. Contro il ddl Zan, infatti, si è schierato un ampio fronte progressista rappresentato, tra gli altri, da 17 associazioni femministe e da 161 «donne e uomini che fanno riferimento all’area politica del centro sinistra», come si descrivono nel loro appello-manifesto contro la legge. Gli argomenti che portano contro la legge sono spesso sovrapponibili a quelli che la sinistra pro Zan ama bollare come “medievali” e “omofobi”: il rischio che apra alla maternità surrogata; la sovrapposizione tra sesso e genere; la strumentalizzazione delle categorie che pretende di difendere; il fatto, in generale, che sia scritta male.

E ancora viene fuori la sudditanza culturale delle cosiddetta destra verso la cosiddetta sinistra. Non si è in grado di opporsi con proprie idee ma si cerca di cooptare quelle degli altri. Per timore di risultare ‘retrogradi’.

Vi diamo una notiza: l’80 per cento della popolazione è ‘retrograda’. Questo disegno di legge è una oscenità. Già l’idea di punire chi picchia un omosessuale più di chi picchia un’altra persona qualunque è una discriminazione ed è chiaramente incostituzionale. Come, del resto, è incostituzionale il fatto che pestare Oseghale sia punibile più di quanto non lo sia fare a pezzi Pamela.




12 pensieri su “Legge Zan: corsi obbligatori di omosessualità a scuola”

  1. Hanno rotto i coglioni con questa dittatura LGBT di sto cazzo.
    Tra poco l’italia sarà una mandria di rottinculo o lesbiche.

I commenti sono chiusi.