Patronaggio finisce alla sbarra: a processo per abuso

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Luigi Patronaggio questa volta non ha avuto la meglio. Il procuratore di Agrigento, noto per avere accusato l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini per la vicenda della nave Diciotti per sequestro di persona aggravato, è stato messo all’angolo. Non bastava l’essere finito nelle intercettazioni del pm Luca Palamara, dove quest’ultimo assieme ad altri togati gli esprimeva solidarietà dopo le minacce ricevute (“Carissimo Luigi ti sono vicino, sii forte e resisti siamo tutti con te, un abbraccio”) e allo scopo con ogni probabilità – come riportato dal Giornale – “di attaccare Salvini anche se ha ragione”.

Patronaggio infatti ha ricevuto un “no” alla ricusazione, ossia alla legge che consente a un indagato di opporsi al magistrato che deve giudicarlo, sostituendolo con un altro. Il procuratore si trova indagato per abuso d’ufficio insieme ad un folto gruppo di colleghi in seguito alla denuncia di un avvocato siciliano, Giuseppe Arnone. Il legale venne messo in galera nel novembre 2016 con l’accusa di estorsione, poi sconfessata dal riesame e dalla Cassazione. Motivo questo che ha spinto Arnone a dire che si trattava di una manovra dei poteri forti.

Ed ecco che scatta un’altra denuncia: qui il giudice preliminare David Salvucci, a sorpresa, dà ragione ad Arnone e mette mano al fascicolo, invitando il procuratore e i suoi coindagati di discolparsi. Una mossa che a Patronaggio non è piaciuta, tanto che il procuratore ha deciso di accusarlo a sua volta di avere prodotto una “ordinanza abnorme”, sintomo di “un convincimento anticipato e arbitrario sulla esistenza di indizi di colpevolezza che ne minano l’indipendenza di giudizio e la terzietà”. Morale della favola? La Corte d’appello di Caltanissetta ha stabilito che non è vero niente.

La vicenda è questa:

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Patronaggio, il vizio di arrestare innocenti

Nella vicenda è indagata anche lei:

SeaWatch, Gip pro-Ong di Agrigento indagata per reati di falso e abuso




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