La prima guerra razziale: quando i nostri progenitori respinsero la prima invasione ‘africana’

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Un tempo agli invasori si sparava. Oggi, se lo dici, ti costringono a dirti pentito. In un tempo antico chi passava il confine era un morto che camminava. Anche all’alba della storia.

Gli scheletri, trovati sulla riva sud-orientale del Nilo, sono con ogni probabilità testimonianza del più antico conflitto armato conosciuto, su larga scala.
E anche del più antico scontro etno-razziale

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Siamo a sud dell’Egitto. La storia di questa grande scoperta archeologica inizia negli anni ’50, quando viene decisa la costruzione della nuova diga di Assuan. E’ un grande progetto, che entusiasma i due ingegneri che vi si dedicano ( tra cui un italiano), ma che terrorizza gli archeologi; e il motivo è chiaro: il nuovo ed immenso bacino che si creerà, finirà con l’ inondare i reperti presenti sulla riva sud-orientale del Nilo.

A questa preoccupazione, nel 1.960, decide di rispondere l’Unesco; parte così una missione in grande stile per individuare e spostare i siti archeologici a rischio.
Ed è in quest’occasione che nel 1.964, a nord dell’attuale Sudan, viene rinvenuto un primordiale cimitero, costituito di tre siti contigui, risalente a oltre 13.000 anni fa.
E’ un rinvenimento già all’apparenza non da poco, in quanto più antico sito della zona. E tuttavia la sua importanza non viene in un primo momento compresa; i mezzi a disposizione non lo consentono.

I resti scheletrici finiscono così nel laboratorio dell’illustre antropologo americano Fred Wendorf; ove, di fatto, riposano per oltre 30 anni.

Praticamente, fino a quando non hanno iniziato ad essere studiati con le moderne tecnologie del 21esimo secolo: e qui è iniziatp il bello.
Per la prima volta, strumenti tecnologici di una certa “raffinatezza” hanno potuto esaminare questi residui ossei, ed evidenziare particolari mai notati prima.

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Una prima scoperta rilevante, è stata osservare che le ossa dei crani e delle braccia di quasi il 50% degli scheletri provenienti da Jebel Sahaba ( uno dei siti di cui è composto il cimitero), presentano innumerevoli segni di impatto di frecce, e che frammenti appuntiti di pietra selce ( usati per la testa della frecce) sono sparsi sopra e tutto attorno alle ossa: è evidente, questi sono scheletri di persone morte assassinate, a seguito di un attacco di arcieri.

E nelle ricerche compiute dal British Museum, in collaborazione con scienziati francesi, si è visto che c’è anche di più: si è infatti dimostrato che ci fu un vero e proprio conflitto su larga scala, che toccò un po’ tutta la riva orientale a sud del Nilo: durato molti mesi, e probabilmente anni.
Non vi sono oramai dubbi di rilievo: quello trovato non è un ‘semplice’ cimitero, è altresì testimonianza di un conflitto armato organizzato: è, in pratica, un cimitero di guerra, della prima guerra di cui si abbia notizia.

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A coronamento di questa formidabile scoperta archeologica, da pochi giorni, residui scheletrici di due dei cadaveri ritrovati, sono divenuti parte della nuova esposizione permanente del British Museum sull’Egitto dei primordi.

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Ma gli ultimi sviluppi di questa vicenda, hanno rivelato anche dell’altro. Ricerche parallele, compiute da università come la John Moores di liverpool o la Tulane di New Orleans, si sono concentrate sopratutto sul comprendere chi fossero le vittime di quelle sepolture.

E il loro responso è chiaro: tutte le vittime sono parte di uno stesso ceppo razziale, assolutamente identificabile come progenitore dei neri sub-sahariani di oggi: tutto nell’analisi delle ossa del cranio, del bacino e degli arti corrisponde.

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Ma chi furono allora i loro rivali, i nemici in quella grande e primordiale guerra? Ebbene, i ricercatori sono convinti che si trattasse di genti di tutt’altro tipo; genti che a quel tempo erano situate in un po’ tutto il bacino del Mediterraneo; ovvero: caucasici, popolazioni progenitrici dei nordafricani autoctoni (come i Berberi), ed in parte anche degli europei attuali. I resti stessi di popolazioni di tal tipo, vengono ritrovati a 200 miglia a sud del cimitero di Jabel Sahaba.

