EMERGENZA FIGLI IMMIGRATI: in 15 pestano e rapinano passanti a caso a Milano

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Solito articolo dei media di distrazione di massa in cui si cerca di nascondere l’identità etnica dei criminali il più possibile. Con sorpresa finale.

«Sono quelli di Bonola, fanno sempre così, non è la prima volta». Sono quasi le 3 notte di domenica 4 ottobre. Nel piazzale dell’Arco della Pace, a terra, c’è un ragazzo privo di sensi. A lui si avvicina una coppia, cerca di soccorrerlo e prestargli aiuto. Quando arriva un amico della vittima, anche lui sanguinante, il ragazzo e la ragazza dicono di aver riconosciuto gli aggressori perché già altre volte hanno seminato il terrore intorno al parco Sempione: «Quelli di Bonola». Un «branco», come lo definisce il gip Stefania Donadeo, composto per la maggior parte da ragazzi minorenni e che si fa forza, appunto, grazie «al consenso del branco»: «La loro forza è il gruppo. All’interno dello stesso non sempre agiscono tutti mediante violenza fisica ma tutti, non solo accettano la condotta illecita dell’altro, ma la sostengono manifestandone la loro adesione». È con queste parole che il giudice motiva gli arresti domiciliari per quattro di loro, tutti ventenni, individuati nelle indagini degli agenti della squadra Mobile e del commissariato Sempione. Sono ritenuti i responsabili di quattro aggressioni, rapine o tentativi di rapina, avvenuti nella «folle» notte tra sabato 3 ottobre e domenica 4. Assalti compiuti tra largo Treves, Chinatown e l’Arco della Pace non solo ai danni di altri ragazzini, ma anche a un ristoratore di via Fioravanti e di alcuni suoi dipendenti. Con loro altri 12 giovani, tutti minorenni, per nove dei quali è scattata l’iscrizione nel registro degli indagati da parte del procuratore dei minori Ciro Cascone. Alcuni di loro sono stati perquisiti e nelle loro case sono stati trovati i vestiti usati durante le aggressioni. Un «fenomeno che crea allarme» come lo ha definito il questore Giuseppe Petronzi: «La città deve essere vivibile per tutti, ma credo che certi fatti di violenza giovanile non siano frutto di questo periodo. Diciamo che siamo di fronte a un’accelerazione di dinamiche preesistenti». Il lockdown e le restrizioni non sono la «giustificazione» a violenze che già esistevano, certamente però la situazione d’emergenza sanitaria, la chiusura delle scuole e il blocco dello sport, sono benzina sul fuoco del disagio giovanile. Come testimoniato anche dalla recente indagine sulla maxi rissa di Gallarate (Varese) o su altri pestaggi di gruppo dopo appuntamenti via social avvenuti in questi mesi in strade e parchi o nella zona di Citylife.

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Le indagini della polizia, coordinate dall’aggiunto Laura Pedio e dal sostituto Francesca Crupi, hanno in effetti evidenziato una comune provenienza del «branco», composto da almeno quindici tra ragazzi e ragazze, faccia riferimento soprattutto alla zona di Bonola. Oltre alla testimonianza dei due soccorritori c’è un aspetto a confermarlo: alcuni dei ragazzi individuati dagli investigatori avevano profili social con l’identico suffisso «.151» che sta ad indicare il cap, codice di avviamento postale, del quartiere: 20151. Alla base delle aggressioni però non ci sarebbe alcuna questione territoriale. Anzi. Sabato sera i ragazzi arrivano in centro muovendosi in metropolitana, si radunano in zona Garibaldi e iniziano la loro notte di follia. Alle 22.40 il primo assalto in largo Treves dove il «branco» blocca tre giovani che camminano in strada. Le vittime vengono circondate e gli vengono chiesti dei soldi. I modi sono bruschi e quando uno dei ragazzi tira fuori il portafogli gli aggressori se ne impossessano. Lo stesso fanno con gli altri due, prima di fuggire e abbandonare per strada portafogli e documenti. Il bottino è di una trentina di euro, segno che — secondo gli inquirenti — lo scopo reale dell’assalto non era impossessarsi dei soldi ma far valere la logica del branco e della violenza.

