Ue svende il Made in Italy alla Cina: potranno copiarlo

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La Ue per l’Italia è una catastrofe. Perché agisce solo per gli interessi di Berlino. Berlino vuole vendere alla Cina macchinari che poi la Cina utilizza per produrre e copiare e inondare i mercati a spese nostre. Abbiamo più interessi in comune con gli Usa che con la Germania per quanto riguarda la Cina.

E ora, per volere di Berlino, la Cina potrà anche copiare i nostri prodotti alimentari:

Filiera Italia in parte soddisfatta dell’approvazione dell’Accordo UE-Cina a a garanzia della protezione dei beni alimentari, ma non lo è sulla tutela dei nomi generici.

Il Parlamento europeo ha dato il via libera all’accordo tra Unione europea e Cina a garanzia della protezione dei beni alimentari UE dalle contraffazioni o dall’utilizzo illecito della propria denominazione.

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Tuttavia per Filiera Italia e il suo presidente Luigi Scordamaglia, anche se “ogni passo avanti verso la tutela delle nostre eccellenze è una buona notizia, in questo caso siamo davanti a un accordo storico, ma il bicchiere per l’Italia resta mezzo vuoto”.
Ora si attende che il Consiglio UE dia l’ok definitivo per avere in previsione per l’Ue un rilancio delle esportazioni agroalimentari verso la Cina, il cui valore nel 2019 ammontava a 14,5 miliardi di euro (più di 400 milioni di euro per la sola Italia), scrive Filiera Italia nel suo comunicato stampa.

26 prodotti italiani tutelati
Sui 100 prodotti europei ad essere tutelati dall’accordo UE-Cina, 26 sono italiani.

“ Parliamo di molte eccellenze, fra cui l’Aceto balsamico di Modena, il prosciutto di Parma e San Daniele, la mozzarella di bufala campana e il parmigiano reggiano”, ricorda Scordamaglia che su un punto resta però critico.

“Il problema è la mancata tutela dei nomi generici, pensiamo al tristemente noto Parmesan che in Nord America è considerato generico ed utilizzabile per indicare una categoria di prodotto, alla stregua di “mozzarella” e questo genera confusione nella mente dei consumatori”.
Inoltre nell’accordo con la Cina, a differenza di quello con il Canada o il Giappone, non risulta esplicitato il divieto di utilizzare i nomi generici in abbinamento con parole o simboli che richiamino all’italianità, aumentando così le possibilità di inganno ai danni di chi vorrebbe acquistare Made in Italy.




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