Fu allora guerra razziale, tra popolazioni che con ogni probabilità differivano oltre che geneticamente, anche nella cultura e nella lingua. Popolazioni che proprio nella zona settentrionale dell’odierno Sudan, per via della fertilità creata dal corso del Nilo, vennero a contatto.
Si può notare, quindi, come quella prima guerra fu l’anticamera degli scontri che in epoca storica videro da una parte gli egizi e dall’altra i nubiani.

La causa scatenante? Anche qui scienziati ed archeologi non hanno dubbi: una regressione climatica ( conseguenza di un periodo dell’ultima glaciazione, denominato “Dryas recente”). In breve, diverse fonti d’acqua si prosciugarono, e i differenti gruppi etnici si spostarono maggiormente verso il corso sud orientale del Nilo ( unica fonte duratura), venendo a contatto, e dando così inizio ad una feroce competizione per le risorse.

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Questa scoperta archeologica è davvero molto affascinante, e consente di effettuare svariate considerazioni.
Si potrebbe ad esempio notare, come già in epoca abbondantemente preistorica, le popolazioni caucasiche fossero tecnologicamente più progredite delle popolazione sub-sahariane. Sempre a memento che quale che sia la causa di questo divario, certo non è il colonialismo ( che ne è al più una delle conseguenze).

Ma senz’altro l’aspetto più avvincente dello sviluppo di questa prima guerra della Storia, è come si palesi ancora una volta che la causa primigenia di guerra non sia, ad esempio, la brama di potere o di ricchezza, né tanto meno la presenza di confini, ma anzi, l’assenza stessa dei confini.
Finché quelle due popolazioni avevano la loro terra, c’è stata pace; quando si sono dovute muovere sulla costa sud orientale del Nilo, è iniziato, inevitabile, lo scontro: perché è insito nella natura umana fare gli interessi della propria gente, per mandare avanti il proprio patrimonio genetico e, non meno, avere una terra in cui ‘sentirsi a casa’.

E non è rassicurante pensare che oggi, con l’esperimento ‘immigrazionista’ e multirazziale in Europa, illudendosi che gli uomini siano intercambiabili (come già denunciava l’antropologo Lévi-Strauss ) si stiano creando premesse anche peggiori: gruppi etnici molto diversi, in territori sovrappopolati, e prossimi a carenza di risorse ( carenze denunciate, proprio negli ultimi giorni, anche da studi di rilievo compiuti presso l’Università di Cambridge).

I disordini etnici che già ad oggi hanno falcidiato diverse zone d’Europa ( a volte anche portandosi dietro non pochi morti), sono nulla rispetto a quello che con questo andamento, si scatenerà in futuro. Al confronto, la striscia di Gaza e Beirut sembrereranno il posto migliore in cui vivere.

*Riguardo il Nordafrica, quella vittoria ha di fatto proteggo l’identità ‘bianca’ dell’Africa sopra il Sahara fino all’invasione araba che ha poi col seguito di schiavi subsahariani portato al genocidio per meticciamento imposto che vediamo oggi. In epoca romana le popolazioni delle due sponde del Mediterraneo erano dello stesso ceppo razziale. Annibale, fenicio, era come un europeo di oggi.




2 pensieri su “La prima guerra razziale: quando i nostri progenitori respinsero la prima invasione ‘africana’”

  1. Le guerre razziali sono le uniche che cambiano il corso della storia, perché cambiano il volto di quelle parti del mondo coinvolte; quelle non-razziali sono tali solo apparentemente, perché è la storia stessa a mutarne il significato. La razza, nelle interazioni dei gruppi umani, è l’unica cosa che conta, cui tutto il resto è subordinato. L’espansione mongola di Gengis Khan ha mutato per sempre il volto dell’Asia centrale; l’espansione islamica ha mutato per sempre la composizione razziale del Nordafrica e del Medio Oriente; il fatto che la Turchia si chiami così oggi è il risultato di una guerra razziale. Ovvio che l’unica guerra che conta sarà sempre l’ultima, RaHoWa.

  2. Noi la stiamo perdendo a causa di troppi autorazzisti bianchi e coccolane(g)ri, come questa Robin DiAngelo:

    https://www.nicolaporro.it/se-sei-bianco-sei-razzista-lultima-follia-politicamente-corretta/

    Che parla pure di “genocidio nero” negli USA, assurdo! Quando in realtà il genocidio è bianco, visto che negli ultimi cinquant’anni la popolazione bianca negli USA è passata dall’87,5% al 70%, perché i bianchi fanno pochi figli e in questo arco di tempo a causa dell’abolizione della segregazione razziale e della legge anti-miscegenation, sono aumentati i meticci, soprattutto derivati dalle coppie nero-bianca.

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