Coronavirus, arrivano 1.500 cinesi da zone infette: nessuna quarantena

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Prato, nella zona del Macrolotto vivono i 20mila cinesi di Prato.

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Da pochi giorni da Wuhan e Wenzhou, epicentro dell’epidemia di Coronavirus in Cina, e municipalità da cui proviene il 90 per cento dei cinesi residenti in Italia, sono rientrati 500 immigrati cinesi e ne sono attesi altri mille.

“Leggiamo sui giornali – spiega un residente -, ma nessuno ci dice niente. L’unica cosa che sappiamo è che ci sono state alcune riunioni con i dirigenti scolastici in via precauzionale. Abbiamo timore per i nostri figli”.

Mario, proprietario del ristorante pizzeria Fancy King di via Giuseppe Valentini racconta che tra i suoi clienti ci sono molti industriali. «Molti di loro – chiarisce – sono arrabbiati perché a causa del blocco l’import export è fermo e stanno perdendo il lavoro. Addirittura non arrivano e non partono neanche i container dalla Cina. La gente inizia ad aver paura perché non sa se ci stanno dicendo la verità. Ci sono poche informazioni. Io non ho paura, ma mia moglie che è insegnante in una scuola qualche timore ce l’ha, anche se continua ad andare al lavoro».

Wong, cinese e consigliere comunale del PD ricorda che alcuni cinesi «hanno avanzato l’ipotesi di mettersi in quarantena volontaria per evitare possibili contagi. Qualcuno è chiuso in casa, invece è tramontata la possibilità di trovare una struttura che potesse accoglierli collettivamente in via precauzionale. Consultata la Asl si è deciso che non fosse necessario. Preoccupazione c’è – prosegue – soprattutto perché le mascherine iniziano a diventare irreperibili nelle farmacie, anche perché si è deciso di inviarne migliaia in Cina».

Più volte la Lega aveva chiesto maggior impegno per Prato. Il consigliere regionale Jacopo Alberti aveva chiesto l’attuazione del Piano Bertolaso. «I pratesi ha specificato – hanno tutto il diritto di essere preoccupati e hanno soprattutto il diritto, a questo punto, di essere rassicurati e sentirsi protetti».

Anche i consiglieri comunali leghisti Eva Betti e Mirko Lafranceschina confermano la situazione. «Sicuramente, visto che a Prato la comunità cinese è la terza in Italia – spiega Betti – è chiaro che un po’ allarme c’è. Qui c’è anche una grossa presenza di clandestini. Il fatto è che le persone vogliono essere informate e sapere se ci sono i dovuti controlli». Poi chiarisce che grazie alle interrogazioni fatte nei giorni scorsi c’è stata una riunione della «commissione 5 in cui si è affrontato il tema, ma non è abbastanza. Le notizie sono poche e confuse».

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«I connazionali rientrati da Wuhan sono in quarantena alla Cecchignola. Qui ci sono 500 cinesi rientrati e altri mille in arrivo che girano liberamente senza controlli».

Il tutto, mentre è ormai evidente la sottostima del governo cinese della vera estensione dell’epidemia. Nelle ultime 24 ore si è registrato un forte e incremento del numero di persone morte e contagiate dal coronavirus.

Dopo che è emerso il “trucco” della Cina per abbassare il numero dei contagi (non venivano conteggiate le persone che non presentavano i sintomi), le autorità sanitarie della provincia di Hubei, epicentro dell’epidemia, hanno scelto di adottare un nuovo sistema di classificazione della diagnosi.

Di conseguenza è aumentato notevolmente il numero di contagiati e vittime.

I decessi, secondo il bilancio fornito dalle autorità cinesi, sono saliti a 1.350 mentre i soggetti colpiti da infezioni sono 60.330, circa 15mila in più rispetto all’ultimo bollettino. Si ipotizza che questo aumento sia dovuto ai nuovi parametri utilizzati per identificare i casi da Covid-19 (il nome ufficiale con cui è identificato il coronavirus,ndr) in quanto ora i conteggi includono anche i “clinicamente diagnosticati”.

Fino ad ora nascondevano la vera penetrazione del coronavirus. Tanto che Burioni ha detto: “Da questo momento non commento più i dati ufficiali cinesi. Prendano in giro il mondo ma non me. Non si può fare così. O erano numeri inaffidabili ieri o lo sono oggi o lo sono ieri e oggi”.