Ottomila tonnellate di rifiuti tossici sepolti sotto una strada, gli uffici della regione asserviti alla ‘ndrangheta, un consigliere regionale presentava emendamenti in cambio di finanziamenti.
Clamorosa indagine in Toscana che dovrebbe terremotare il PD locale e portare alle dimissioni del governatore Giani.
Un’articolata operazione dei carabinieri e della Dda di Firenze con 23 arresti ha stroncato in Toscana più attività criminali riconducibili alla ‘ndrangheta infltratasi nell’intera regione, dal traffico di cocaina, al controllo di lavori stradali, allo smaltimento illecito di rifiuti nelle concerie.
Parliamo di 8000 tonnellate di fanghi tossici conciari al cromo-6, sotterrati sotto la strada regionale 429 (Empoli-Poggibonsi) in piena zona agricola.
Snodo delle relazioni tra “l’associazione a delinquere” composta da alcuni conciatori di Santa Croce sull’Arno, la politica toscana e imprenditori considerati vicini alle cosche calabresi è il capo di gabinetto del governatore, Ledo Gori. Ma nelle indagini della Dda fiorentina sono finiti anche l’ex presidente della Provincia di Pisa e attuale Consigliere regionale Pd, Andrea Pieroni, e la sindaca del Comune in riva d’Arno, Giulia Deidda.
In un filone dell’operazione sono stati eseguiti in Toscana, Calabria e Umbria sei arresti (uno in carcere e cinque ai domiciliari) per la gestione di rifiuti reflui e fanghi industriali prodotti nel distretto conciario tra le province di Firenze e Pisa. Alcuni soggetti a capo dell’Associazione conciatori di Santa Croce (Pisa) avrebbero rappresentato, spiegano gli investigatori, il fulcro decisionale di tutto il sistema indagato. Per l’accusa, le ceneri di risulta dei rifiuti conciari classificati ‘Keu’, altamente inquinanti, sarebbero state miscelate con altri materiali e riutilizzate in attività edilizie. Circa 8.000 tonnellate di rifiuti contaminati sarebbero stati usati nella realizzazione del V lotto della Strada 429.
I militari hanno perquisito gli uffici di Ledo Gori, capo di gabinetto della Presidenza della Regione. Gori è accusato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Carabinieri anche negli uffici del direttore del settore Ambiente e energia della Regione Edo Bernini, indagato per di abuso d’ufficio, e del consigliere regionale del Pd, Andrea Pieroni, al quale viene contestata la corruzione.
Ci sarebbero anche altri esponenti politici e dirigenti di enti pubblici in Toscana fra i 19 soggetti al momento indagati nell’indagine Keu della Dda di Firenze coi carabinieri Forestali e altre specialità dell’Arma, inchiesta dedicata all’infiltrazione della ‘ndrangheta calabrese nella gestione dei reflui e dei fanghi industriali del distretto conciario di Santa Croce sull’Arno.Tra gli indagati, anche esponenti dirigenti di enti pubblici e politici toscani. Indagato il capo di gabinetto del presidente della Regione Toscana Ledo Gori per corruzione e il dirigente della Direzione Ambiente della Regione Toscana Edo Bernini.
Indagato anche il sindaco di Santa Croce Giulia Deidda. L’inchiesta coinvolge elementi di vertice dell’Associazione Conciatori di Santa Croce sull’Arno i quali rappresentano il fulcro decisionale di tutto l’apparato sotto indagine. Contestati a vario titolo i reati di associazione a delinquere aggravata dall’agevolazione mafiosa, traffico illecito di rifiuti, inquinamento e impedimento del controllo da parte degli organi amministrativi e giudiziari. L’inchiesta si chiama Keu, nome dell’inerte derivante dal trattamento dei fanghi degli scarti della concia delle pelli, e ha portato a 6 misure di custodia cautelare (una in carcere e cinque agli arresti domiciliari), 7 interdizioni dall’attività di impresa, due sequestri preventivi di impianti di gestione di rifiuti ed oltre 60 perquisizioni. Eseguito anche un sequestro per equivalente di oltre 20 milioni di euro e numerose perquisizioni ed ispezioni personali e domiciliari presso oltre 50 obiettivi nelle province di Firenze, Pisa, Arezzo, Crotone, Terni e Perugia.