All’1.05 la banda torna a colpire. I ragazzi passano davanti a un ristorante di via Fioravanti, a Chinatown. Fuori c’è un dipendente insieme al figlio del proprietario. I giovani si avvicinano e iniziano a provocarli: «Che ca… guardi? Chi ca… sei? Sei grande e rincogl..». Pochi secondi e i due sono circondanti da una quindicina di ragazzi, spunta una «spranga» di legno e il dipendente viene colpito alla testa. (finisce in ospedale con un trauma cranico). Arriva il proprietario del locale e anche lui viene colpito con una testata. Gli investigatori della terza sezione della Mobile, e diretti da Marco Calì e guidati da Alessandro Carmeli, recuperano i filmati di sorveglianza di un hotel. Le telecamere hanno ripreso tutta la scena. Un’ora e mezza dopo, alle 2.40, la banda compare all’Arco della Pace. Anche in questo caso i filmati delle telecamere, oltre al racconto delle vittime, permettono di ricostruire l’aggressione. Quattro ragazzi vengono colpiti a calci e pugni e presi a bottigliate nel tentativo di rubare un monopattino elettrico a uno di loro. Anche in questo caso sono una quindicina i partecipanti all’aggressione, anche se alcuni di loro circondano soltanto le vittime senza colpirle. Per il gip, però, questo non influisce sulle singole responsabilità penali e infatti vengono indagati tutti i ragazzi presenti: «La forza è il gruppo al di là dell’azione materiale posta in essere di volta in volta da alcuni di loro, ovvero da alcuni membri del gruppo», scrive il giudice.

EMERGENZA SECONDE GENERAZIONI, FIGLI IMMIGRATI ODIANO ITALIANI E LI ACCOLTELLANO, SGOZZANO E MASSACRANO: “VOLEVO RUBARGLI IL FUTURO”

Si arriva così all’ultima aggressione, la più brutale. Tutto avviene alle tre di notte in piazza Sempione, sotto all’Arco della Pace. La banda di Bonola prende di mira cinque coetanei che quella sera hanno festeggiato il compleanno di uno di loro. Tutto nasce ancora una volta da una frase («Mi hai chiamato cogl….») che uno degli arrestati rivolge a una delle vittime. Il giovane però si volta e dice che non è vero e di non aver mai visto prima quel ragazzo. L’aggressore cerca di farsi sotto ma in quel momento in piazza passa un poliziotto in divisa che interviene e allontana tutti. Appena l’agente sparisce dalla vista , però, il gruppo torna alla carica. La vittima viene subito aggredita e circondata da una quindicina di ragazzi, poi colpita con una testata all’occhio destro e crolla a terra. Mentre il giovane è sull’asfalto privo di sensi altri ragazzi lo continuano a colpire con calci e pugni «mentre cercava di ripararsi la testa». Quando riesce a rialzarsi il ragazzo si rende conto che il branco si sta adesso accanendo sugli amici. Uno di loro viene colpito con un pugno al naso, l’altro riceve una fortissima contusione sul viso provocata da un casco scagliato in pieno volto. Le prognosi sono pesanti: un ragazzo con una frattura al capitello radiale del gomito e varie contusioni, un altro con le ossa nasali fratturate, un terzo con un trauma cranico e rachide cervicale da percosse. Uno dei passanti filma con il cellulare le ultime fasi dell’aggressione e permette di ricostruire l’identità dei ragazzi.

