Cina, prima ci contagia e poi inonda con mascherine difettose: atto di guerra

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Sembra quasi una strategia. Prima hanno diffuso l’epidemia. Poi hanno distribuito materiali medici di protezione difettosi.

Quindici nazioni in quattro continenti hanno riscontrato dei problemi con i test per la diagnostica del coronavirus e con i dispositivi di protezione individuale di produzione cinese: dai tamponi già contaminati dal Covid-19 all’abbigliamento sanitario protettivo infestato da insetti passando dalle mascherine non adeguate.

Lo rivela il Gatestone Institute, un think tank internazionale con sede a New York, che racconta tutta la vicenda in un’inchiesta.

Pechino ha rifiutato di assumersi la responsabilità dei dispositivi difettosi. E invitato a smettere di “politicizzare” il problema. La Spagna, epicentro della crisi del coronavirus in Europa, ha riscontrato il maggior numero di problemi con i dispositivi medici acquistati dalla Cina.

O meglio: è quella che più ha protestato.

Ma anche altri Paesi hanno denunciato problemi con il materiale made in China. Australia, Austria, Belgio, Canada, Filippine, Finlandia, Georgia, India, Irlanda, Malesia, Olanda, Repubblica ceca, Slovacchia, Turchia, Regno Unito e Usa.

Noterete che manca l’Italia. Ma non perché non si siano verificati problemi: semplicemente, il partito cinese in Italia, il M5s, non ha pubblicizzato la questione. Come chiesto da Pechino.

Il caso Spagna è il più clamoroso. Poco dopo lo scoppio della pandemia, Madrid ha acquistato dalla Cina dispositivi medici di protezione per 432 milioni di euro. I fornitori cinesi chiesero di essere pagati in anticipo prima di effettuare le consegne. Ora – rivela il Gatestone Institute – sembra che gran parte del materiale cinese sia di pessima qualità. Un mese fa il ministero della Salute spagnolo ha detto che oltre mezzo milione di test diagnostici per il coronavirus acquistati da un fornitore cinese, la Shenzhen Bioeasy Biotechnology erano difettosi. La Bioeasy ha accettato di sostituire . Ma il 21 aprile il quotidiano El País ha scritto che tutti i 640 mila test sostituiti erano inefficaci. Il governo spagnolo esige ora un rimborso.

Ma come si diceva a fine marzo, la Cina ha invitato i Paesi europei a non “politicizzare” le preoccupazioni in merito alla qualità delle forniture mediche dalla Cina. “I problemi dovrebbero essere adeguatamente risolti sulla base di fatti e non di interpretazioni politiche”, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Affari Esteri Hua Chunying. Il governo cinese ha poi annunciato di aver rafforzato le misure di supervisione dell’esportazione dei kit di test prodotti in Cina.

Tre settimane fa, il Wall Street Journal ha rivelato che milioni di pezzi di dispositivi medici per gli Stati Uniti erano ancora all’interno dei magazzini in Cina. La senatrice statunitense della Georgia Kelly Loeffler – scive sempre il think tank americano – ha accusato Pechino di ritardare la consegna delle forniture dei kit di test: “I test sono fondamentali per riaprire il nostro Paese. Sono preoccupata che la Cina stia trattenendo i kit di test. Stanno giocando con la politica commerciale per impedire a noi, gli Stati Uniti, di avere i test di cui abbiamo bisogno”.

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Anche il governo italiano si è fatto rifilare un altro “pacco” dai cinesi. Ma in silenzio.

Ventilatori polmonari per terapia intensiva, modello VG70, da una società cinese che produce ventilatori polmonari che non funzionano. Di più: sarebbero pericolosi, mortali.

Il 15 marzo la Aeonmed, fabbrica cinese di materiale sanitario con sede a Pechino, fa partire il container di ventilatori di sua produzione verso l’Italia, su richiesta del governo italiano.

L’azienda cinese riporta nella sua pagina come il governo italiano abbia ringraziato pubblicamente la società cinese, suonando l’inno della Rep-Pop Cinese all’arrivo di uomini e materiale-Circa tre settimane dopo, il 4 aprile, il ministro britannico Gove annuncia l’arrivo di 250 ventilatori polmonari acquistati in Cina dalla medesima azienda, Aeonmed, di Pechino.

Si tratta di ventilatori Shangrila 510 S. Anche questi sono inutilizzabili: non rispettano le norme europee di sicurezza e non è possibile pulire adeguatamente i filtri.

Un gruppo di medici specialisti inglesi denuncia subito la pericolosità di queste macchine che invece di salvare vite risulterebbero letali.

Il dipartimento britannico di salute pubblica, che ha sede a Birmingham, ne blocca l’utilizzo e i ventilatori cinesi non vengono mai collegati ai pazienti. Ma la notizia emerge solo in questi giorni.

A quanto pare, anche i ventilatori arrivati in Italia, diversi da quelli ‘inglesi’ ma della stessa marca, presenterebbero gli stessi problemi. Ma non ci sono notizie ufficiali: sono stati usati? Non sono stati usati perché inadeguati, causando un danno economico? O peggio: sono stati utilizzati e hanno ucciso qualcuno?

Ma, soprattutto: come mai nessuno ne parla?

E poi c’è la Fase 3. Prendersi tutto:




2 pensieri su “Cina, prima ci contagia e poi inonda con mascherine difettose: atto di guerra”

  1. Gatestone Institute new york ? sono meno degli insetti e vengono a dire che i cinesi ?? ma fammi il piacere. E’ come la gdf che sequestra la roba quando quella ROBA E’ VALIDISSIMA. Notizia da cesso. Il virus è americano. Punto.

  2. Se fossi in inquirente partirei dalla stranezza che tutto il mondo prima dello scoppio della guerra batteriologica lanciata dalla cina fosse sprovvisto di qualsiasi presidio o macchinario atto a far fronte all’epidemia che si sarebbe scatenata di lì a poco. Se avevano forniture mondiali appare ovvio che si stessero preparando da almeno un anno all’evento. Tutta la spazzatura deve tornare al mittente, devono essere indagati per omicidio volontario i titolari di quelle fabbriche che hanno prodotto i ventilatori polmonari. Il mondo intero li deve ridurre sul lastrico inoltre c’è l’indagine di Trump sulle responsabilità che per fortuna non è sensibile per ora alle forze contrarie della ue. Per quanto riguarda i dazi nei confronti della cina ancor prima del presidente li chiedevo a gran voce su fb in salvini premier. Era cosa talmente banale che pare davvero strano che quelli che comandano non ci abbiano pensato.

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