Spacciatore africano occupa casa sua ma non può sfrattarlo perché è agli arresti domiciliari per droga

Vox
Condividi!
VERIFICA LA NOTIZIA

Affitta una casa con un contratto registrato salvo poi rendersi conto che l’inquilino dall’iniziale puntualità nel saldo mensile si trasforma in un moroso conclamato. Capita ai proprietari di immobili. Poco male, inconvenienti fisiologici. Quello che il medico pisano prigioniero di una vicenda all’italiana non sapeva di dover affrontare era ben altro.

Un’antologia di rimpalli tra ordinanze del Tribunale e residenze concesse dal Comune che alla fine lo hanno messo in una condizione da primatista del paradosso. In un’abitazione di sua proprietà in via Garibaldi da almeno due mesi vive un tunisino in detenzione domiciliare, disposta dal Tribunale di Sorveglianza di Catania, e un suo connazionale.

Un’occupazione abusiva contro la quale il proprietario finora nulla ha potuto. Non c’è un contratto e non pagano affitto. La beffa assoluta non riguarda solo l’impossibilità di tornare nella disponibilità del bene dove vive una persona sconosciuta che sta scontando una condanna per spaccio. Deve anche pagare le utenze domestiche, sempre intestate alla proprietà. E, sommo dileggio, quando è andato a casa sua per dire all’occupante che se ne doveva andare, la risposta che lo ha fatto infuriare è stata la replica dell’abusivo: «Bene, se sei il proprietario allora ti segnalo la caldaia rotta. Vedi di farla riparare perché fa freddo».

Vox

Esposti e querele al momento non sono serviti a scalfire una situazione di palese illegalità. Nelle pieghe di una sceneggiatura kafkiana il tunisino ha dalla sua il favore di un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che indica quel domicilio per la detenzione. Lo Stato in qualche modo “garantisce” una condizione irregolare. E il Comune a fronte di un provvedimento della magistratura ha concesso la residenza al nordafricano che pretende pure dal proprietario il ripristino del riscaldamento. Deve pagargli anche le bollette di luce e gas altrimenti è lui, il medico, a passare dalla parte dei morosi. Luigi Dell’Aquila, (nella foto nel riquadro) praticante avvocato, segue il caso tra Pisa e Catania. La sua istanza al Tribunale di Sorveglianza siciliano ancora non è stata calendarizzata.

«Non hanno fissato l’udienza per discutere la modifica della detenzione domiciliare – spiega –. Non è possibile che quella persona resti nella casa in modo abusivo». Quello che è successo prima può essere solo ipotizzato visto che l’inquilino, italiano, è sparito. Può essere che quando c’è stato bisogno di indicare un domicilio l’italiano abbia dato la disponibilità al tunisino. Poi si è volatilizzato lasciando in sospeso diverse mensilità. Nel frattempo il nordafricano si è stabilito in via Garibaldi. E non ha nessuna intenzione di andarsene.

Surreale la scena tra il proprietario e il tunisino quando si sono incontrati per la prima volta. A dicembre il medico si presenta per capire bene cosa è successo alla sua abitazione dopo la sparizione dell’inquilino. Gli apre la porta l’immigrato a scrocco. «Sono il proprietario, dov’è l’inquilino?» domanda. «L’inquilino è sparito, non so dove si trovi. Se sei il proprietario ripara la caldaia perché fa freddo» è la risposta. Il medico ha presentato ai carabinieri una denuncia per invasione e occupazione di edifici. E ha informato forze dell’ordine e Procura che un detenuto ai domiciliari vive in una casa in modo illecito. «Nonostante le indagini difensive e la mole di documentazione offerta alle autorità non abbiamo ottenuto risultati – afferma il dottor Dell’Aquila –. Le forze dell’ordine si trovano con le mani legate perché è in vigore un provvedimento del magistrato di Sorveglianza che autorizza il tunisino a stare lì nonostante l’inidoneità del domicilio e il Tribunale di Sorveglianza di Catania non ha ancora fissato udienza per discutere il caso».

La sua “forza” sono i domiciliari senza i quali sarebbe più semplice allontanarlo dall’abitazione dove vive a costo zero. Il proprietario ha già pagato mille euro di luce e gas. E i vicini lamentano giri strani tra clienti e spacciatori. Istantanea di un’Italia dove dimostrare di avere ragione diventa un calvario.