Per scoprire l’unico dato che sarebbe dovuto apparire immediatamente, perché fondamentale, si deve arrivare all’ultima riga:

[…] provengono da famiglie straniere da anni in Italia

C’è una vera e propria emergenza immigrati di seconda generazione in Italia. Sono tra noi e vogliono ucciderci. L’odio, quello che secondo i media di distrazione di massa gli italiani riversano contro di loro sui social, è invece per loro una cosa reale da riversare contro di noi a coltellate. Alla schiena.

Il caso di Marta è solo l’ultimo:

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Sempre nelle stesse ultime quarantotto ore, sgominate due baby gang di figli di immigrati che andavano a caccia di italiani:

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Torino e Milano, lo scorso ottobre, le hanno devastate loro:

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E prima di Malik era stata la volta di Said:

Said, lo sgozzatore ‘italiano’ ride e fa le corna – FOTO

Che aveva sgozzato il ragazzo italiano perché era felice e sorrideva. Quella felicità che lui, figlio di una coppia mista come Malik, non poteva ‘sentire’ perché uomo senza identità. Per questo odiava il ragazzo che rideva. Per questo, molti tra loro, nella loro incerta identità, ci odiano.

Gli 007 ci avevano avvisato:

007 lancia allarme seconde generazioni: “Minaccia concreta”

Il più grande intellettuale italiano ci aveva avvisato. Parliamo di Meluzzi. L’unico uomo di cultura italiano a non avere il timore di dire che cosa sta accadendo.

“La vicenda di Said Mechaouat, apparentemente acclimatato in Italia, che ha tagliato la gola a Stefano Leo in quanto bianco e felice, ci rivela un aspetto di ritualità ai confini con il satanismo e il pensiero magico che sono tipici di alcuni segmenti del mondo islamico. È un sistema di pensiero che da’ sfogo non solo all’aggressività derivante dalla apparente frustrazione sociale presente in questi soggetti ma crea una vera e propria strutturazione psicopatologica di tipo paranoide che, per esempio, abbiamo visto funzionare bene nell’Isis, ancorché pilotato da centrali spionistiche occidentali che hanno utilizzato attraverso i fanatici come i foreign fighters provenienti dalla Cecenia, dalla Bosnia e dal Kosovo, frustrazioni secolari.
In definitiva, anche tutto ciò che una ritualità aggressiva di origine satanica può arrecare con sé.

Trattasi di un pericolo imminente che alle nostre latitudini vedremo a breve, appena tutti coloro, anche delle seconde e delle terze generazioni, esprimeranno tutto l’odio che nutrono per la nostra civiltà, cultura, tolleranza, i nostri diritti civili. È paradossale che una certa cultura radical chic italiana esalti burqa e manifestazioni dell’estremismo islamico oppure che gli omosessuali difendano l’Islam senza rendersi conto che laddove l’Islam governa i gay vengono defenestrati dall’ottavo piano, come si è visto in molti video iracheni e siriani. Non ci si può mascherare dietro una psichiatria spicciola o catalogare questi eventi isolati in una civilissima categoria giurisprudenziale.

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E le seconde e terze generazioni sono quelle delle banlieu parigine. Quelle del Bataclan. Sono loro, nutrendo odio per chi conosce se stesso, rispetto a chi è uno sradicato, a volerci uccidere.

Meluzzi: “Quando sgozzano un italiano non è mai razzismo” – VIDEO

Intanto condannano per strage Traini che non ha ammazzato nessuno. Per lui odio razziale. Per loro mai.

Le seconde generazioni sono il vero pericolo. I loro genitori, in gran parte, almeno fino agli ultimi anni, venivano per lavorare, e ringraziavano per il lavoro. Questi sono cresciuti con promesse che non possono essere mantenute: e diventano violenti. E se vedono un italiano felice, lo vogliono morto.

Si replica, in Italia, quanto avvenuto nelle banlieus francesi: è lo sradicamento e l’essere totalmente avulsi dalla società autoctona a renderli violenti. Non sono italiani, e non possono essere africani. Dare loro la cittadinanza, come vedete, non serve a nulla.

Solo a rendere impossibile la loro espulsione.




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