Fare parte della UE costa all’Italia 13 miliardi di euro l’anno

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Quindi, ricapitolando, per avere il privilegio di fare parte della UE, l’Italia versa ogni anno 5 miliardi netti a Bruxelles. E perde 8 miliardi di euro in tasse. Se uscissimo, per il solo fatto di non farne più parte, l’Italia guadagnerebbe 13 miliardi di euro l’anno. Altro che MES!

All’interno della stessa Unione europea ci sono stati che con le loro politiche si comportano come dei paradisi fiscali nell’area euro e attuando pratiche aggressive danneggiano l’economia degli altri membri della Ue, tra cui l’Italia.

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Perdite fino a 8 miliardi – A puntare il dito contro Stati come l’Irlanda, l’Olanda e il Lussemburgo è il presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, Roberto Rustichelli che parlando alla Commissione Politiche dell’Unione europea della Camera, ha disegnato un quadro non affatto roseo. La concorrenza fiscale sleale a livello europeo “comporta un danno per l’Italia che può essere stimato tra i cinque e gli otto miliardi di dollari l’anno”, con alcune ricerche che “stimano che, a causa della concorrenza fiscale sleale a livello europeo, il fisco italiano perde la possibilità di tassare oltre 23 miliardi di dollari di profitti: 11 miliardi dei quali vengono spostati in Lussemburgo, oltre 6 miliardi in Irlanda, 3,5 miliardi in Olanda e oltre 2 miliardi in Belgio”.

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Paradisi fiscali – Il leader dell’Antitrust non usa mezzi termini e afferma che “Paesi come l’Irlanda, l’Olanda e il Lussemburgo sono veri e propri paradisi fiscali nell’area Euro, che attuano pratiche fiscali aggressive che danneggiano le economie degli altri Stati membri e che, anche grazie a queste pratiche, registrano elevatissimi tassi di crescita”. A suo avviso l’esperienza, “unica nella storia del nostro continente, di un’unione monetaria accompagnata da una crescente integrazione dei mercati reali e finanziari è sempre più incrinata dall’assenza di stringenti regole comuni fiscali e contributive”, e tale vuoto normativo “rende possibile ad alcuni Stati membri di porre in essere pratiche di dumping fiscale e contributivo, che possono minare le fondamenta della stessa costruzione europea”.

Conseguenze sul Pil – E le conseguenze di questi comportamenti scorretti sono a suo avviso evidenti. “Nell’ultimo quinquennio il Pil italiano è cresciuto solo del 5%, mentre quello dell’Irlanda è cresciuto del 60%, quello del Lussemburgo del 17% e quello dell’Olanda del 12%”. Altrettanto significativi risultano i dati relativi al reddito pro-capite nei diversi paesi. “A fronte di un reddito pro-capite nel 2019 in Italia pari a euro 28.860, si registra in Lussemburgo un reddito pro capite di 83.640, in Irlanda di 60.350 e in Olanda di euro 41.8702”, ha denunciato ancora, concludendo che “se alcuni Paesi ci guadagnano, è l’Unione europea a perderci, visto che le multinazionali reagiscono alla concorrenza fiscale, localizzando le loro sedi proprio nei Paesi europei con una tassazione più favorevole”, cosa che “drena risorse dagli Stati in cui il valore è effettivamente prodotto”.