Covidioti: perso 1 milione di posti di lavoro, ma importiamo immigrati

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Mentre il governo importa immigrati attraverso sanatorie e flussi, oltre che con i barconi, 1 milione di italiani sta perdendo il lavoro.

Sono circa un milione i posti di lavoro che le pmi italiane potrebbero perdere tra l’inizio e la fine del 2020. È quanto emerge dall’indagine ‘Crisi, emergenza sanitaria e lavoro nelle pmi’, condotta dalla Fondazione studi consulenti del lavoro tra fine settembre e metà ottobre tra 5000 professionisti iscritti all’Ordine (su 26mila). La ricerca sarà presentata dai consulenti del lavoro, che dall’inizio dell’emergenza sanitaria hanno accompagnato le imprese nella gestione della crisi, al Festival del Lavoro in programma oggi e domani 23 ottobre.

Un bilancio pesante quindi per il milione e mezzo di imprese assistito dai consulenti del lavoro, visto che i loro organici potrebbero contrarsi di circa il 10%.

L’effetto della crisi, dunque, unitamente allo sblocco dei licenziamenti, è destinato, spiegano i consulenti del lavoro, a presentare per l’occupazione italiana un conto più pesante delle stime effettuate a inizio pandemia e che potrebbe ulteriormente aggravarsi con le misure che si stanno adottando in questi ultimi giorni a livello territoriale. Situazione che rischia di far pagare un conto salatissimo ad alberghi e ristoranti e alle aziende che operano nella filiera del tempo libero, della cultura e del commercio.

Secondo i consulenti del lavoro “si tratta di un dato previsionale che riflette le pesanti ripercussioni che l’emergenza ha finora prodotto su tantissimi settori, a forte vocazione ‘micro’, già fortemente colpiti. Il progressivo slittamento della crisi da un piano congiunturale ad uno strutturale, con cambiamenti profondi e radicali nell’approccio al mercato, alla produzione, all’organizzazione dell’impresa, prodotti dalla nuova normalità che si va consolidando impone comportamenti nuovi di consumo e di lavoro, a cui le pmi, in un momento drammatico come quello attuale, hanno più difficoltà a stare dietro”.

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Come emerge dall’indagine dei professionisti “il possibile bilancio occupazionale a fine anno potrebbe essere drammatico in particolare per gli alberghi e la ristorazione, dove più della metà dei rispondenti (51,6%) prevede una riduzione degli organici superiore al 15%. Ma anche per le aziende che operano nella filiera del tempo libero e della cultura le previsioni sono critiche: il 27,2% dei consulenti si aspetta una riduzione della base occupazionale tra il 10 e 15% e ben il 30% di loro una superiore al 15%. Per entrambi i settori pesa e peseranno, infatti, ancora di più nei prossimi mesi, il crollo dei flussi turistici, e altresì le restrizioni indotte dall’emergenza sanitaria, che penalizzano in misura determinante le attività legate all’intrattenimento (dalla ristorazione al fitness, ai cinema, agli eventi e spettacoli)”.

Si presenta critico anche il bilancio per il commercio, che ha già dato un contributo importante ai negativi saldi di metà anno registrati dall’Istat. In questo settore più della metà dei Consulenti del Lavoro prevede perdite superiori al 10%, il 30,3% stima una contrazione tra il 10 e 15% e il 23,3% superiore al 15%. Preoccupano, poi, le stime per il settore manifatturiero che, stando ai dati ufficiali diffusi a settembre, sembrerebbe avere tenuto meglio da un punto di vista occupazionale e soprattutto avere avviato una fase di ripresa più decisa.

In questo caso, tuttavia, lo sblocco dei licenziamenti potrebbe portare a contabilizzare un numero di perdite molto più elevato rispetto alle attese, anche a seguito dei processi di ristrutturazione che molte aziende saranno costrette ad avviare: a fronte del 32,4% di intervistati che ipotizza una contrazione degli organici tra il 5 e 10%, il 33,4% pensa che possa essere superiore: il 19,8% lo stima tra il 10 e 15% e il 13,6% superiore al 15%.

Anche il terziario rientra nel novero dei settori in sofferenza, sebbene le perdite dovrebbero essere in questo caso più contenute. Il 40% dei rispondenti all’indagine pensa, infatti, che la contrazione degli organici dovrebbe essere inferiore al 5% (29,6%) o addirittura nulla (9,4%); il 32,7% pensa invece che sarà tra il 10 e 15%. Per i settori del credito e assicurazioni e dell’informazione e comunicazione, invece, le previsioni di riduzione a fine anno risultano molto più contenute. Rispettivamente il 29,3% e 24,5% pensa che l’impatto della crisi sarà nullo, mentre per la maggioranza (37,9% e 35%) questo si fermerà al massimo al 5%.

Si tratta di una crisi che si presenta pertanto dall’impatto fortemente differenziato a livello settoriale, come ampiamente evidenziato dai primi dati ufficiali e confermato dalle stesse previsioni dei consulenti del lavoro, che individuano nel turismo, tempo libero, commercio e terziario avanzato l’area a più elevato rischio, senza trascurare tuttavia l’impatto che lo sblocco del divieto di licenziamento potrebbe avere per il comparto manifatturiero dove la situazione si presenta al momento più incerta.




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