Funerali, Paolo Rossi portato a spalla dagli azzurri di Bearzot – VIDEO

Vox
Condividi!

Il funerale di Paolo Rossi ha mostrato come quella squadra di Spagna ’82 fosse più di una squadra. Bearzot aveva davvero creato qualcosa di speciale. Qualcosa che andava ed è andato oltre un campo di calcio. Era un’Italia migliore. Non ancora inquinata dalla modernità che allora si stava appena affacciando.

L’ultimo saluto a Paolo Rossi è stato commovente, ferito però da cori da stadio. “Paolo, Paolo, Paolo…” e dagli immancabili applausi che ormai non mancano nemmeno nei funerali normali.

A Vicenza, nel Duomo, i funerali dell’azzurro campione del mondo nel 1982. A portare il feretro, i suoi compagni di nazionale. “Del gruppo del 1982 era il simbolo in campo e fuori dal campo. Io ero attaccante come lui e cercavo di imitarlo ma lui era molto più forte di me, le sue erano doti naturali e fare le cose che faceva lui era impossibile”, dice Alessandro Altobelli, uno di quelli che ha portato il feretro a spalla-

Vox

L’ultimo saluto a Paolo Rossi è stato commovente, con cori da stadio. “Paolo, Paolo, Paolo…”. A Vicenza, nel Duomo, i funerali dell’azzurro campione del mondo nel 1982. A portare il feretro, i suoi compagni di nazionale. “Del gruppo del 1982 era il simbolo in campo e fuori dal campo. Io ero attaccante come lui e cercavo di imitarlo ma lui era molto più forte di me, le sue erano doti naturali e fare le cose che faceva lui era impossibile”, dice Alessandro Altobelli, uno di quelli che ha portato il feretro a spalla.

“Non riesco ancora a crederci. Fino ad un mese e mezzo fa lo sentivo spesso in chat, poi ha iniziato a non rispondere ed ho capito che c’era qualcosa che non andava. Se ne è andato con dignità, voleva essere il Paolo Rossi che ho sempre visto, sempre sorridente. Noi siamo andati al Mondiale come l’armata brancaleone, Paolo arrivò dopo due anni di inattività. Era deriso da tutti, il suo riscatto e la sua rivincita hanno coinciso con la nostra rivincita. Io se sono campione del mondo lo devo a lui”, le parole di un commosso Fulvio Collovati ai cronisti davanti al Duomo. “Quando è arrivato il messaggio del moglie Federica che ci chiedeva di non dimenticarlo mi si è spezzato il cuore -prosegue l’ex difensore di Inter e Nazionale-. Era un amico, un fratello. Un ragazzo solare, di una semplicità disarmante. Ho subito tranquillizzato Federica, come si fa dimenticare Paolo?”.

“Non ho perso solo un compagno di squadra, ma un amico e un fratello. Insieme abbiamo combattuto, vinto e a volte perso, sempre rialzandoci anche davanti alle delusioni. Siamo stati parte di un gruppo, quel gruppo, il nostro gruppo. Non pensavo ti saresti allontanato così presto, ma che avremmo camminato ancora tanto insieme”, dice Antonio Cabrini, amico e compagno di squadra alla Juventus e in Nazionale. “Già mi manchi, le tue parole di conforto, le tue battute e i tuoi stupidi scherzi -aggiunge Cabrini-. Le tue improvvisate e il tuo sorriso. Mi manca proprio tutto di te, oggi voglio ringraziarti perché se sono quello che sono lo devo anche al meraviglioso amico che sei stato. Io non ti lascerò mai, ma tu stai vicino a tutti noi, come io starò vicino a Federica e ai tuoi figli”.

Forse nulla più di questo esemplifica la differenza tra l’Italia di ieri e quella di oggi: da Paolo Rossi a Balotelli.