Per gli inquirenti gli esponenti indagati al vertice dell’Associazione Conciatori sono riferimento di un sistema che agisce con le modalità di un sodalizio organizzato per la commissione di reati, utilizzando a tale scopo vari consorzi« in un comparto industriale – la concia delle pelli – a particolare rischio ambientale per i rifiuti, ‘la cui gestione illecita provoca conseguenze in termini di contaminazione« delle falde, dei corsi d’acqua, dei terreni, dell’ambiente, del suolo laddove tli scarichi industriali vengano smaltiti illecitamente o a seguito di procedure insufficienti’. È stato inoltre verificato, spiegano Dda e Arma dei carabinieri, che «il peso economico del comparto, consente ai suoi referenti di avere contatti diretti che vanno anche oltre i normali rapporti istituzionali con i vertici politici e amministrativi di più Enti Pubblici territoriali, che a vario titolo avrebbero agevolato in modo sostanziale il sistema, alcuni dei quali figurano fra gli indagati».
Le indagini dei Carabinieri Forestali hanno evidenziato che anzichè esserci un riciclo praticamente totale dei rifiuti conciari, con conferimento in discarica residuale, le ceneri derivate dai fanghi hanno concentrazioni di inquinanti tali da non poter essere riutilizzati in attività edilizie di riempimento di rilevati (tipo stradali) o ripristini ambientali. Invece, erano inviati ad un impianto di produzione di materiali riciclati che provvedeva a miscelare questo rifiuto con altri inerti e a classificarlo materia prima per l’edilizia, con pericolo di contaminazione del suolo e delle falde. Inoltre sono emerse altre criticità per quanto le attività di scarico delle acque depurate trattate dal depuratore «Aquarno» che versa nel canale Usciana acque non adeguatamente depurate. Anche la fase di lavorazione del cromo esausto ha presentato notevoli profili di criticità, essendo commercializzato dopo un trattamento, come materia prima pur non avendone i requisiti, e rimanendo rifiuto.
Un altro filone ha portato all’esecuzione di due ordinanze di custodia cautelare, per un totale di 17 arresti che hanno colpito imprenditori contigui alla cosca Gallace di Guardavalle (Catanzaro). Sono questi gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata all’estorsione, illecita concorrenza con violenza e minaccia, sub-appalto irregolare ed altro, nonché associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti, favoreggiamento, il tutto aggravato sia dal metodo mafioso che dall’avere agevolato la cosca Gallace. Scoperto l’approvvigionamento di cocaina da parte della cosca e la successiva distribuzione in Toscana. Il traffico ruotava attorno al porto di Livorno ed è stato arrestato un importante esponente della ‘ndrangheta. Messa in luce anche l’infiltrazione che passava nel settore inerti della cosca Gallace che, preso il controllo su una storica azienda del Mugello, avrebbe condizionato la concorrenza aggiudicandosi importanti commesse pubbliche.
Le indagini capillari del Ros, dei carabinieri forestali di Firenze e dei carabinieri di Livorno, insieme ad altri gruppi specialistici dell’Arma, si sono evolute su direttrici principali. Una riguarda il controllo del mercato del movimento terra in più province toscane, mediante estorsioni e illecita concorrenza tramite violenza o minacce, ottenuto da soggetti di vertice della storica impresa ‘Cantini Marino srl’ di Vicchio (Firenze) tramite l’impresario Graziano Cantini e il suo principale collaboratore Nicola Verdiglione i quali – spiegano i carabinieri, direttamente collegati a soggetti organici al Clan Gallace (Domenico Vitale e Nicola Chiefari) hanno sfruttato la forza della consorteria mafiosa per imporsi sul mercato del movimento terra e della fornitura di inerti a discapito di aziende concorrenti, «infiltrandosi» in importanti commesse pubbliche in Toscana.
Le condotte criminali sono state attuate a carico di diversi imprenditori e tecnici di settore in relazione alla fornitura di materiale per i lavori da eseguire in un importante cantiere relativo ad un appalto milionario tra Castelfiorentino ed Empoli. Inoltre, sotto indagine ci sono legami, che gli investigatori definiscono «di comodo» con la «pubblica amministrazione aretina (Consorzio Bonifica Valdarno, che non ha nulla a che vedere con il Consorzio di Bonifica Alto Valdarno, estraneo alla vicenda) per l’assegnazione diretta di lavori per importi contenuti (sotto soglia), su cui sono in corso approfondimenti».
