Coronavirus, Pisa: muore africano di 29 anni

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Pare che non siano così immuni:

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l'association des étudiants camerounais de Pise a le regret d'annoncer le décès d'un de ses membres, le nomé TADJUIDJE…

Posted by Asc Pisa on Monday, March 23, 2020

Peccato, poteva tornare in Africa ed essere utile al suo Paese. L’ennesima dimostrazione che a casa propria si sta meglio.




10 pensieri su “Coronavirus, Pisa: muore africano di 29 anni”

  1. guaglio’…. i negri che fanno bene, fanno bene!, sto poveraccio studiava agraria, probabilmente sarebbe tornato in africa per essere utile li, non si faccia di tutt un erba un fascio, pace alla sua anima, poveretto

    1. Forse sarebbe ritornato in Africa, sicuramente era negro aveva 29 anni e stava ancora all’università. Di fancazzisti ne abbiamo già abbastanza dei nostri.

      1. Innanzitutto si dice “di colore”, non negro. Negro è un termine razzista e desueto. Mi spiace contraddirti, tu non hai fatto agraria e non immagini quanto sia complicato come corso di laurea. Inoltre devi tener presente che gli esami si devono sostenere in lingua italiana, motivo per cui la difficoltà per uno straniero è doppia.

    2. Il problema è che i negri cui avrebbe fatto sicuramente del bene avrebbero prodotto l’unica cosa che sanno produrre i negri: altri negri (da mandare in Europa). Non c’è una soluzione semplice al problema.

  2. Proprio oggi ho scritto una possibile soluzione al problema. Non sono ingenuo e so bene che scriverlo è un conto praticarlo ben altro. Ma ritengo che l’unico modo per arginare la demografia africana sia quella di lasciare l’africa al proprio destino. I popoli neri si fonderebbero nuovamente con la natura, senza crearle troppo danno. Ovviamente la mortalità sarebbe altissima senza aiuti occidentali e cinesi.
    L’africa dovrebbe assurgere ad una specie di riserva planetaria protetta dove anche parlare ad alta voce è proibito per citare Africa Addio. Gli africani senza aiuti occidentali e consentendo il rimpatrio dei bianchi rimasti in sudafrica a quei pochi della Rhodesia, tornerebbero in pochi decenni laddove li trovarono gli europei alla metà dell’ottocento, ossia fermi al paleolitico.

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