Treni presi d’assalto da spacciatori africani

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Durante i controlli di rito, gli agenti in servizio di monitoraggio e sicurezza, stanano immigrati africani con droga indosso o con precedenti a carico. Oltre a un nigeriano irregolare: espulso e mai partito. Continuano incessanti i controlli straordinari del territorio voluti dal Questore della Provincia di Perugia, Antonio Sbordone nelle zone di Assisi e Bastia Umbra. Nel corso delle attività effettuate dalla Squadra Volante e dal personale dell’Ufficio Anticrimine del Commissariato di Assisi, anche con l’ausilio determinante del Reparto Prevenzione Crimine Umbria- Marche, gli agenti sono riusciti in pochi giorni ad ottenere importanti risultati. Durante la sua attività, la polizia ha concentrato la sua attenzione soprattutto sulle stazioni ferroviarie. Luoghi sensibili dove è possibile monitorare i flussi di coloro che si spostano fuori comune e regione. Così, durante le operazioni di controllo, gli agenti in servizio sono partiti dalla verifica del possesso dei giustificati motivi richiesti dalle attuali restrizioni della normativa anti contagio.

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Nel corso dei controlli gli agenti hanno fermat, mentre scendevano dal treno, due giovani. Un 20enne, di origini marocchine, ma di fatto residente a Bastia Umbra, con precedenti di Polizia. Il ragazzo aveva con sè una dose di hashish. E un 28enne, di Foligno, anch’egli con numerosi precedenti, a sua volta in possesso di una dose di marijuana. Le forze dell’ordine hanno allora provveduto a segnalarli alla locale Prefettura, in qualità di assuntori abituali di sostanze stupefacenti. Non solo. Sempre alla stazione di Assisi le forze dell’ordine hanno fermato, dopo essere sceso dal treno diretto a Perugia, un tunisino classe 1982, con numerosi precedenti soprattutto per reati contro il patrimonio.




Un pensiero su “Treni presi d’assalto da spacciatori africani”

  1. Storicamente o logicamente, Il patto sociale prevede che i cittadini deleghino allo stato l’uso della forza per evitare che “ognuno debba difendersi e/o farsi giustizia da se”, consentendo allo stesso il relativo monopolio.
    Dove ciò non è possibile, il cittadino – secondo l’ordine naturale – recupera il diritto alla difesa della persona, della proprietà, della comunità e del territorio. Nonché, ça va sans dire, della nazione, la casa comune, il luogo del comune sentire.
    Il messaggio dato all’esterno è invece del tutto contrastante con l’ovvio principio di legalità: fin dall’inizio dei viaggi “della speranza” viene chiarito ai simpatici invasori cosa sarà loro garantito e l’estensione di ciò che potranno permettersi di fare con una altissima probabilità di impunità.
    Questo mantra viene ripetuto da loro sodali che “ce l’hanno fatta” (si vedano, anche su YouTube, i vari canali “blacks in europe” et similia), dai simpatici operatori dell’OIM, dell’UNHCR, delle ONG e, con ogni probabilità, pure dai solerti e affidabili difensori delle nostre frontiere, terrestri e marittime.
    Viene ripetuto dagli amorevoli gestori delle strutture cui vengono affidati a spese dell’erario, e probabilmente dai puntuali avvocati da noi pagati per difenderne valentemente le menzogne, garantendo che dal territorio italiano nessuno possa essere mai allontanato.
    Ci si aspetta che chi fonda la propria presenza su organizzazioni criminali, prima e forse durante, e sulla menzogna lo faccia per rispettare l’ospite?
    Il paese ospite non è considerato affatto tale, ma è una terra di conquista, in cui si deve poter fare ciò che si vuole, così com era stato promesso; ogni debolezza viene vista come imbecillità, ogni cortesia, come la sottomissione di poveri anorchidi.
    E’ piuttosto chiaro che il fenomeno è stato fatto appositamente sfuggire di mano, divenendo ormai un fenomeno di illegalità diffusa e di massa; ed è altrettanto chiaro che presto, l’unica soluzione praticabile sarà quella dei rimedi di massa che, per definizione, non danno grosso spazio ai c.d. diritti umani.
    Del resto. una popolazione ha il sacrosanto diritti di vivere in pace e sicurezza a casa propria.
    E, ritengo, lor signori non abbiano fatto i conti fino in fondo con il carattere italiano, che unisce l’intelligenza acculturata con la smaliziata furbizia levantina.
    L’Italia non è la Svezia.
    Quindici anni fa, Report faceva bellissimi servizi sui “mammi” svedesi, glorificando le beatitudini del maschio che teneva il ruolo della mamma, assentandosi dal lavoro al suo posto e cambiando i pannolini e cucinando. Ecco, una popolazione di “mammi” si è fatta distruggere lo stato, a sue spese, da un’invasione di sfruttatori, ma senz’altro più avvertiti dei “mammi”.
    Quell’incubo che scorreva sugli schermi e voleva far capire agli italiani che i maschi dovevano essere come femmine, e non essere pronti a combattere, “pronti a morire”, non ha attecchito in Italia, o non del tutto.
    Del resto, non erano gli svedesi a scendere qui per le bellezze italiane, e nulla avevano da ridire se i latin lover facevano una mossa nei confronti delle biondissime fröken.
    Quindi, l’attuale disordine, l’attuale palese, plateale ingiustizia, dovrà finire, e presto.
    Staremo a vedere.

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