Tra i reati contestati l’estorsione posta in essere a carico di un impresario calabrese con il concorso dell’imprenditore Francesco Lerose di Crotone, arrestato anche per le accuse maurate nell’indagine dei Cc Forestali sullo smaltimento illecito di rifiuti, aggravati dall’agevolazione mafiosa (Operazione «Keu»). Altro fronte contrastato dalla Dda coi carabinieri alla ‘ ndrangheta in Toscana è il narcotraffico internazionale che ha portato al sequestro totale di circa 191 chili di cocaina (periodo maggio 2017 – agosto 2019) nel cui contesto è maturato a cura dei carabinieri di Livorno e del Ros l’arresto del latitante Francesco Riitano nell’agosto 2019 sotto falso nome a Giardini Naxos (Messina), individuato grazie al suo legame con l’indagato Domenico Vitale che lo incontrava periodicamente in località segrete.
Quando gli inquirenti hanno analizzato un campione del sottofondo della variante della strada regionale 429, hanno scoperto che, lì sotto, c’erano gli stessi rifiuti trattati negli impianti di Francesco Lerose, il “depuratore” dei conciatori di Santa Croce. I carabinieri del Noe hanno seguito una traccia, quella della Calabria, e hanno riannodato i fili dei rapporti tra Lerose e un altro calabrese, finito agli arresti nella maxi operazione della Dda. Nicola Verdiglione sarebbe l’infiltrato delle ’ndrine nell’impresa Cantini Marino di Vicchio, il cui titolare, Graziano Cantini, è finito in carcere in esecuzione dell’ordinanza del gip Anna Liguori. La Cantini Marino è la ditta che ha lavorato alla 429.
La Regione aveva investito 12 milioni e 500mila euro per portare a compimento questa infrastruttura, ribattezzata la “strada infinita”. Dopo inadempimenti della ditta vincitrice dell’appalto venne deciso di rompere definitivamente, chiamando un commissario a concludere i lavori. L’ingegner Alessandro Annunziati, nel 2014, riprese in mano disegni e progetti. Pazientemente rimise in ordine tutto e cominciò a costruire, asfaltare e aprire al traffico. Da Castelfiorentino a Empoli in sette minuti. Oggi, però, si scopre che sotto quel tratto di strada lavata dalla pioggia nel giorno del taglio del nastro erano stati mescolati rifiuti tossici. Annunziati si dice sorpreso, ma non preoccupato. “Nel caso si accertasse la presenza di materiale inquinante in quel tratto della strada, l’ufficio del commissario sarebbe parte lesa. Insomma, saremmo stati truffati – sostiene – Ci siamo messi a completa disposizione della magistratura nel fornire tutto quello che serve per far chiarezza sulla vicenda, che certamente ci ha colto di sorpresa”.
Il commissario spiega anche che la quantità di rifiuti velenosi conferiti sul rilevato della strada non preoccuperebbe dal punto di vista della tenuta della strada. “Il materiale che emerge dalla indagini, 8000 tonnellate di rifiuti inquinanti, equivalgono a circa 4000 metri cubi. Se si considera che la strada ha mediamente un’altezza di due, due metri e mezzo, ed è larga circa dieci, si parla di circa 200 metri di tracciato, su 17 chilometri complessivi. Non minimizzo la gravità dei fatti, ma questo tipo di truffa non altererebbe comunque la qualità geo-tecnica della strada. Resta da verificare, semmai, la qualità chimica del terreno. Se servirà faremo indagini, sondaggi per verificare l’eventuale livello di inquinamento del terreno”.
Riccardo Martelli, presidente dell’ordine dei geologi della Toscana, è incredulo. “Sono saltato dalla sedia – confessa – Possiamo solo sperare che tutto questo sia un grande equivoco. Altrimenti si parlerebbe di un grave danno ambientale. In tal caso il terreno andrebbe subito bonificato”. L’ipotesi di avere il ’veleno’ sotto ai piedi fa rabbrividire. “Fare un’analisi del rischio reale ora è impossibile – continua Martelli – I rifiuti tossici rilasciano sostanze dannose per il suolo e la falda. Ma servirà un consulente del tribunale per fare le necessarie verifiche. È impensabile che la Regione possa essere coinvolta con dolo, perché è da sempre attenta all’ambiente e i controlli sono severissimi. Se i cittadini di Empoli devono preoccuparsi? È presto per dirlo, io abito a Bagno a Ripoli e spero tanto che sia tutto un equivoco”.
Interviene il deputato della Lega Claudio Borghi all’interno di una lunga diretta su #Byoblu24. Oltre a commentare la conferenza stampa di Mario Draghi, Claudio Borghi fa un’anticipazione sull’inchiesta che sta coinvolgendo la Regione Toscana. Tra gli indagati dalla Procura della Repubblica di Firenze risulterebbe esserci infatti anche Ledo Gori, capo di gabinetto del Presidente della Regione.