Islamici celebrano il Ramadan mentre ai ristoratori italiani arrivano le multe

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Ancora polemiche per gli assembramenti creati dai musulmani che domenica scorsa hanno festeggiato la fine del Ramadan in vari quartieri di Roma. E non solo, assembramenti simili in tutta Italia, in spregio delle regole: è stata ‘movida islamica’.

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Il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli ha annunciato la presentazione di un’interpellanza parlamentare.

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“In Italia gli stranieri possono fare né più né meno ciò che è consentito ai cittadini italiani. Quello che è inquietante – spiega l’esponente di Fratelli d’Italia a ilgiornale.it – è il comportamento delle Istituzioni perché, in piazza Re di Roma, nessun agente è intervenuto per fermare quello spettacolo indecente: il recinto dove sono state rinchiuse delle donne come bestie. Qualcuno, scavalcando impropriamente la Costituzione, abbia autorizzato ad andare contro le leggi italiane”.

Il protocollo per la riapertura dei luoghi di culto islamici, stipulato lo scorso 15 maggio, tra la presidenza del Consiglio, il Viminale e le comunità islamiche, in collaborazione col Comitato tecnico-scientifico, prevede la ripartenza delle celebrazioni religiose a condizione che vengano rispettate alcune norme relative a tre aspetti: “Accesso ai luoghi di culto in occasione di preghiera”, “Attenzioni da osservare nella preghiera” e “Igienizzazione dei luoghi e degli oggetti”. Il punto 1.1 dell’accordo stabilisce che le celebrazioni si svolgano “nel rispetto di tutte le norme precauzionali previste in tema di contenimento dell’emergenza epidemiologica in corso. In particolare i partecipanti sono tenuti ad indossare idonei dispositivi di protezione delle vie respiratorie e devono mantenere le distanze interpersonali di almeno un metro”. Nel punto 5.1 si suggerisce “ove il luogo di culto non sia idoneo al rispetto delle indicazioni del presente Protocollo, può essere valutata la possibilità di svolgere le funzioni all’aperto, assicurandone la dignità e il rispetto della normativa sanitaria, con la partecipazione massima di 1.000 persone”.

Domenica tali condizioni non sono state soddisfatte. Migliaia di musulmani si sono riversate nelle piazze dei principali quartieri della Capitale, da Conca d’Oro a Centecelle, passando per San Giovanni senza rispettare minimamente le regole del distanziamento sociale.

“Tali immagini dimostrano, se mai ce ne fosse stato bisogno, che nell’Italia delle ripartenze ci sono manifestazioni e celebrazioni religiose considerate privilegiate rispetto ad altre”, si legge nell’interpellanza di Rampelli in cui si ricorda, inoltre, che “solo poche settimane fa i ristoratori che hanno manifestato a Milano per difendere, peraltro, il proprio posto di lavoro sono stati multati, nonostante il rispetto di tutti i protocolli di sicurezza”. A Roma, invece, sono state autorizzate le cerimonie pubbliche per la fine del Ramadan “nonostante il divieto di assembramenti e l’appello della stessa Grande Moschea ad effettuare la preghiera per la festa della rottura del digiuno presso la propria abitazione”. “L’Italia è sempre stata una Nazione accogliente, ma ormai siamo di fronte a un caso di discriminazione al contrario e mentre noi siamo ancora soggetti a varie limitazioni per le celebrazioni religiose e addirittura per i funerali, dove non possono partecipare più di 15 persone, le stesse regole non valgono evidentemente per chi decide di festeggiare il Ramadan”.

Basta gloriarsi per la cosiddetta ‘accoglienza’, che è invasione con altri mezzi. Anche la semantica vuole la sua parte nella guerra alla sostituzione etnica: e non è adeguando il proprio linguaggio al nemico che vinciamo. Si chiama sudditanza culturale di cui è affetta parte della galassia della cosiddetta destra italiana.

Anche nei piccoli comuni scene da sostituzione etnica.

Ottaviani (La Rete) sulla festa di fine Ramadan a Savignano.

SAVIGNANO SUL RUBICONE – Si è tenuta domenica mattina presso lo stadio comunale Giuseppe Capanni di viale della Resistenza a Savignano sul Rubicone la festa di fine Ramadan che dalle prime ore del mattino ha visto radunarsi diverse centinaia di islamici della zona.
Una situazione paradossale, concessa e sostenuta dall’amministrazione comunale savignanese, in un periodo dove gli stessi impianti sportivi sono ancora chiusi all’attività calcistica per prevenire i contagi da nuovo coronavirus e dove ogni forma di assembramento dovrebbe essere vietata.
Ricordiamo come, all’indomani dell’inizio della cosiddetta “fase 2”, che ha consentito la riapertura delle attività commerciali e produttive, abbiano fatto scalpore sul web le foto di alcune piazze italiane piene di persone, a prima vista incuranti delle regole quali il distanziamento sociale e la mascherina. Queste immagini di movida hanno scatenato una stigmatizzazione mediatica che si inserisce nel più ampio contesto di “autorazzismo” che i media mainstream cercano di indurre nel popolo verso se stesso, inducendolo ad auto-accusarsi di essere egoista e superficiale, in modo da guardare il dito e non la luna.
Se è vero che specialmente in alcune province del nord è giusto un appello alla prudenza, non si è però vista la stessa polemica mediatica, la stessa verve delatoria e la stessa psicosi di controllo poliziesco in occasione dei numerosi assembramenti che hanno caratterizzato la fine del Ramadan in molte piazze italiane. Dopo 2 mesi senza messe e il divieto assoluto di celebrazioni pasquali, accade così che a Savignano sul Rubicone sia la stessa amministrazione comunale a preoccuparsi dell’evento di fine Ramadan concedendo l’utilizzo dell’impianto sportivo di via della Resistenza.
Come sempre, due pesi e due misure, e alla fine chi viene colpevolizzato e fatto oggetto del disprezzo dei suoi stessi concittadini è sempre il cittadino italiano impoverito dal lockdown, chiuso in casa da mesi e adesso oggetto dell’ennesima presa in giro: gli assembramenti più “assembrati” degli altri.